Tullio Solenghi si schiera con Fabio Fazio: “Ecco perché la Rai è vittima di tafazzismo"
L'attore, ritornato in prima serata proprio grazie al conduttore di "Che tempo che fa", dice la sua sui recenti abbandoni di "mamma Rai"
Ciò che pensa di questa storia, Tullio Solenghi l'ha raccontato a modo suo nell'ultima puntata di “Che tempo che fa” in versione Rai in cui si è schierato apertamente con Fabio Fazio. Con tanto di poesia: “Mentre il pubblico servizio/ non trovando sostituito/ crollerà nel precipizio/massacrandosi con strazio/proprio lì sotto il prepuzio/come un misero tafazio”.
E poi, se fossero rimasti dubbi, Solenghi ci ha fatto anche un Tweet in cui dice la sua, postando la sua foto in compagnia di Fabio Fazio: “All'uomo di televisione esprimo la mia solidarietà, la Rai che fa a meno di uno dei suoi cavalli di razza dimostra di essere in pieno tafazzismo , a prescindere da qualsiasi valutazione politica. All'amico voglio dire che nulla cambia, verrò a trovarti ovunque tu vada”.
Del resto, a riportare Tullio anche in prima serata - perché, comunque, non se ne è mai andato, con la sua umiltà, con la sua straordinaria capacità di attore e con la splendida caratteristica di recitare ovunque, dagli scogli sul mare ai siti archeologici ai teatrini di provincia alle serre del basilico, tutti luoghi che ha frequentato con Sergio Maifredi e Teatro Pubblico ligure - è stato proprio Fabio Fazio .
Con il suo tocco leggero e delicato, Fazio, savonese nato sotto la Torretta e originario di Varazze, ha riportato le grandi prime serate di Solenghi, genovese di Sant'Ilario, con Massimo Lopez (Anna Marchesini purtroppo non c'è più, ma sempre nel cuore) in prima serata al Tavolo di “Che tempo che fa” ed è talmente chiaro il feeling fra i due che c'è da scommettere che Tullio sarà anche nella nuova squadra di Discovery , insieme a Luciana Littizzetto, a Filippa Lagerback e ad alcuni ospiti fissi di “Che tempo che fa”.
A nostra domanda specifica sul tema, Solenghi ride: “Eh, è presto, appena abbiamo finito domenica scorsa”, ma il sorriso sornione non esclude affatto che la circostanza gli dispiacerebbe. Anzi, proprio il feeling umano e artistico fra i due rende molto probabile l'evento, in quella che sta diventando un'enclave ligure, visto che il primo ad approvare a NOVE è stato Maurizio Crozza, per la cronaca sampdorianissimo come Fabio Fazio, mentre Solenghi è genoano doc.
E, sempre rimanendo in tema di Liguria, Solenghi è stato premiato il giorno della Festa della Repubblica, il 2 giugno, da Giovanni Toti e Regione Liguria con la Croce di San Giorgio, il massimo riconoscimento regionale, che prima di lui aveva visto insignito Gino Paoli.
Quando il presidente della Regione gli ha dato il premio – di fronte a un Carlo Felice strapieno di 2200 spettatori – Solenghi ha scherzato: “Non ci sono abituato, di solito sono io che premio. Ho condotto sei volte i David di Donatello, in decine di occasioni i premi del teatro, ma in genere io li ho sempre dati, mai presi. Tecnicamente sono un pensionato…”.
Ma è stata molto più di una premiazione. Perché, dopo il trionfo a colpi di sold out con “I maneggi per maritare una figlia”, classicissimo di Gilberto Govi in cui Solenghi è diventato la maschera del grande comico con decine di migliaia di spettatori a Genova, Camogli, ai Parchi di Nervi, a Sarzana e ovunque sua andata, Tullio è tornato a Govi stavolta in compagnia di Neri Marcorè per raccontare il risorgimento italiano.
“In verità – racconta – sono emigrato a Roma, perché la televisione si faceva solo a Roma, ma il mio ultimo desiderio, esaudito, è stato quello di indossare la maschera di Govi, con un rito collettivo in scena ogni sera, con la gente che sa a memoria le battute e mi riporta a quando io, nel mio paesino di Sant’Ilario, corsi in piazza appena seppi che c’era Govi in trattoria”.
