Il "Festival al contrario" dove comandano le donne tra la grotta dell'uomo di Neanderthal e l'ascolto dei boschi
Le due direttrici artistiche Manuela Litro e Vera Marenco che sono una sorta di Thelma e Louise dei festival, pronte a ribaltare ogni luogo comune. Tutto ciò che è giusto è racchiuso nel pensiero che c’è dietro questo festival
Fra tutti i festival che contrappuntano l’estate italiana ce n’è uno che ha un’altra storia, una storia al contrario verrebbe da dire. Detto, fatto, fin dal nome di battesimo stesso della manifestazione, che si chiama “Festival al Contrario” e dal 13 luglio al 20 agosto coinvolgerà una serie di borghi e piccoli Comuni della terra di mezzo fra la Liguria, provincia di Savona, e il Piemonte, provincia di Cuneo. Sotto, sulla costa, a pochi chilometri ci sono Albenga e il Muretto di Alassio, qui ci sono Castelvecchio di Rocca Barbena, un Comune di 127 abitanti iscritto di diritto nella lista dei borghi più belli d’Italia, che è una sorta di capitale del Festival, e poi Zuccarello, Erli e Garessio, con una propaggine nel regno dell’outdoor nelle alture di Finale Ligure, paradiso per gli appassionati che arrivano qui dall’Italia e da tutto il mondo. Insomma, il territorio è questo, la ragione sociale, quella di valorizzare questi luoghi dell’anima, partendo proprio dalle loro radici e tradizioni. Tutto ciò che è giusto, corretto, dritto è racchiuso nel pensiero, altissimo, che c’è dietro questo festival.
Qui comandano le donne
E allora perchè “al contrario”? Per mille motivi, a partire dal fatto che - a differenza di quello che accade generalmente in Italia - qui “al contrario” comandano le donne, con le due direttrici artistiche Manuela Litro e Vera Marenco che sono una sorta di Thelma e Louise dei festival, pronte a ribaltare ogni luogo comune, anche perché Castelvecchio e dintorni sono tutt’altro che luoghi comuni. E proprio tutto l’approccio al programma, al modo di valorizzare l’entroterra e soprattutto l’umanità con cui ci si rapporta col pubblico, che qui è assolutamente soggetto e non complemento oggetto delle serate, è qualcosa di contrario a tutto ciò che è massificato: ciascuno spettatore viene idealmente coccolato da Manuela e Vera.
La storia di Bastiano Contrari
Ma poi “al contrario” anche perchè da Castelvecchio la leggenda e la storia raccontano che venga il personaggio storico di un certo Bastiano Contrari "malfattore e morto impiccato" e proprio a Castelvecchio si ricorda un mercenario chiamato Bastian Contrario, che è morto in battaglia proprio in questo territorio del savonese. Sebastiano era un militare, poi disertore e brigante e comunque insofferente all’ordine costituito.
Del resto, a Castelvecchio, Zuccarello, Erli e dintorni, in questa alta Val Neva, ci si ritrova davvero in mezzo a persone che hanno questo carattere, forte, deciso, non remissivo. E Manuela e Vera ne sono la perfetta trasposizione, trascinanti e capaci di svariare nei programmi da Neri Marcorè a Paolo Fresu, dai filosofi alla ricerca delle proprie radici. E così operine per i bambini e passeggiate in mezzo ai boschi diventano decisive ed importanti nel programma come i grandi nomi, ribaltando – un’altra volta, l’ennesima – la liturgia dei festival. Partendo da piazza Cavour di Castelvecchio, luogo dell’anima, di Vera e Manuela, che raccontano: “Lo spirito del luogo ispira la creatività, invita alla riflessione, facilita le relazioni umane”.
Preservare il passato, ripensare il presente
E così la lista delle parole d’ordine è quasi un bagno nel fiume della positività, catartico come lo è guardare negli occhi chi ha pensato tutto questo e ritrovarcisi: “Preservare il passato, ripensare il presente, costruire il futuro ritrovando nei ritmi lenti dell’arte e della natura un nuovo rapporto con se stessi e con il territorio”. Un programma che poi si declina in performance, dibattiti, attività nella natura, residenze artistiche e laboratori che vedono protagonisti gli abitanti del luogo e il pubblico, insieme ad artisti e ospiti.
Nella grotta abitata dall’uomo di Neanderthal
I programmi, anno dopo anno, raccontano qualcosa di assolutamente inedito nel panorama dei festival: dai laboratori per bambini ai dj set in mountain bike con il pranzo al sacco e il pic nic sull’erba, performance poetiche per le vie del paese, camminate al buio, musiche popolari e riscoperta dei ritmi lenti, anche nel modo di camminare, “ascolti” dei rumori del bosco, cooking show in mezzo al verde e trekking archeologici, biciclettate e big della televisione. E così quest’anno si arriverà in una grotta abitata dall’uomo di Neanderthal che ospita la sepoltura di una neonata del Mesolitico antico, deposta in una piccola fossa insieme a un ricco corredo e dagli scopritori battezzata “Neve”, in onore alla valle in cui si apre la cavità, per l’appunto la Val Neva.
Oppure l’arrivo in questo scenario naturale del tour di Peppe Voltarelli e dell’orchestra sinfonica di Sanremo con le canzoni di Domenico Modugno, in una sorta di nervending tour iniziato proprio a Polignano a Mare, paese natale di Mimmo. Insomma, c’è dentro tutta la sensibilità femminile possibile in questo festival, qualcosa che non potrebbe esistere senza Manuela e Vera, che poi sono anche cantanti liriche in un quartetto insieme a due uomini (sì, ogni tanto ci sono anche loro), il Ring Around Quartet, che va alla ricerca delle radici della musica, come un grado zero in cui le canzoni “de toile”, le tele con cui le donne aspettavano i mariti, come Penelopi in eterna attesa, si mischiano a “Fila la lana” di Fabrizio De Andrè.
La musica come riscatto
E il loro repertorio di Faber, da “Geordie” a “Volta la carta” regala emozioni uniche, con voci che entrano dentro l’anima e non ne escono più. E anche il tandem di ideatrici direttrici artistiche può funzionare solo con due donne alla guida. Che sono amiche prima che guida del Festival. Così Vera Marenco, appassionata di filosofia e di neuroscienze è l’altra metà delle passioni di Manuela Litro, che è una delle autorità italiane nella gestione di management degli eventi culturali, ma soprattutto ha sempre creduto nella musica come riscatto dei bimbi e dei ragazzi meno fortunati che hanno trovato nel suo lavoro cuore e anima per cambiare il corso delle cose. E così sono nati il coro multientico Manin che ha coinvolto bimbi di 72 etnie diverse e delle periferie più estreme di Roma, che i presidenti della Repubblica hanno voluto al Quirinale. E ancora il progetto voluto da Claudio Abbado e mutuato dal Venezuela sull’importanza di cori ed orchestre giovanili ed infantili e ancora progetti sull’apprendimento della musica a scuola che hanno avuto l’imprimatur del ministero ed entusiasmato migliaia di ragazzi. La guardi negli occhi e vedi la passione e l’emozione per tutto questo, contagioso. E nel festival si respira. Sono donne.