Sanremo militante: quando Drusilla Foer sconvolse tutti con la sua “unicità” castigando invece la “diversità”
Drusilla Foer: "Diversità non mi piace perché ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince".
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Siamo nel 2022. La co-conduttrice della terza serata del Festival di Sanremo è Drusilla Foer, alter ego dell'attore fiorentino Gianluca Gori. L'attore interpreta il ruolo della ricca e elegante Drusilla, una signora molto acuta, colta che si distingue per il buon gusto e l'intelligenza. Protagonista di spettacoli teatrali come Eleganzissima, ma presente anche nel film di Ferzan Ozpetek Magnifica presenza e in tv come giudice di StraFactor, su Sky ormai da anni si muove in tv e nei teatri come se il personaggio esistesse oltre l'attore che lo interpreta. Sanremo non è solo una gara canora. Questo è sotto gli occhi di tutti. E' un intero Paese che si ferma per cinque giorni e in quei cinque giorni- da quando esistono i social ancora di più- si parla solo di quello che accade in quel palco o intorno alla kermesse. Perché quel palco è più potente di un comizio al Circo Massimo, è un gigante megafono che soprattutto le donne, hanno e stanno usando per denunciare comportamenti e combattere battaglie di civiltà, immaginare un progresso e ottenere maggiori diritti. Parlare al Festival di Sanremo permette di arrivare al pubblico più variegato. Per età, classe sociale, da nord a sud, tutti, perché anche quelli che dicono di non guardare Sanremo invece lo guardano. Drusilla nel suo monologo parla dell'inclusività, smantellando la convinzione che sia la parola diversità a dare la giusta dignità alle persone. Per lei la parola giusta è unicità.
Il monologo
Non voglio ammorbarvi a quest’ora con parole sulla fluidità, sull'integrazione, sulla diversità. Diversità non mi piace perché ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince. Quando la verbalizzo sento sempre di tradire qualcosa che penso o sento. Le parole sono come le amanti quando non si amano più vanno cambiate subito.
Un termine in sostituzione potrebbe essere unicità, perché tutti noi siamo capaci di coglierla nell’altro e pensiamo di esserlo. Per niente, perché per comprendere la propria unicità è necessario capire di cosa è composta, di cosa siamo fatti. Di cose belle: le ambizioni, i valori, le convinzioni, i talenti. Ma talenti e convinzioni devono essere curati. Non è facile entrare in contatto con la propria unicità ma un modo lo avrei: si prendono per mano tutte le cose che ci abitano e si portano in alto, si sollevano insieme a noi, nella purezza dell’aria, in un grande abbraccio innamorato e gridiamo: “che bellezza tutte queste cose sono io”.
Sarà una ficata pazzesca e sarà bellissimo abbracciare la nostra unicità e a quel punto io credo che sarà più probabile aprirsi e uscire da questo stato di conflitto che ci allontana. Sono una persona molto fortunata a essere qui ma vi chiederei un altro regalo: date un senso alla mia presenza su questo palco e tentiamo il vero atto rivoluzionario, che è l’ascolto, di se stessi e degli altri.