Margherita Buy: “Io in mezzo fra Moretti e Verdone, uno mi dice ‘fermati’ e l’altro ‘vai machettefrega’”
Ironia e autoironia dell'attrice sono trascinanti e lei, vera verissima, è perfetta come se fosse un personaggio di un suo film con le paure e tutte le sue fobie
La precisazione, con il sorriso sulle labbra, è quasi superflua: “Ovviamente sono arrivata qui in treno da Roma. Cinque ore e mezza di viaggio, con il rischio di sognare l’aereo, ma rigorosamente in treno….”. Genova, con Nizza è incubo aeroportuale elevato a potenza: “In Costa Azzurra ci sono atterrata una volta, mi hanno piazzato in cabina, per aiutarmi dicevano. Peggio che mai. Da Roma a Nizza è stata un’esperienza assurda...”.
Del resto, la pista d’atterraggio dell’aeroporto Cristoforo Colombo, in riva al mare, con l’impressione di finirci dentro man mano che è iniziata la manovra di atterraggio (e una volta, drammaticamente, è pure successo) è una delle più impressionanti al mondo, soprattutto per chi ha paura di volare e a un certo punto Margherita Buy la fa citare anche a uno dei protagonisti del suo esilarante film d’esordio, “Volare”, con la chiusura di Linate e il conseguente spostamento a Genova.
Ironia e autoironia di Margherita sono trascinanti, e lei – vera, verissima, perfetta come se fosse un personaggio di un suo film - è di una simpatia trascinante, oltre che di una bellezza che diventa sempre più bella. E la ripetizione, forse non del tutto ortodossa dal punto di vista linguistico e semantico, non è mai stata così azzeccata.
Anche il cinema scelto per la presentazione è perfetto per raccontare questa storia: è il Circuito Sivori di Salita Santa Caterina a Genova, dove avvenne la prima proiezione cinematografica in Italia, il cortometraggio dei fratelli Lumière con il treno che entra nella stagione di La Ciodad, che faceva scappare gli spettatori, non abituati alla tridimensionalità.
E questa storia è perfetta per il racconto di Margherita Buy che è l’elogio delle fobie, della paura e di chi ha paura: “La paura mi piace moltissimo, se non avete paura e paura siete strani”.
Dario Vassallo, che la accompagna sul palco, ricorda come sia l’attrice più premiata del cinema italiano, con sette David di Donatello e otto Nastri d’argento, “quindi la più brava”, ma riesce a essere ottima anche come regista con un film d’esordio che è esilarante, ma anche davvero ben girato, facendo comprendere che le lezioni dei suoi maestri sono state splendidamente assimilate.
E i maestri sono soprattutto Nanni Moretti e Carlo Verdone: “Mentre giravo, mi sembrava di averli entrambi sulle spalle, uno da una parte e uno dall’altra. Del resto, essendo un film dove racconto molto della mia esperienza, è normale. Anche Nanni parla sempre molto di sé e Carlo mette molto di sé nei film. Insomma, da un lato, Moretti mi diceva idealmente accovacciato sulla spalla: “No, no, questa scena non la devi fare”; dall’altro Verdone replicava: “Vai vai, machettefrega”. E io lì in mezzo a questi due”.
E c’è anche un terzo regista in questa storia, ed è Giuseppe Piccioni che appare in un cameo in cui fa il parrucchiere nel salone frequentato da Margherita e da Elena Sofia Ricci: “Lui è un grande regista, un poeta, ha un tocco di leggerezza nelle cose unico. E poi è il padrino di mia figlia e davvero un grande amico, tanto da avermi ascoltato persino quando gli ho fatto fare il parrucchiere”.
L’appuntamento con Margherita diventa una sorta di seduta di autocoscienza: “Spero che in sala ci sia chi ha paura dell’aereo, per condividere”. Si alzano parecchie mani: “Funziona così in tutta Italia, in questo viaggio che stiamo facendo per presentare “Volare”. Le proiezioni diventano una sorta di sedute degli Alcolisti Anonimi: “Sono Marco e una volta sono passato in una turbolenza…”. “Sono Giusi e devo confessare che sono salita su un aereo…” e così via”. Lei, del resto, confessa che è vero l’episodio raccontato anche nel film di quando, già a bordo e con l’aereo in pista, è scesa dal volo: “E’ vero, è vero…” dice, ridendo e arrossendo, mettendosi le mani in volto, sempre più vera ed empatica. E’ impossibile passare una serata insieme a questa donna senza innamorarsene.
Ne esce il racconto di un film catartico: “Raccontare le proprie paure, condividerle, parlarne, fa sentire meglio. Chi non lo fa, chi non ha ansia, chi la nega, è una persona disturbata”. Anzi, spesso, reprimerle nasconde altro: “Se non avete paura, siete strani”.
La poetica della paura secondo Margherita nasconde una dichiarazione d’amore: “La paura mi piace moltissimo e gli unici film che vedo volentieri sono proprio quelli di paura”. E questo non riguarda solo il volo, ma un po’ tutto: “Quando ho preso il Covid prima che arrivassero i vaccini ero sicurissima di morire. In verità poi, l’ho attaccato ai miei sceneggiatori…”.
La lettura dei titoli di coda, ovviamente sulle note di Mimmo Modugno che canta “Volare”, riserva anche sorprese. Ad esempio, quella di trovare Marco Bellocchio fra i produttori del film: “E’ nato tutto casualmente, una sera a cena con amici attori ho detto che mi sarebbe piaciuto lavorare con lui, con cui non avevo mai fatto film”. La confidenza fu immediatamente girata al regista di Bobbio che la chiamò immediatamente: “Ho avuto l’onore di partecipare alla serie “Esterno notte” dove facevo la moglie di Moro ed è stata una bellissima esperienza. Poi, parlando, è venuta fuori la storia della mia idea ed è piaciuta, tanto che Marco, un grande narratore di paure e sogni, è fra i produttori”. Ma Bellocchio non è stato l’unico ad “adottare” questo film: “Nanni è venuto sul set mentre realizzavamo la scena con Anna Bonaiuto e Elena Sofia, quindi in cui ero solo regista in quel momento, ed è stato molto carino. Poi, immagino, che gli sia anche piaciuto perché l’ha proiettato al suo cinema, il Sacher, dove è venuto anche Carlo Verdone e tanti altri amici…”.
Ve l’ho detto, non si può non volerle bene. Anche perché è travolgente con la sua autoironia: “Mi rendo conto che il mio film non è “La zona di interesse” (verrebbe da dire fortunatamente ndr), è una cosa leggera, dove ho messo tanti attori miei amici, sensibili e intelligenti, tanti di quelli che avrei voluto dirigere”. E c’è anche sua figlia, nella parte della figlia, bravissima, bellissima, simpaticissima e naturalissima: “Tutta papà”.
Ma è un viaggio fra le parole per tornare al succo: “Io ammiro i fragili, i superfragili. Dobbiamo imparare che chi ha fragilità non è un cretino e spesso si tratta delle persone più sensibili e intelligenti”.
E’ il succo del film.
E pure della vita.