Philippe Leroy, Silvia Tortora e il loro grande amore, quando lui diceva: “È deliziosa ma pensa che sono rinco…”
A 94 anni è morto l’attore Philippe Leroy, insolita e indimenticabile la sua storia d’amore con la giornalista Silvia Tortora, figlia del conduttore Enzo
Quando Philippe Leroy e Silvia Tortora si sposarono, nel 1990, la loro differenza d’età, ben 32 anni, fece molto scalpore e nessuno avrebbe immaginato che la prima ad andarsene sarebbe stata lei a soli 59 anni. Invece la figlia di Enzo Tortora è morta nel 2022 e sabato sera il marito l’ha raggiunta. È stata proprio la sorella, la giornalista Gaia Tortora, a fare sapere che il funerale di Philippe Leroy sarà mercoledì 5 giugno alle 10.30 nella Chiesa degli artisti di Piazza del Popolo a Roma.
Una grande storia d’amore
Quella fra Silvia Tortora e Philippe Leroy è stata una grande storia d’amore coronata dall’arrivo di due figli Michelle e Filippo. Silvia Tortora era una giornalista seria e di talento con un grande pudore riguardo alla dimensione privata. La vita sentimentale della giornalista è sempre stata un “mistero” e lei non ha mai parlato pubblicamente dell’amore che la legava a Philippe, preferendo concentrarsi solo ed esclusivamente sul suo lavoro. Era tuttavia evidente l’amore che legava i due.
Il rapporto tra Philippe e Silvia
Per Philippe Leroy l’Italia, dagli anni 60, era diventata il suo paese e ancora di più lo fu dopo avere sposato Silvia Tortora. Scherzava spesso sul rapporto con la moglie, su quella donna “deliziosa, fantastica”, che si preoccupava per lui. “L'unico difetto è che mi dice cosa devo fare o indossare, pensa che sono rincoglionito”, scrive La Repubblica.
La carriera di Silvia Tortora
Due vite assai diverse con professioni coinvolgenti quelle di Silvia e Philippe. La carriera della giornalista è legata a Mixer, il programma di Giovanni Minoli con il quale ha iniziato a lavorare nel 1985. Sempre con il giornalista e autore televisivo, nel 2004, ha collaborato al programma La storia siamo noi. Nel 2009 è andata in onda su Rai Tre con otto puntate di Big insieme ad Annalisa Bruchi, show che ha ospitato personaggi come Giulio Andreotti, Giampaolo Pansa, Renzo Arbore, Umberto Veronesi, Andrea Camilleri. La figlia di Enzo Tortora, insieme alla sorella minore Gaia, è stata in prima linea nella difesa del padre, sia durante il processo che lo vide condannato e poi assolto, sia dopo la morte, avvenuta nel 1988.
Philippe Leroy, un gentiluomo prestato al cinema
Philippe Leroy è stato per l’Italia una leggenda, un autentico personaggio oltre il cinema nonostante le quasi 200 apparizioni tra film e sceneggiati da "Il buco" di Jacques Becker (1960) fino agli ultimi successi come Vescovo di Terence Hill nella fiction "Don Matteo" e all'ultimo congedo sul grande schermo con "La notte è piccola per noi" di Francesco Lazotti nel 2019. Nato a Parigi il 15 ottobre del 1930 come Philippe Leroy-Beaulieu, erede di una famiglia aristocratica con sei generazioni di soldati e ambasciatori alle spalle, sdegnoso del suo titolo di marchese, va a scuola dai gesuiti ma a soli 17 anni si imbarca come mozzo su una nave per l'America come un personaggio di Joseph Conrad. Una volta rientrato in patria finisce nella Legione Straniera e va a combattere in Indocina ed Algeria. Torna dall'Algeria con il grado di capitano e le medaglie sul petto (due legion d'onore e una croce al valore), ma ben presto capisce che è meglio trovarsi un lavoro. Un parente lo aiuta ad assaggiare l'aria del cinema e Jacques Becker - colpito dal suo fisico asciutto, l'aria di chi ha visto il pericolo da vicino e conosce le armi - lo arruola nel cast del suo carcerario film che gli regala un inatteso successo mondiale.
Fra teatro e cinema
Passati da poco i 30 anni, Leroy sceglie coproduzioni cinematografiche tra Italia e Francia passa la frontiera e sfrutta le poche conoscenze accumulate a Parigi per ottenere qualche ruolo come attore. Lo aiutano Vittorio Caprioli e Franca Valeri che ha incontrato in teatro ed è Caprioli a offrirgli un ruolo ne "Leoni al sole" (1961) sfruttando la sua seconda dote: maniere perfette, portamento aristocratico, aria naturale da gentiluomo con alle spalle parecchie avventure.
Adottato da Cinecittà e dall’Italia
Il giovane francese viene così "adottato" a Cinecittà. "Da quel momento in poi - ha raccontato - il cinema francese mi ha dimenticato, ma in compenso sono stato adottato da quello italiano che mi ha trattato come un figlio. Però non ho mai fatto veramente parte del vostro cinema, mi sono sempre sentito un dilettante, nonostante una quantità di ruoli e tante esperienze con i maestri migliori".
Leroy sarà per sempre Yanes
Il suo temperamento emerse appieno nei panni del flemmatico portoghese Yanes de Gomera nel "Sandokan" di Sergio Sollima facendolo diventare una vera star. Benché si fosse misurato con il teatro e avesse recitato anche per Godard, Comencini, Luigi Magni, Jacques Deray, Dario Argento, Luc Besson e Liliana Cavani, fu proprio la tv a offrirgli i ruoli più memorabili.
La casa costruita per Silvia
Ma la sua vera vita era sempre più spesso fuori dal set: nel 2011 fece l'osservatore in Afghanistan nel contingente italiano: "Parà fra i parà" come ricordava con divertito orgoglio. Altrimenti stava volentieri a casa, scrivendo poesie, dipingendo, disegnando i suoi mobili. "Ho costruito con le mie mani cinque case. Nell'ultima - ricordava a 90 anni - un borgo incantato sulla via Cassia in cui ho vissuto con mia moglie Silvia e con la mia famiglia, non c'è un pezzo di plastica, ma tutti mobili e oggetti in legno che ho lavorato, pezzo a pezzo. Come la mia vita...".