Dal profetico "Habemus Papam” al "Caimano": la sceneggiatrice di Nanni Moretti svela tutti i segreti dei suoi film
Federica Pontremoli, sceneggiatrice di “Il sol dell’avvenire”, “Il Caimano”, “Habemus Papam” e i “Tre piani” racconta curiosi aneddoti del suo lavoro con Nanni Moretti
Nanni Moretti (Ansa)
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E’ al quarto film con Nanni Moretti, Federica Pontremoli, sceneggiatrice de “Il sol dell’avvenire”. Ha iniziato nel 2006 con “Il Caimano”, è tornata nel 2011 con “Habemus Papam”, nel 2021 con “Tre piani” e per l’appunto con il film nelle sale in questi giorni, che ha firmato con una squadra tutta femminile, oltre ovviamente a Nanni: Valia Santella e Francesca Marciano, che si è aggiunta per ultima a questa squadra e ha una lunghissima storia di sceneggiature (fra gli altri un David di Donatello con Carlo Verdone, Gabriele Salvatores, Bernardo Bertolucci, Cristina Comencini e tanto altro).
E già qui c’è la notizia: tre donne sceneggiatrici.
Una circostanza che aiuta ad entrare nell’universo femminile di Nanni che, dopo “Caro Diario” ed “Aprile” ha sostanzialmente smesso di scrivere i film da solo; nei primissimi c’era stato un tocco di Sandro Petraglia, ma era sostanzialmente un particolare nel trionfo del morettismo autarchico – e le parole non sono mai casuali – dove quello di Nanni era un “one man show”, regia, soggetto, sceneggiatura e ovviamente interpretazione da protagonista.
Invece, da “La stanza del figlio” in poi sono arrivati molti co-autori di soggetti e sceneggiature. Anzi, con l’unica eccezione di Francesco Piccolo, co-autrici: Linda Ferri, Heidrun Schleef, Gaia Manzini, Chiara Valerio, Valia Santella, Francesca Marciano e, per l’appunto, Federica Pontremoli, la più “resistente”, forse anche resiliente rispetto a queste esperienze.
Ed è proprio Federica – prima della prima genovese al Circuito Cinema Corallo, nel quartiere di Carignano, storica “casa” cinematografica di Nanni – a raccontare l’universo femminile che circonda il regista romano.
Le donne sono assolutamente decisive nei suoi film e lo si vede benissimo nei volti che ripercorrono la sua storia nella scena finale de “Il sol dell’avvenire”: Jasmine Trinca, la splendida evocazione di Giulia Lazzarini, Lina Sastri, Alba Rohrwacher, Anna Bonaiuto, le “sue” attrici.
E poi, ovviamente, le protagoniste, che questa volta sono addirittura due – una straordinaria Barbora Bobulova e Margherita Buy, giunta al suo quinto Moretti consecutivo: “Abbiamo avuto un inizio cauto, poi non ci siamo più lasciati”.
Il racconto di Federica Pontremoli è quasi un’ulteriore sceneggiatura, non “di Nanni”, ma stavolta “su Nanni”.
Lo chiama regolarmente “Moretti”, raramente per nome e racconta di come questo film sia nato prima di “Tre piani”, l’unico film di Nanni non nato da una sceneggiatura originale, ma da un libro, “ma visto che questo non usciva, l’abbiamo accantonato e ci siamo dedicati a “Tre piani”, che poi è rimasto fermo due anni dalla fine delle riprese all’uscita nelle sale. Questo doveva essere un film in costume, ma a un certo punto ci siamo resi conto che non avremmo mai fatto un film in costume”. E così siamo qui.
Ed è un film anche il racconto della nascita di un film: “Moretti non è tecnologico, al massimo usava un cellulare Nokia. E, invece, la pandemia l’ha costretto e ci ha costretto a fare un film con Zoom, in videocollegamento”.
