Scamarcio: “Johnny Depp mi ha portato a un passo dal baratro e mi ha fatto sentire amato. Il provino con lui? In autogrill”
Travolgente e fuori dagli schemi, il Modigliani dipinto da Johnny Depp è un personaggio preda di allucinazioni, caos mentale ma è oltremodo grottesco. "La scena con Al Pacino? Per scaramanzia, dicevo, non può essere, faccio un film da protagonista e il comprimario è Pacino".
Tutti aspettano Johnny Depp, il suo volo è in ritardo, la conferenza stampa del film da lui diretto, Modì - Tre Giorni sulle Ali della Follia (dovrebbe uscire in sala il 21 novembre, distribuita da Be Water, ndr) inizia senza la star. È una mancanza temporanea, arriverà poi in giornata e farà impazzire la folla come da copione, anche per ricevere il Premio alla Carriera dato dalla Festa del Cinema di Roma, il secondo dopo quello consegnato nei primi giorni della manifestazione a Viggo Mortensen.
Per Johnny Depp parla Riccardo Scamarcio, protagonista assoluto, nei panni del pittore Amedeo Modigliani, che all’inizio scherza dando risposte sue e del Johnny non presente, o quanto meno come le avrebbe espresse lui, ma poi spiega ogni cosa. “Il nostro incontro”, racconta Scamarcio, “è avvenuto in un autogrill, lui era nel suo ufficio a Londra, tutto tramite una Zoom call, è durata 1 ora e 15 minuti. Avevo la tata e mia figlia in macchina, erano le 22 di sera, anche lì l’aereo era in ritardo. Johnny aveva visto una mia foto durante un casting, ma io non ci credevo neanche quando mi sono messo sul volo per andare sul set a Budapest, dicevo, tanto non succederà. Ed invece mi ha scelto”.
Un Modigliani alter ego di Depp, rock e ribelle
Travolgente e fuori dagli schemi. Il Modigliani dipinto da Johnny Depp è un personaggio preda di allucinazioni, caos mentale (ed esistenziale), ma è oltremodo grottesco, piratesco in certi momenti, come se avesse tanti strati da nascondere. Ne seguiamo le vicende durante settantadue ore della sua vita, a Parigi, nel 1916: una città deturpata dalla prima guerra mondiale, dall’influenza spagnola, e dalle incertezze di un uomo, desideroso di fuggire e mettere fine alla propria carriera. A “salvarlo”, forse, dai dubbi, ci sono i colleghi, i pittori Maurice Utrillo e Chaim Soutine, la sua musa, Beatrice Hastings (una delle cose migliori della pellicola è l’interpretazione di Antonia Desplat), il suo amico e mercante d'arte Leopold Zborowski, e l’incontro con Maurice Gangnat (Al Pacino). Un film ambizioso, anche un po’onirico, dedicato a Jeff Beck, cantante (anche dei The Yardbirds), tra le più grandi chitarristi del rock, amico storico di Depp, che porta in sé una musicalità tutta sua, citando il cinema del muto, passaggi di Dante, Baudelaire. Scamarcio, dopo Caravaggio, si ritrova così immerso ancora nell’arte, nell’esperienza d’attore più incredibile che gli sia capitata.
“Portandomi verso il baratro, mi ha fatto sentire amato”
“Il primo giorno di riprese”, dice l’attore, “l’assistente alla regia, venne scusandosi perché la scena era stata tutta riscritta. Questo è il paradiso, non avevo imparato neanche la precedente. E così siamo andati avanti di base, in uno scambio continuo, e sempre pronti accogliere incidenti, stravolgimenti. Per me è stata una esperienza incredibile, parlare di cinema con lui, mi ha raccontato gli incontri con Marlon Brando, la loro amicizia, delle avventure vissute, i suoi personaggi. Ascoltandolo, tutta una serie di pensieri veri che io, segretamente, ho coltivato in questo mestiere, incontrando Johnny, mi hanno confermato quello in cui ho sempre creduto, che fosse la strada giusta come attitudine, Arrivare a un passo dal baratro, in senso metaforico, è lì che si trova quel filo, un un humus creativo interessante, se no uno si protegge e fa il compitino. Avevo un regista che si fidava di me, mi ha fatto sentire amato”.
La scena con Al Pacino
“Alla prima lettura del film, a Budapest”, continua Scamarcio,” non avevo capito chi avrebbe interpretato Al Pacino. Per scaramanzia, dicevo, non può essere, faccio un film da protagonista, e il comprimario è Pacino. Nelle più rosee aspettative, non può succedere, anche se il contratto era già stata formato. Abbiamo girato la scena a Los Angeles, ci siamo parlati prima, è di una gentilezza estrema, abbiamo passato una giornata insieme, voleva che ci conoscessimo. Io e una leggenda del cinema mondiale, che fatto film per cui tutti siamo impazziti. Avevo 15 pagine, sono diventate 27, dovevo imparare in un'ora, Johnny le aveva riscritte ancora. Ancora una volta mi ha messo nella condizione peggiore, e migliore per fare quella scena, maneggiare questo copione, mettermi a un passo dal baratro. Se pensa che ce la posso fare, allora io ce la dovevo fare. L’arte è un oggetto che alla fine risuona con un soggetto”.