La grande sfida di Kevin Costner: “Rileggo la storia con gli occhi delle donne. Perché non mostro le violenze"
Il grande attore torna a raccontare epiche storie, di frontiera, di conquiste e ideali, in una saga western. Un linguaggio che ama e conosce, ma che per lui è diventato sogno e ossessione
Kevin Costner è stato l'ultima grande star a sbarcare alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, in un’edizione da record. Costner è arrivato per presentare il secondo capitolo di Horizon: An American Saga (la prima parte è uscita al cinema e l’avevamo vista al Festival di Cannes), il suo progetto monumentale, sicuramente il più ambizioso, difficile, e che lo sta portando a mettere in gioco tutto, investendo soldi (tanti), emozioni, idee ed energie, a quasi 70 anni, e visto la carriera alle spalle.
Il grande attore, regista, produttore, lo stesso che nel 1990 debuttava dietro la macchina da presa con un film diventato pietra miliare del cinema, Balla coi lupi, torna ulteriormente, lo aveva già fatto in altri due pellicole, a raccontare di epica, storie, di frontiera, di conquiste e ideali, in una saga western, un linguaggio che ama e conosce, ma che per lui è diventato oltremodo sogno e ossessione, una vera battaglia artistica, personale, a tinte femministe.
Le donne protagoniste
Quattro donne al centro: una vedova (Sienna Miller) scampata alla furia degli Apaches insieme alla figlia, la giovane moglie, alla quale due malviventi uccidono il marito, con il solo scopo di usarla come oggetto e loro schiava, una prostituta bionda, una ragazza allergica a quello che il padre ha pensato per lei. Ognuna è diversa, ma sembrano unite, contro gli uomini e il potere maschile e patriarcale che vuole dominarle e decidere (per loro) cosa è giusto fare.
Un sogno, Horizon, partito nel 1988, ma realizzato oggi, per narrare anche le origini del west appunto e chi lo ha fatto grande. Un luogo nel quale le donne si ergono appunto a protagoniste assolute negli intrecci, dimostrando quanto siano effettivamente moderne (seguirle) nelle dinamiche. Donne, madri, figlie, mogli, messe a dura prova dal tempo e in quello che vogliono dimostrare, ma che riescono a farsi sentire, a trovare il proprio coraggio, una libertà e indipendenza.
“Questo era un film”, ha detto Costner, “che volevo portare al mondo, per ricordare al mio paese che nel passato, a quell’epoca, c’è stata una lotta delle donne in molte dinamiche e direzioni. Desideravo che la serie prendesse forma attraverso il modo migliore possibile, ovvero il loro sguardo. Sono attratto dal west, di tanto in tanto, sento il dramma quando non c’è la legge, la confusione di lingue, quando la terra viene contesa, ecco i temi che mi attirano, e che mi portano a pensare cosa io avrei fatto in quelle situazioni, a chiederci come ci saremmo mossi".
“La violenza è volgare, non amo mostrarla”
“Credo che la violenza sia volgare” prosegue lo stesso Costner, “non è neutrale, è senza strutture, improvvisa. Se guardiamo ai duelli e combattimenti è vero, appaiono autentici, possono risultare eccitanti, ma quando si vede la violenza assoluta mi sento male, non è bella da vedere, mi sembra tutto viziato, non ha scopo, vorrei davvero che non prendesse mai vita. Preferisco mostrare l’eroismo, la tristezza, le decisioni che arrivano dopo magari una scena. Io ho la mia idea sulla violenza, ad esempio, sulle donne, non credo sia necessario esibirla, dobbiamo essere invece in grado, e sapere, come evitarla, quando ha senso, se ci riesce il film è più facile da assorbire”.