La confessione di Sabrina Impacciatore: "Avrei voluti dieci figli, ecco perché alla fine ho fatto un'altra scelta"
L'attrice: "Si può lasciare traccia di sé senza dover per forza mettere al mondo dei bambini, si può essere creatrici in altro modo"
Con l’acclamatissima serie The White Lotus, Sabrina Impacciatore si è trasformata nell’attrice italiana più richiesta negli Usa. Già amatissima in Italia, Hollywood la scopre di recente e ora vanta una nomination agli Emmy, gli Oscar della tv (che potremo seguire il 15 gennaio).
"La candidatura è stata sconvolgente e inattesa! Il mio ruolo in White Lotus era piccolo e HBO (la casa di produzione, ndr) non ha organizzato la classica campagna pre-nomination", racconta Sabrina Impacciatore su Vanity.
Le nuove sfide
"Le riprese sono finite da poco, ho amato ogni minuto". Ora invece in cantiere c’è un film di Julian Schnabel, In The Hand of Dante. In questa occasione Sabrina ha condiviso il set con Al Pacino, Oscar Isaac, John Malkovich, Jason Momoa e Gal Gadot. C’è un altro film, ancora top secret, per il quale è in partenza per il Sudafrica.
Ma, "Passo le Feste affettivamente sola. È il prezzo da pagare".
Una famiglia alla fine "non l’ho costruita perché, per natura e spirito di dedizione, non avrei fatto altro. Mi sarei dedicata interamente ai figli e siccome sogno in grande ne avrei voluti dieci. Però è ora di smettere di considerare una donna completa solo se diventa madre. Si può lasciare traccia di sé senza dover per forza mettere al mondo dei bambini, si può essere creatrici in altro modo e agire il proprio senso materno in una forma imprevista. Questo è davvero il tempo decisivo per una rivoluzione culturale".
Il suo impegno
"Mi metto a disposizione per andare nelle scuole e nelle università a incontrare i ragazzi e le ragazze, per dire loro tante cose. Per esempio che le parole sono importanti: sento ancora donne che parlano delle altre in maniera disdicevole. Dobbiamo sviluppare consapevolezza. Ho rifiutato alcuni film perché mi sono accorta che tra le righe veicolavano un messaggio maschilista. E quando ho provato a condividere il mio punto di vista con delle colleghe, alcune mi hanno preso per pazza, altre mi hanno ignorata. Io continuo a restare vigile: non voglio essere strumento di messaggi sbagliati. Sento una responsabilità enorme. Non recito per la fama, recito per mettermi al servizio di qualcosa di più grande. Quando Mike White mi ha affidato il ruolo di Valentina, figura queer, da copione era più fredda: l’ho proposta vulnerabile, innamorata, per poter ribadire attraverso di lei che l’amore è uguale per tutti".
E la sua di famiglia?
"Non mi hanno mai chiesto di sposarmi o di fare figli… insomma, le classiche pressioni della loro generazione. Ma desideravano per me un lavoro solido. Ringrazio i miei per avermi concesso la libertà con il contagocce, insegnato il rispetto per me stessa e per gli altri. Mamma era impiegata al ministero delle Finanze, papà era un dirigente e azionista della Bosch, responsabile della filiale di elettrodomestici in Sardegna: tornava con le valigie piene di regali, organizzava cacce al tesoro per mia madre, allestiva discoteche in casa per me".
Aneddoti dal set
Primo giorno di set in Sudafrica, in una sorta di Cinecittà a Città del Capo. A fine riprese mi si avvicina il produttore per ringraziarmi di essere lì, sono orgogliosi di avermi a bordo. Che carino!, penso io, e aggiunge: “Il mio assistente ti deve dire una cosa”. Davanti a cento persone, un ragazzo si mette sull’attenti e con solennità annuncia: “Sabrina Impacciatore – anzi, Sæbrina Impæciatore – you have been Emmy nominee”. Siccome poche ore prima mi era stata comunicata la candidatura a un altro premio, immagino si riferisca a quella. Ringrazio e replico “But it’s not an Emmy”. E lui, come un soldato, ripete: “Sæbrina Impæciatore, you have been Emmy nominee”. Oddio mio, forse non è un errore, non è uno scherzo! Mi esplode il cuore nel petto. Scoppio a piangere. Tutta la troupe applaude. In quel momento si illumina il mio cellulare: è il regista della serie, Mike White, che urla di gioia in videochiamata. Con tacco 17 scappo fuori dall’hangar, affondo nel fango e mi ritrovo davanti un sole gigante arancione, che mi illumina come un occhio di bue mentre grido in italiano: “Mike, tu sei l’uomo della mia vita, io ti amo!”. Piango e rido. Ma non è una gioia dell’ego, è una gioia mistica. La manifestazione di ciò in cui ho sempre creduto, la conferma che i più grandi sogni si realizzano e che la mia strada non era sbagliata
Cosa è il coordinatore di intimità?
Impacciatore racconta: "Negli Usa sui set c’è un coordinatore di intimità, bisogna seguire un training a tema molestie e abusi, firmare un codice di condotta. In The White Lotus avevo una scena intima: in un primo incontro mi hanno chiesto dove volevo essere toccata e inquadrata e dove no, ed è stato inserito nel contratto; nel secondo mi hanno descritto minuziosamente ogni singola ripresa. E quando abbiamo girato erano presenti solo i tecnici necessari. Mi sono sentita al sicuro, protetta".
In Italia tutto diverso
Mentre da noi: "Il Me Too è stato insabbiato all’istante, le denunce messe a tacere subito e le prassi ora seguite in America qui non attecchiscono. Colpa di una cultura endemicamente maschilista. Un’amica mi ha riferito che sua nipote è stata convocata per un provino lo scorso agosto a casa di un regista mai sentito. Era una molestia sicura! Di norma i casting non si organizzano con una sola persona e per di più sconosciuta nelle stanze d’albergo o nelle abitazioni private. Noi donne siamo creature fisicamente fragili, dobbiamo sviluppare capacità alternative alla forza, affinare una sorta di sesto senso".