Lo scandalo di Goliarda Sapienza a Cannes. Valeria Golino: “L'ho conosciuta. Perché il suo eros turba"
A Cannes c’è stata la premiere della serie “L’arte della gioia”, presentato dalla regista Valeria Golino e tratto dal romanzo di Goliarda Sapienza: un’autrice che fu una vera ribelle e che ancora ispira molte donne
Chissà cosa penserebbe Goliarda Sapienza de L’arte della gioia trasformato in una serie tv da sei puntata da Valeria Golino e presentato a Cannes e accolto come "simbolo del Women Empowerment", di emancipazione. Lei che fu una ribelle vera e che in vita non poté mai raccogliere il successo del suo romanzo, pubblicato dopo la sua morte (1996) divenendo poi un successo editoriale con Einaudi. Goliarda Sapienza, che nacque esattamente 100 anni fu scrittrice, attrice di cinema e teatro ma, soprattutto artista poliedrica e sperimentatrice della vita intera, non solo dell’arte.
Una protagonista scostumata e libera
Al centro del romanzo, e della serie, c'è Modesta (Tecla Insolia), affamata, ribelle, scostumata, impenitente, disubbidente, arrivista e libera. È una bimba analfabeta che guarda la capra in campagna, con un padre che abusa di lei. Modesta dà fuoco a tutto, cerca di rinascere e lo farà mille volte, pronta a tutto, senza scrupoli, senza morale, o meglio con una morale personale, cercando amore a modo suo. Ruba la sua parte di gioia a tutto e a tutti, si innamora quando le pare e rifiuta le convenzioni. Un romanzo intenso che ha ispirato schiere di femministe e non, scisso in sei puntate prodotte da Sky Studios e da Viola Prestieri per HT Film, che prima di andare su Sky, usciranno in sala, in due parti, con Vision Distribution, la prima dal 30 maggio e la seconda dal 13 giugno. Una serie tv dirompente e magnetica, che si è guadagnata l'anteprima mondiale a Cannes, nel giorno in cui la regista e cosceneggiatrice Valeria Golino è stata celebrata con un Rendez Vous, una lezione di cinema che quest'anno condivide con Meryl Streep e George Lucas.
L’incontro fra Golino e Sapienza
Palpabile l’emozione della regista Valeria Golino che sorprende con il suo racconto: "Ho conosciuto Goliarda a 18 anni, è stata la mia coach di dizione sul set in Storia d'amore di Francesco Maselli, ma ero troppo giovane e ora rimpiango di non averla frequentata. Il suo libro mi ha rapita, prima da lettrice e poi da autrice, così quando Viola Prestieri è riuscita a prenderne i diritti mi sono gettata con passione in questo progetto, è stata una scelta sentimentale. Il mondo di Goliarda ti turba, è scabroso, ha un eros morboso".
Un femminile diverso da raccontare
Dal libro alla serie, l'effetto descritto da Golino si moltiplica e il risultato è qualcosa mai visto prima. "Modesta e tutti gli altri personaggi femminili sono interessanti, complicati, giocano con gli archetipi rompendoli in continuazione. Modesta è un unicum nella letteratura italiana, molto raro anche nell'audiovisivo. Va oltre la modernità, è molto avanti a noi anche adesso questa donna così poco edificante". C'è un femminile diverso da raccontare, "un femminile pieno di difetti che di solito sono nei personaggi maschili, nei grandi anti-eroi. Modesta una volta tanto è una donna senza sensi di colpa", aggiunge la regista.
Autrice e personaggio
Ma quanto deve il personaggio di modesta alla sua folgorante autrice? A quella Goliarda Sapienza il cui sapere venne da un clima di assoluta libertà dai vincoli sociali: il padre Giuseppe, un avvocato socialista, infatti non le fece nemmeno frequentare la scuola per evitare che fosse soggetta a imposizioni e influenze fasciste. Da piccola studiò a casa ma a sedici anni si iscrisse all'Accademia nazionale d'arte drammatica di Roma, dove si era trasferita nel frattempo la sua famiglia. Per alcuni anni, interpretò con successo ruoli pirandelliani in teatro. Si legò al regista Citto Maselli, e recitò in vari film, diretta anche da Visconti.
Dal palco alla penna
Si dedicò poi completamente alla scrittura e pubblicò vari libri, tra cui ' Lettera aperta' ( 1986), ' Le certezze del dubbio' ( 1987) e ' L'università di Rebibbia' ( 1983). Ma il suo progetto più importante, cui dedicò nove anni di vita, dal 1967 al 1976, è L'arte della gioia in cui affrontò argomenti ritenuti allora irritanti come la libertà sessuale, soprattutto quella di una donna. Per questo il libro ricevette una serie di rifiuti da parte degli editori italiani e venne pubblicato postumo nel 2000, riscuotendo inizialmente indifferenza, poi enorme successo di critica e pubblico.
Il furto e poi il carcere
Un riconoscimento postumo di cui lei non godette mai, per scrivere L’arte della gioia si era infatti ridotta in povertà, tanto da arrivare a rubare e finire in carcere. Ma secondo alcuni non fu solo la fame farle sperimentare il furto. D’altronde proprio la madre – che era stata la prima dirigente della Camera del Lavoro di Torino e aveva fatto la storia politica femminile dell’Italia, all’inizio del ‘ 900 – finì in carcere per la politica. La sindacalista Maria Giudice era solita dire che se nella vita non si conosceva l’esperienza carceraria o il manicomio non si poteva dire di aver vissuto realmente. Possibile quindi che la figlia abbia voluto, a 55 anni, sperimentare di persona per poi descrivere il carcere nel suo libro “L’università di Rebibbia”. Un punto di vista a cui non si è abituati perché mostra il mondo del penitenziario come una salvezza per quello che la scrittrice chiama “ergastolo della metropoli”.
La morte a 72 anni
Goliarda Sapienza fu quindi una sperimentatrice di vite che riversava le sue esperienze su pagine che restano memorabili. Come memorabili sono i versi di una sua poesia scritti sulla sua lapide: “Non sapevo che il buio non è nero che il giorno non è bianco che la luce acceca e il fermarsi è correre ancora di più”.