Sanremo e polemiche? Willie Peyote: "Nel 2021 ci sono cascato anch'io, ecco cosa avevo fatto"

La sua "Grazie ma no grazie" è l'unica canzone del Festival condita di ironia: "La butto sul ridere, ma un paese dove non si può manifestare il dissenso mi preoccupa. Polemiche sanremesi? Ci sono cascato ma ora ne sto alla larga"

di Cinzia Marongiu

Con lui i luoghi comuni non esistono. E così quando ha saputo da Carlo Conti che sarebbe andato a Sanremo ha subito annunciato. “Mi metto a dieta”, in barba a chi pensa che la preoccupazione per la forma fisica sia sempre da declinare al femminile. D’altra parte Willie Peyote, anche con il suo brano “Grazie ma no grazie” si distingue da tutti gli altri: in mezzo a tante canzoni d’amore e di struggimenti vari, il suo brano è ironico e irriverente e fotografa l’Italia attuale e gli italiani, un po’ come anni fa fecero Elio e le Storie Tese con "La Terra dei Cachi". Di certo funzionerà.

Come mai hai deciso di metterti a dieta? Normalmente sono le donne ad aver l'incubo di dover arrivare all’Ariston con vestiti meravigliosi e in piena forma.  Tu che dell’anticonformismo hai fatto quasi una bandiera mi davi l'idea di fregartene di queste cose. 

“Mi faceva un po' ridere perché è una presa in giro. C'è l'evento di gala e quindi bisogna essere perfetti e presentabili. Poi però mi sono anche un po' messo a dieta, ho migliorato la mia qualità di vita perché poi non sono uno che fa tanta attenzione a cosa mangia, a cosa beve, quanto mangia e quanto beve. Però volevo arrivare anche fisicamente carico perché è una settimana piena in cui bisogna essere bravi su palco e performanti anche nelle varie interviste. Quindi un minimo mi sono preparato anche fisicamente perché in fondo comincio ad avere una certa età e non posso prendere tutto con troppa leggerezza. A 40 anni bisogna allenarsi per i grandi eventi”.

Veniamo a “Grazie ma no grazie”. Questo diniego gentile, ma neanche troppo, che noi tutti facciamo rispetto a tante cose che non ci piacciono, da cosa ti è scaturito? Ci sono effettivamente in Italia tante cose a cui sarebbe meglio dire “grazie, no”?

“Viviamo in un periodo nel quale, nonostante esprimiamo costantemente le nostre opinioni, troviamo difficoltà a prendere posizione. E quindi mi sembrava il momento giusto per presentarsi in un posto come Sanremo con un brano che dice cose anche scomode ma con grande ironia e con un sottofondo musicale allegro, perché appunto già è tutto così polarizzato e tra opinioni diverse ci si confronta poco e quindi ho pensato che potesse essere un buon metodo quello di alleggerire il tutto attraverso ironia e leggerezza”.

Nella tua canzone scrivi: “C'è chi dice che non si può più dire niente, poi invece parla sempre, almeno sii coerente”. Che poi è in linea con ciò che dicevi poco fa.

“C'è questo tema del non si può più dire niente, del fatto che la lingua si stia perdendo perché mettiamo gli asterischi. Ecco secondo me nel 2025 questo discorso ha rotto completamente le scatole, non ha proprio più senso, perché poi la verità è che continuiamo tutti a dire tutto, non è vero che non si può più dire niente, è palese che non sia così. E poi ci sono le persone che difendono la lingua dicendo che non può perdersi negli asterischi ma sono quelle che poi non usano i congiuntivi. Insomma mi piaceva un po’ prenderle in giro. Di base credo che sia opportuno rendersi conto che viviamo in un periodo in cui c'è una rivoluzione culturale in atto, una modifica del linguaggio per renderlo più inclusivo e non può che essere una buona idea: fare le barricate sul fatto che la comunicazione cambi e che cambia un po' la nostra cultura generale è veramente. Le nostre libertà non passano attraverso le parole che usiamo ma attraverso i contenuti".