E qui Solenghi fa un nuovo spettacolo: “Quando ho detto che avevamo fatto il sold out per la mia premiazione e il Risorgimento, un mio amico romano, cinico e disincantato, mi ha risposto: “Evidentemente perché è gratis”. Il che è vero, ma c’è anche la bellezza di vedere tutta questa gente qui per parlare di storia d’Italia”.
Lo spettacolo si intitola “Bianco Rosso Verde - Variazioni sul Risorgimento ligure” e - ha raccontato il tantissimo di genovese che c’è in questa storia: dalla partenza dei Mille dallo scoglio di Quarto a Nino Bixio e la sua cena prima di partire alla trattoria del Bai, dallo stesso Garibaldi a Giuseppe Mazzini, fino a Michele Novaro e Goffredo Mameli, due giovani ragazzi che sono stati raccontati splendidamente da Roberto Benigni sul palco di Sanremo e la cui storia ha portato Genova ad essere “città dell’inno”.
C’è dentro di tutto, da Garibaldi “primo influencer della storia”, amatissimo dalle donne, a Paolo Villaggio che rese fantozziano anche il Risorgimento e che, ricorda Tullio, “un giorno venne per la festa dei cent’anni del Lido, storico stabilimento balneare di Genova, e annunciammo che c’erano Betty Curtis, Tony Renis, Al Bano, i Vianella e lui, serissimo: “Ma sono ancora vivi?”. E proprio al Lido, da ragazzo, Solenghi provava a entrare gratuitamente arrivando a nuoto da Boccadasse, che sta immediatamente a levante della spiaggia, ma la corrente lo riportava sempre a Vernazzola e a Sturla, che sono ancor più a levante.
Insomma, sul palco del Carlo Felice oltre a Solenghi e a Marcorè c’erano Elisabetta Pozzi, in splendida forma, Giua che è la donna più bella del mondo e canta “Garibaldi fu ferito” nella versione blues di Bruno Lauzi, “La Bella Gigogin” e “Fratelli d’Italia”, vestita della sua splendida voce, sensualità allo stato puro, Roberto Alinghieri che è un po’ il maestro e sparring partner di Solenghi in queste avventure, Federico Pasquali e Stefano Moretti.
E Solenghi torna a fare Govi con la riscoperta di un testo di Luigi Orengo ritrovato dal Museo Biblioteca dell’Attore di Genova, riscritto e inscenato dal grande Gilberto, intitolato “O Quarantotto!”, un atto unico a sfondo risorgimentale, ma in chiave comica, che racconta la nascita dell’inno di Novaro e Mameli.
“Per me è una serata speciale perché è il massimo ricevere un premio nella mia città – racconta Tullio -. Una serata dedicata al Risorgimento che ha riportato Govi in scena in una città a cui sono sempre rimasto molto legato. Regione Liguria sta facendo passi in avanti importanti per valorizzare ancora di più la cultura nel nostro Paese. È con grande orgoglio che ricevo questo prestigioso riconoscimento, la Croce di San Giorgio. Da genovese spero di meritarmela: il mio mestiere di attore spesso mi ha portato a seguire tante strade lontane da Genova, ma mancando dalla mia città si è rafforzato il legame con lei, e tutto quello che ho fatto è stato fatto tenendo conto del mio DNA genovese. Genova è sempre stata presente nel mio cuore, e avevo il desiderio di riportare in scena Gilberto Govi con l’idea di restituire alle nuove generazioni, che non hanno potuto vederlo in teatro, i tratti essenziali di quello che è stato il caposcuola della nostra tradizione di comici e attori genovesi”.
Ed è anche l’occasione di raccontare il rapporto con i salotti: “Nell’Ottocento in Liguria il salotto non è quello che si intende oggi, un incrocio di conoscenze, gossip con qualche risata, ma era soprattutto il luogo in cui ci riuniva per conoscere e per valutare e ideare interventi, segreti, come i salotti attivi durante il fenomeno della Carboneria. Proprio dai salotti genovesi passava quindi il Risorgimento ligure e i suoi protagonisti”.
E a chiudere il cerchio arrivano, a pochi metri di distanza dallo spettacolo le prime riprese di una fiction Rai proprio dedicata a Mameli che racconta di due anni di guerra, di politica, di poesia, di sotterfugi, di tradimenti e di amore, nell'ardore della Prima Guerra di Indipendenza e della difesa della Repubblica Romana, “ma è soprattutto la storia di un ragazzo con il cuore antico e lo sguardo rivolto al futuro”.
E Neri Marcorè mostra con orgoglio i suoi baffi risorgimentali di scena.