Federica Pontremoli spiega che ogni battuta, ogni parola, ogni sfumatura del film passa dalla condivisione fra tutti e quattro gli sceneggiatori, le tre donne e Nanni, “e noi dovevamo prendere tutto quello che gli veniva in mente”, circostanza che fa pensare che ci sia materiale per i prossimi quattro film, anche perché – come dimostra la storia del musical sul pasticciere trozkista che torna carsica – Moretti non butta via niente.
Anche stavolta “è stato come aprire scatole in continuazione e poi ne è uscito un film gioioso e ottimista, con tante storie che si incontrano”.
La sceneggiatrice genovese – che ha nella sua filmografia, fra gli altri, anche sceneggiature di film di Silvio Soldini, Giuseppe Piccioni, Francesca Comencini, Ferzan Ozpetek – racconta anche l’incontro con il regista romano: “Partecipai a un concorso bandito da Valia Santella per soggetti di film e dalla Sacher. Io uscivo dal centro sperimentale di cinematografia, ma non avevo particolari speranze: al concorso parteciparono 960 soggetti. Ma vinsi con “Baci da Varsavia”, il mio cortometraggio, e ricevetti sul mio telefono una chiamata da un numero che non conoscevo”.
Ovviamente Federica si aspettava un call center con le nuove tariffe di luce e gas e invece, dall’altra parte c’era Nanni, tanto che pensò a uno scherzo: “Mi ha chiamato e mi ha detto: cosa ne diresti di scrivere due o tre paginette in vista del mio prossimo film “Le storie della buona notte”? Ecco, in quel momento sono entrata nel magico mondo di Moretti”.
Il film poi non si chiamò così, ma divenne “Il Caimano” e le storie sono quelle che racconta il protagonista (Silvio Orlando, ca va sans dire) ai suoi figli.
Federica Pontremoli oggi ironizza: “Lo confesso, avevo paura, Moretti te lo immagini che mette paura a chi lavora con lui. E invece era esattamente come me lo immaginavo”.
La risata è contagiosa: “Lavorare con lui è gratificante, ma impegnativo. Beh, diciamo che fa godere lo sceneggiatore e sono contenta di essere sua sceneggiatrice”.
Da lì arrivò la seconda casualità: “Habemus Papam” il film profetico che anticipò in qualche modo le dimissioni di Papa Benedetto XVI. E qui, l’intuizione profetica è proprio di Federica: “Moretti stava lavorando a un piccolo film tristissimo su un ispettore di polizia con un figlio. Una storia di malattia… Una sera ci incontrammo casualmente a una festa e io gli accennai quest’altra idea”.
Alle due di notte suonò nuovamente il cellulare della Pontremoli e dall’altro lato c’era ancora il Nokia di Nanni: “Mi disse: il Papa deve essere Michel Piccoli”. E così nacque “Habemus Papam”.
Davvero, è quasi una sceneggiatura ulteriore il racconto di Moretti visto da Pontremoli: “Per il Caimano eravamo lui, Francesco Piccolo che è molto simpatico e brillante, ed io nella sua vecchia casa, in una stanzetta piccolissima piena di pupazzetti di cui lui fa collezione, chiusi lì dentro dalla mattina alle dieci alla sera alle sette, con il pranzo velocissimo al bar sotto casa. Poi, fortunatamente, più avanti sono subentrati altri impegni e ora il lavoro è solo mezza giornata: senza di lui non si scrive una virgola, ma con questa squadra al femminile ci siamo trovati sempre d’accordo su tutto tutti e quattro, senza agonismo. I tempi li detta lui, poi se le scene escono bene ci offre dei biscotti, se non gli piacciono nemmeno un the e poi dobbiamo correre al bar a chiedere un bicchiere d’acqua, quasi disidratate”.
Insomma, “Moretti è molto umorale, ma ne vale la pena”.
E la squadra tutta femminile? “Ci facciamo forza fra noi”.