"Mare fuori" fa il record di ascolti ma la speranza dov’è? Tra sangue e violenza, è come Gomorra
È la curiosità di scoprire chi verrà ammazzato o ferito nella puntata successiva ad attrarre gli spettatori: quanto altro sangue verrà versato prima che si arrivi all’ultimo episodio della serie tv
Sono tornati: Carmine, Filippo, Rosa Ricci, Naditza, Edoardo, Viola, Massimo e Paola. Sono solo alcuni dei protagonisti della terza stagione di Mare Fuori, la fiction targata Rai che racconta le vicende di un gruppo di ragazzi nel carcere minorile partenopeo. Il titolo rimanda al panorama che si trova al di là delle sbarre e che rappresenterebbe la speranza di poter uscire da quel luogo rieducativo, per cominciare una nuova vita.
Nessuno è cattivo
Nulla da dire su trama e contenuti, solo forse un pochino troppo romanzati. In quel carcere è infatti successo di tutto e nessuno è stato spostato, ma quello che vuole far riflettere è il contorno. Nessuno di questi ragazzi è cattivo, nessuno lo è realmente almeno. Anche chi alza sempre la testa, nasconde una grande fragilità, un sentimento che in un posto come quello può solo far soccombere. Ognuno di loro ha un lato positivo, che deve essere cercato in alcuni, ma c’è sempre. Tuttavia le storie si susseguono all’interno, ma sono gestite da chi è fuori. Perché nonostante si tratti di un carcere minorile, le dinamiche sembrano essere le stesse degli istituti penitenziari per adulti.
Come Gomorra?
La vendetta resta la base di tutto. Chi si trova “a casa” gestisce i comportamenti e le azioni di chi sta dentro e lo fa senza troppi problemi. Una sorta di partita a dama dove resta sempre in gioco la vita di una persona che può scegliere da che parte vuole stare e se seguire il bene o il male. Come all'epoca si diceva di Gomorra, che non dava esempi positivi, che non contrapponeva il bene al male, stessa cosa non può essere detta di questa serie, dove il bene c’è. Ma c’è anche troppa crudezza, troppa violenza. Il contatto fisico estremo, c’è sempre. Quasi come se un film che non contenga scene di sangue non possa essere degno di custodire una trama ambientata in un carcere. Anche se, ovviamente, la violenza mostrata è più fuori che dentro. Sangue se ne vede sempre, e forse è questo uno dei lati negativi della serie. Oramai si vede tutto e subito, anche se non ce ne sarebbe il bisogno. La crudezza della realtà va sempre mostrata? Inoltre c’è la violenza verbale, che può anche far sorridere, ma di certo non aiuta in un contesto giovanile dove l’uso corretto della lingua ha subito un vero e proprio calo. Non si pretende ovviamente che si parli in lingua italiana in carcere, ma almeno un po’meno parolacce.
Sangue e voglia di riscatto
Ma quello che proprio emerge è il voler far credere che alla base di tutto ci sia la speranza, la voglia di riscatto di un gruppo di giovani, che potranno diventare uomini migliori. Non è così. O almeno non è questo che attrae gli spettatori, o la maggior parte di essi. Sono nate all’interno di questo luogo amicizie forti come quella tra Carmine e Filippo, amori come tra Filippo e Naditza, e questo è innegabile.
Morbosa curiosità
Ma è la curiosità di scoprire cosa accadrà realmente, chi verrà ammazzato o ferito nella puntata successiva, quanto altro sangue verrà versato prima che si arrivi all’ultimo episodio ad attrarre la curiosità di chi guarda. Dopotutto Mare fuori non è una soap opera. Non si vuole sapere quanti amori possano susseguirsi di stagione in stagione. Perciò anche se in alcuni protagonisti il cambiamento in positivo è stato evidente, non è la molla che ha fatto scattare il successo ottenuto. Tanto di cappello a chi l’idea di realizzare questa serie l’ha avuta e a chi la sta interpretando ma sarebbe meglio spazzare via quel finto buonismo che tende a nascondere la realtà. Talvolta meglio dire le cose come stanno, senza peli sulla lingua.