A proposito di contenuti, nel brano parli anche dei ragazzi ai quali si rimprovera “dovresti andare a lavorare e non farti manganellare nelle piazze”. In effetti le giovani generazioni vengono spesso accusate di essere apatiche, indifferenti, salvo poi quando decidono di prendere posizione e di mobilitarsi vengono criticati o peggio.

“Il fatto è che ci lamentiamo che i ragazzi non prendano posizione, non scendano in piazza, non si lamentino, siano passivi. E poi la volta che lo fanno siamo i primi a dire “ah no però dovresti andare a scuola o lo fai perché non vuoi studiare?”. Un atteggiamento per cui guardiamo alla Francia quando fanno scioperi e mobilitazioni e diciamo “ah come sarebbe bello essere come i francesi”, ma poi appena c'è una qualsiasi manifestazione siamo i primi a dire: “eh però… “. In generale un popolo che perda di vista l'importanza di manifestare il proprio dissenso è un popolo che si sta abituando a stare in silenzio. Io sono cresciuto in un momento storico in cui era più naturale protestare, come studente ero spesso in piazza e rivendico questa cosa. Trovo che oggi ci sia in generale una cultura dominante per la quale manifestare è sbagliato, un po' anche a livello legislativo si sta andando in quella direzione e a me un paese in cui non si può più manifestare il proprio dissenso spaventa”.

E cosa mi dici delle cene di classe? Il tuo “no grazie” arriva anche davanti alla classica rimpatriata tra vecchi compagni di scuola. È capitato anche a te?

“Eh sì, credo sia capitato a tutti. C'è un bellissimo film,” Compagni di scuola”, che racconta proprio questo e che dimostra che le rimpatriate dopo tanti anni non vanno mai come uno se le aspetta e succede sempre casino. Comunque io alla rimpatriata non sono potuto andare, avevo un “alibi”.

Nel tuo nuovo disco che uscirà il 14 febbraio c’è una canzone intitolata “Narciso”. Me ne vuoi parlare?

“Siamo tutti un po' Narciso, quello che non può evitare di specchiarsi, ma che in fondo non si piace mai, a differenza del vero Narciso. dovremmo riflettere sul nostro metterci continuamente in mostra, sulla ricerca della perfezione a tutti i costi che poi non troviamo mai. Secondo me non ci fa bene”. 

Parli anche della famosa Legge di Murphy. Ti ci ritrovi? 

“Butto sul ridere la sensazione che ogni giorno che passa sia un po' peggio, tra disguidi climatici, stipendi che non si alzano, virate politiche di tutti i paesi europei verso una certa parte. Insomma, vista la situazione si ha la sensazione che non possa che andare peggio. E la legge di Murphy sostiene che se una cosa può andare peggio lo farà. E io mi attrezzo con l’ironia”.

Il nichilismo delle origini non è cambiato?

“No, è sempre quello. Da adulto ho cercato di trovare più sfumature e ho cercato di vivere con più leggerezza, però di base la mia natura resta pessimista. Però mi piace molto ridere delle cose, mi piace prendere in giro me stesso e prendere in giro le certezze, perché le certezze mi spaventano, tolgono spazio al pensiero. Così preferisco i dubbi”. 

Questo Sanremo è per te una sorta di debutto visto che l’unica volta in cui sei andato eravamo in piena pandemia e non c’era pubblico. Sei pronto alla frenesia e alle mille inevitabili polemiche? Cerchi di starne alla larga?

“Durante la mia esperienza precedente, per quanto chiuso in hotel, un minimo di polemiche le ho incontrate sulla mia strada e in qualche modo le ho anche generate io per primo, commentando su Twitch le puntate di Sanremo. Perciò sinceramente preferirei rimanerne fuori. Vedo che ci sono alcuni miei colleghi molto più agguerriti su polemiche e gossip e di conseguenza lascio loro volentieri quel ruolo”.

Per la serata delle cover hai scelto “Un tempo piccolo” di Franco Califano. Perchè?

“Sono innamorato di quella canzone. Sento che mi rappresenta perfettamente. Mi piace la forma con cui è scritta, la capacità di essere poetici nel raccontare la decadenza. Una vita difficile, magari a tratti dissoluta, ma raccontata con una poesia e una profondità mai banale. È una delle migliori canzoni scritte nella storia della musica italiana”.