Azienda italiana tutta al femminile realizza la prima mascherina chirurgica lavabile certificata dall'Iss
Laura Pilotto, a capo dell'azienda veneta Ninfea srl, spiega come è riuscita ad ottenere la certificazione dell’Istituto Superiore di Sanità
In tempi di pandemia e di mascherine obbligatoria, la tutela della salute umana sta diventando una piaga per l’ambiente, complice il menefreghismo di intende l’usa e getta come “getta per terra”. Per questo è sempre un’ottima notizia quando qualcuno trova il modo di produrre in Italia mascherine chirurgiche lavabili certificate dall’Istituto Superiore di Sanità. Ci è riuscita la trevigiana Ninfea Srl e a rendere la notizia ancora più bella è il fatto che sia composta tutta da donne e mamme. Come ha spiegato all’HuffPost l’imprenditrice veneta Laura Pilotto, la sua azienda ha trovato la formula giusta per creare mascherine riutilizzabili, omologate come dispositivo medico. “Sono in tutto e per tutto equiparabili alle mascherine chirurgiche usa e getta, con la differenza che si possono lavare e rimettere”.
La certificazione
Queste mascherine riutilizzabili sono composte da 100% cotone certificato OEKO-TEX, adempiono ai parametri di traspirabilità, sono anallergiche e si mantengono idrorepellenti anche dopo numerosissimi lavaggi domestici a 60°. Omologate con Protocollo N.0017362 del 15.05.2020, sono disponibili in diverse misure, sia per adulti che per bambini. Sono a basso impatto ambientale, con altissimo coefficiente di filtrazione batterica (BFE ≥ 99%) e il prezzo si aggira intorno ai sei euro. In base agli studi fatti, le mascherine in cotone sono, tra l’altro, quelle meglio tollerate dalla pelle del viso e in grado di evitare fastidiose irritazioni.
Come si sterilizzano
“Sono certificate per più di venti lavaggi - aggiunge la Pilotto - fin tanto che il tessuto non si usura possono essere usate tranquillamente. Le forniamo con una scheda tecnica, anche se non hanno bisogno di una manutenzione particolare: basta lasciarle in ammollo venti - trenta minuti in Amuchina e poi metterle in lavatrice a 60°. Il tessuto è fatto per resistere”. Già, proprio il tessuto è il punto di forza: “Essendo traspirabili, con queste mascherine si riesce a respirare bene anche con il caldo, chi le ha provate ha dato un feedback di grande comfort”.
Le valutazioni dell’Iss
Fondamentale è però essere riuscite a sottoporre il prodotto alle valutazioni dell’Iss. Così spiega il processo la Pilotto ricostruisce così la vicenda: “Non pensavamo che un giorno ci saremmo messi a produrre mascherine. Lavoriamo nel campo dell’abbigliamento, con grandi brand del made in Italy, facciamo controlli qualità, togliamo i difetti ai capi che ci arrivano affinché possano essere messi sul mercato e facciamo il lavoro di stireria. Ad inizio pandemia una conoscente e consulente del lavoro che ha a che fare con case di riposo mi ha chiesto se potevamo confezionare qualche mascherina per loro con il tessuto che avevamo in eccesso. Ma subito ci siamo poste l’interrogativo: quale tessuto è il più adatto?”.
Dal progetto alla realizzazione
Da qui è iniziata l’analisi dei protocolli di sicurezza e la valutazione dei materiali: “Ci siamo messe alla ricerca di un tessuto performante che potesse rendere il prodotto competitivo”, precisa l’imprenditrice. Realizzati i prototipi, sono cominciati i test: il tessuto rispondeva bene, così si è avviata la produzione. Il team ha poi deciso di inviare tutta la documentazione all’Istituto Superiore di Sanità che ha omologato ufficialmente la prima chirurgica lavabile in Italia. Una svolta anche per l’ambiente: “Siamo orgogliose - ha concluso l’imprenditrice - riutilizzandole evitiamo di gettarle a terra”.