"La danza ti squarta e ti tortura": la ballerina classica, che incanta ancora a 80 anni, confessa dolori e sacrifici
Ètoile del Teatro alla Scala di Milano e del Ballet du XXe siècle di Maurice Béjart, applaudita dalla critica internazionale, sul palco, ancora oggi, incanta
"L'età per un artista non conta. È un essere speciale". Lo disse Luciana Savignano qualche anno fa durante un'intervista. E aveva ragione perché lei è l'esempio vivente di quanto, in alcuni casi, il numero di anni all'anagrafe non contino. Soprattutto ora che il 30 novembre festeggia 80 anni ma non ha nessuna intenzione di abbandonare i palcoscenici.
Ballerina per sempre
"Ho sempre ascoltato il mio corpo con grande umiltà e attenzione. So che la vita ha un suo corso, un inizio e una fine. Accetto le evoluzioni dell'esistenza come accetto che la gamba non si alzi più come una volta. Ma la danza non è solo acrobazia, è anche gesto, sguardo, personalità. Penso a Nureyev, bastava che entrasse in scena e non ce n'era più per nessuno. Anche senza fare niente, riempiva tutto", dichiarava a Repubblica nel 2020 appena riaprirono i teatri dopo il più duro lockdown.
I critici per tutta la sua carriera piena di grandi successi la definirono, "magnetica", addirittura erotica. Per la danza classica non sono aggettivi usati spesso. In quella stessa intervista dichiarò: "Non saprei. So che la danza non è uno sport né un fatto di prestazione atletica. L'ho imparato da Béjart, che una volta mi ha detto 'Tu non sei una ballerina normale, non ti bastano i fouettés, cerchi altro'. Lo considero un maestro soprattutto per questo. Aveva una cultura immensa, mi ha insegnato che la danza non è solo tecnica e passi, è qualcosa che va molto più nel profondo".
Il corpo sinuoso abituato al dolore
"La danza classica logora perché ci abitua a convivere col dolore fisico", spiega e aggiunge parole forti nella sua ultimissima intervista al Corriere della sera: "Ti squarta e tortura, il corpo chiede il conto alla fine".
Quella stoccata a Carla Fracci e il rapporto con Nureyev
"Carla aveva il camerino vicino al mio, lei arrivata col suo seguito di bagagli e segreteria, io mi arrangiavo da sola con la mia sacca". E sul fatto di non aver avuto né un marito mago della comunicazione come quello di Fracci e neppure un portavoce, lei spiega: "Credo che l'artista debba bastare a se stesso". "Con Rudolf ballai in Poema dell'Estasi di Petit, voleva dominare ma lì io ero la Morte".
L'incredibile carriera
Ètoile del Teatro alla Scala di Milano e del Ballet du XXe siècle di Maurice Béjart, Luciana Savignano si è formata proprio presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano dove viene ammessa nel 1953. Nel 1963 viene inviata dalla Scala al Teatro Bol'šoj di Mosca, per frequentare un corso di perfezionamento; al rientro entra a far parte del corpo di ballo. Nel 1972 è nominata prima ballerina alla Scala e tre anni dopo, nel 1975, étoile. Nel 1973 inizia un importante sodalizio con Maurice Béjart che la invita nella sua compagnia, Ballet du XXe. Collaborerà anche con il coreografo Micha van Hoecke e dal 1995 con la coreografa Susanna Beltrami. Da sempre è impegnata nel sociale, come testimonial a titolo gratuito delle associazioni italiane che raccolgono fondi per la ricerca contro il Parkinson.
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