Ligabue: "Non c'è un piano B. L'amore? Così ho superato un momento di crisi"
"Dedicato a noi", il suo nuovo album, segna un punto e a capo. È un crocevia di temi e riflessioni, tra diseguaglianze sociali e negazionismo climatico, nel quale il Liga chiama a raccolta chi ha gli stessi valori e trova nell'amore una risposta
Denso e liquido, insieme. Liquido perché le inconfondibili chitarre elettriche e le atmosfere folk-rock cullano le parole in modo istintivamente fluido; denso perché più che un album, “Dedicato a noi” è un punto e a capo. Un crocevia di temi e riflessioni nel quale Ligabue si guarda allo specchio con una determinazione sfacciata e una fragilità che ne evidenzia la forza di chi sa che ha fatto tanto. Ma quel tanto non è ancora abbastanza perché in quello specchio vuole farci stare tutto, le motivazioni ad andare avanti e le difficoltà del vivere, le diseguaglianze sociali e il negazionismo climatico, rintracciando una bussola capace di dare un senso. Un album di inediti che arriva a tre anni dal precedente, quattordicesimo in una carriera ultra-trentennale nutrita da live che lasciano il segno e che anche questa volta sarà accompagnato da un tour battezzato all’Arena di Verona (8 e 9 ottobre).
“Mi sono interrogato su dove siamo, come siamo messi, come credo faccia chiunque. Siamo in una società che sta vivendo il decennio più tosto tra quelli che ho vissuto. E ne ho vissuti sei, quindi un po’ di esperienza ce l’ho. Quando metti insieme una pandemia, una guerra nel tuo continente, gli effetti sempre più disastrosi dei cambiamenti climatici, una cronaca nera che non riesce neanche più a conteggiare femminicidi e stupri, l’allarme degli psicologi per la generazione Z costituita da ragazzi che non hanno più nemmeno un’idea di futuro, è chiaro che siamo a un punto critico. Quali risposte ha ognuno di noi? Io ho provato a dare le mie in questo album. C’è bisogno di altro, di ripartire anche da chi è diverso da te ma comunque condivide una serie di valori. E da qui nasce “Dedicato a noi”. Ma c’è anche bisogno di ripartire da un sentimento d’amore che spesso ha un effetto irradiante: credo che quando uno è innamorato sia più facile che si apra al resto del mondo. Noi invece oggi siamo predisposti a essere chiusi perché con tutta questa frammentazione sociale c’è sempre più isolamento e paura”.
Sì, è vero, l’amore aiuta ad aprirsi verso gli altri. Ma è altrettanto vero che va coltivato, costruito. Ne parli in due canzoni molto profonde, “La parola amore” e “La metà della mela”. In quest’ultima, in particolare, racconti di una lunga storia d’amore che entra in crisi e di come questa crisi sia stata superata. È stato inevitabile pensare a tua moglie Barbara. È dedicata a lei?
“È una canzone totalmente autobiografica. È forse la canzone che mi emoziona di più dell’album ed è evidentemente dedicata a mia moglie. Racconto il nostro rapporto. Ho sempre pensato che le canzoni più difficili da scrivere siano le canzoni d’amore perché ne sono state scritte miliardi, molte delle quali davvero belle, e insomma si entra in un campionato decisamente complesso".
Ne “La metà della mela” scrivi: “Quando ci siamo fatti male e ci siamo fatti male insieme, due solitudini in comune… non dimentico niente figurarsi di te”. È stato faticoso? Oppure è un percorso che ti è venuto naturale affrontare per riuscire a superarlo?
“Non è stato per niente faticoso, ma è stato difficile quando ci sono state delle crisi da affrontare. Per fortuna sono state pochissime e sono da mettere in conto in un rapporto che dura da tanto. Io e Brabara pochi giorni fa abbiamo festeggiato i dieci anni di matrimonio ma in realtà la nostra storia e la nostra convivenza parte venti anni fa. È una lunga storia e i percorsi più importanti sono quelli che non finiscono mai. Questa idea vale in generale, anche per le storie che si interrompono (speriamo non quella mia e di mia moglie, eh…) che secondo me, se erano storie vere, te le porti dietro per tutta la vita”.
Rispetto al rapporto a due, in un altro brano scrivi: “Io sono il problema e tu la soluzione”. Sei tu quello problematico?
“Se penso al rapporto con mia moglie è senz’altro così”.
Lo sei sempre stato? È una costante che ti appartiene?
“No, non sempre. Solo nei rapporti duraturi, quelli che hanno retto all’urto dei tempi. Era così anche con la mia ex moglie”.
“Dedicato a noi” che dà anche il titolo all’album sembra un inno generazionale dove tracci i confini di chi siamo e racconti la tua esperienza di musicista, di rocker, di chi si trova sempre in mezzo a facce che ti scrutano.
