"La cosa più gay che tu abbia mai visto": estrema, diretta, senza censure, Kristen Stewart è l'ultima vera diva
Vi ricordate la bella di Twilight? Ecco dimenticatevela. Kristen ora è un'altra donna che sceglie i percorsi più scomodi: “L'esistenza di un corpo femminile che ti propone qualsiasi tipo di sessualità e che non sia desiderata esclusivamente da maschi eterosessuali, è qualcosa che mette a disagio. E io ne sono felice"
Sovversiva, radicale, in controtendenza, e senza voglia di censurarsi e fare la brava ragazza. Dimenticatevi la Bella di Twilight. Kristen Stewart è ormai lontana da quello stereotipo, completamente disintossicata da quella saga da box office, seppur abbia (allora) distrutto record di incassi, regalandole fama (insieme a Robert Pattinson, suo storico ex) in maniera definitiva. Abbracciate, invece, la nuova Stewart, che da quel momento (era il 2011) ha cominciato a cambiare, intraprendendo percorsi più scomodi ed esperienze meno scontate, scelti per crescere in maniera esponenziale, diventando più modello e riferimento, esponendosi però fuori da ogni possibile classificazione.
Oggi sa cosa vuole nel lavoro e nell'orientamento sessuale
Oggi sa cosa vuole e come, senza doversi più giustificare, senza lasciarsi travolgere dai giudizi, nei gusti, nell’orientamento sessuale, nella voglia di sperimentare. Lo sta facendo pure da regista e c’è molta attesa infatti su un suo prossimo lavoro, The Chronology of Water, adattamento del romanzo di Lidia Yuknavitch, e un altro in cui interpreterà la scrittrice newyorchese Susan Sonntag. Basterebbero questi anche ai più miopi per scorgerne la mutazione. Ma a tal proposito qualche giorno fa è uscita una bellissima intervista-copertina firmata da Alex Morris per Rolling Stone Usa, e con un titolo esemplare “Kristen Stewart Uncesored: "Voglio fare la cosa più gay che tu abbia mai visto in vita tua".
Una conversazione-fiume, con annessi scatti fotografici, che piano piano diventa racconto e confessione aperta.
La storia d'amore queer tra satira e crimine
All’ultima Berlinale, dove nel 2023 era stata Presidente di Giuria, arriva insieme alla regista Rose Glass.
L’occasione è presentare Love Lies Bleeding, una sorta di storia d’amore queer, crime, satirica, a tinte tarantiniane, divisa da muscoli e pistole, in quello che sarà ben presto un cult anche in Italia, visto la distribuzione della Lucky Red.
Qua interpreta il personaggio di Lou, manager di una palestra, nella quale incontra (e si innamora) di Jackie, aspirante bodybuilder di successo, e con cui intreccerà una relazione. Ci fermiamo qui, il resto non lo condividiamo, anche perché il film, accolto da molti qui in maniera entusiasmante, è un vero asteroide impazzito, bizzarro, estremo, ironico, diretto.
Ed è un esempio, ancora una volta, di come la stessa Stewart cammini consapevole per la sua strada impervia.
Divina nel raccontare Lady Diana
Non vi ha convinto? Recuperate allora un film come Spencer, in cui Kristen Stewart (nominata poi all’Oscar) è stata una Lady Diana divina nel rifiutare, in quegli ultimi giorni alla Casa Reale inglese, nell’adeguarsi alle regole, ad una libertà negata, che si è (ri)presa, scontandone poi tutti i costi e le conseguenze. La stessa che lei ora rivendica. O, come nei panni, di Jean Seberg, dava corpo ad una delle attrici-simbolo della Nuovelle Vague francese, finita nel mirino dell’FBI per la sue idee e legami a favore dei diritti civili degli afroamericani nel 1968, in America. O, come, dieci anni fa, decideva di accettare il ruolo dell’assistente di Juliette Binoche in Sils Maria, rifiutandone i panni di improbabile star.
Il corpo femminile
“L'esistenza di un corpo femminile che ti propone qualsiasi tipo di sessualità, e che non sia progettata o desiderata esclusivamente da maschi eterosessuali, è qualcosa a cui le persone non sono abituate”, ha detto. “Non li mette a loro agio, ed io ne sono felice di questo perché le persone che normalmente non ascoltiamo, o vediamo, in questo film invece si posizionano al centro. Le interviste che facciamo, come artiste, sono così prescritte, spingendo su una idea di empowerment, ma in realtà nessuna di noi si dà pacche sulle spalle e vuole ottenere più punti raccontando storie o voci di personaggi emarginati. Credo si debba osare maggiormente, e fare leva sulle ragioni per cui lo sono, sulle loro reali esperienze, cosa amano, quali sono i loro desideri, da dove vengono, dove voglio andare”.