“C’è l’immagine delle persone che vedo nei miei concerti, faccio un po’ i conti con il mio pubblico. Ma a quest’immagine ne sovrappongo un’altra, un po’ più larga, un po’ più idealizzata alla quale sento il bisogno di appartenere. Un noi che racchiuda un gruppo vasto di persone che hanno gli stessi valori, gli stessi principi, desideri, convinzioni e forse anche gli stessi dubbi. Io il noi l’ho usato un po’ nelle mie storie, quando ho scritto “non è tempo per noi e forse non lo sarà mai” è stata forse una riflessione amara. In questo caso sono arrivato a un pensiero più tenero e quel dedicato a noi fa pensare che forse ci meritiamo una ricompensa. Che magari è anche soltanto il fatto di sentirci dalla stessa parte”.
Mi dici due o tre valori su cui poter cementare questo senso di appartenenza?
“Il fatto di riuscire a vedere la differenza individuale come una risorsa e non una condanna. Il senso di solidarietà verso gli ultimi. La voglia di pensare che questo mondo così disastrato non debba risolvere le sue beghe solo con le guerre e quindi il principio della pace. E quello del rispetto della natura perché non solo sono spaventato dai cambiamenti climatici ma credo nei benefici che ci porta il riuscire a vivere insieme alla natura”.
In un’altra canzone però c’è la descrizione puntuale di una solitudine individuale e globale allo stesso tempo nella quale un po’ tutti siamo immersi. Parli di “figli di una manciata di like”, di “anello debole della catena”. Tu la senti questa solitudine?
“Personalmente sono uno che ha anche bisogno di essere solo perché sono fatto così. Ma non voglio sentirmi solo che è tutt’altra cosa. Avverto un profondo senso di solitudine da parte di molti. È il risultato di tutte le cose che ti dicevo prima ed è per quello che continuo a pensare che ci sia bisogno di aprirsi e di potersi fidare e affidare”.
C’è anche una canzone che è una dichiarazione d’amore per Roma, descritta in modo realistico e puntuale. Che è anche una dichiarazione d’amore a Francesco Totti, uno degli idoli di Roma, e non solo. Come è nata? Suona un po’ strana, perché in genere ti si immagina nella tua Correggio, in Emilia, tra lambrusco e amici.
“Amo fin troppo questo Paese in generale e fìgurati quanto amo le città che offrono una bellezza particolare come Roma, Venezia, Firenze, Napoli, per certi versi anche Milano e le migliaia di borghi. Semplicemente amo la bellezza di cui possiamo godere. Roma ha dentro di sé una caratteristica diversa da tutte le altre. Non a caso la chiamano la città eterna, sembra davvero che il tempo si fermi tra i suoi ruderi e tutta la storia che vedi intorno a te. È come se tu togliessi il piede dal pedale del tempo e ti trovassi in una situazione senza tempo. Racconto una città che vive di profondi disagi, le buche, gli autobus che bruciano, ma che riesce a dare un incanto unico”.
“Non abbiamo per forza un commento da fare”: è una frase che suona rivoluzionaria in un mondo in cui tutti hanno sempre da dire qualcosa su tutto. Uno nella tua posizione, così amato e ascoltato, invece ammette che non sempre è giusto esprimersi e dire la propria.
“Io non commento mai. Sono uno che cerca di dire quello che vede ma non sono mai finito né sui social né sui giornali a commentare. In modo particolare sento il bisogno di stare lontano da questo tipo di deriva perché il “commentificio social” credo sia una delle cose che non ci fanno bene. Non è che ognuno ha per forza un commento interessante e approfondito capace di dare qualcosa in più su un dibattuto. È come fare un po’ cerchio con quelli che non ci stanno a quel gioco, anzi a quel danno”.
C’è anche un brano che parla del “Piano B”, quello che tutti noi a un certo punto della nostra vita sentiamo il bisogno di costruirci, se non materialmente almeno mentalmente. Tu invece sei sferzante perché nel brano sostieni che il piano B non esiste e che siamo noi stessi un piano B anche se siamo convinti di essere un piano A.
“In questo momento la direzione presa dalle cose e da chi le gestisce è la stessa di chi guidava il Titanic solo che a differenza del comandante di allora noi sappiamo che abbiamo l’iceberg di fronte. Nessuno sembra voler far niente per affrontare l’iceberg e tutti lì a dire “vabbè, intanto facciamo festa”. Ecco questo significa non avere il piano B. E siccome il piano B non viene fatto da chi dovrebbe pensarci, allora l’unica cosa è farcelo da soli. Come farlo non lo so. Non sono un politico, non ho in mano le chiavi del mondo. Ma sento il bisogno di fare un appello e di smuovere le acque”.
Un’ultima domanda che richiama un tuo brano storico: il meglio deve ancora venire?
“Non lo so, non l’ho mai saputo. Il futuro non lo posso prevedere ma se penso che possa essere bello, se non altro vivo un presente migliore”.