Ilaria D'Amico e Gigi Buffon come Sandra e Raimondo: "Il mio premio? Lui lo spaccia con i figli come fosse il pallone d'oro"
La scenetta è esilarante, ma lei affonda: “Anche perché così lo può spacciare con i suoi figli come se fosse proprio il pallone d’oro
Bastano cinque minuti con Ilaria D’Amico per essere completamente conquistati da simpatia, gentilezza, umanità e professionalità. Anche ironia e autoironia, che poi è la chiave di tutto. E la puntata del Gialappa’s Show di cui è protagonista questa settimana è quasi la dimostrazione plastica, in carne ed etere, di tutto quello che vi ho raccontato fino ad ora. Avrebbe potuto stupirci con effetti speciali e invece arriva a Portofino, al Castello Brown, dove è fra i premiati della prima edizione del premio intitolato a Gianni Di Marzio, istituito da Telenord e voluto dal suo pirotecnico direttore Giampiero Timossi e dall’editore Massimiliano Monti - con una t-shirt bianca sotto la giacca e i jeans, ma riesce ad essere comunque una delle più eleganti della serata.
La complicità di coppia
Soprattutto, la coppia con Gigi Buffon è straordinaria: ridono, scherzano, sono complici e affiatati, ma soprattutto Gigi ha la grande capacità e sensibilità di stare un passo indietro nella serata in cui ad essere premiata è lei.
Quella curiosità morbosa che non passa
Ilaria ricambia con il racconto di un incontro: “Quando è iniziata la nostra storia, essendo personaggi pubblici, sapevamo che saremmo stati al centro di curiosità un po’ morbosa, l’avevamo messo in conto. Quello che non avevamo messo in conto è che la curiosità un po’ morbosa sarebbe andata avanti per tutti questi anni”. Ilaria spiega di non parlare volentieri della sua vita privata e le raccolte dei giornali di tanti anni sono lì a testimoniarlo, ma lei e Gigi sono talmente affiatati che si crea un rapporto che è quasi tipo Sandra e Raimondo.
Il premio da condividere
Il premio di Telenord in ricordo di Di Marzio è una piccola scultura sormontata da un pallone d’oro e Ilaria scherza guardando Gigi: “Lo possiamo mettere in casa al posto del pallone d’oro che lui non ha mai vinto”. La scenetta è esilarante, ma lei affonda: “Anche perché così lo può spacciare con i suoi figli come se fosse proprio il pallone d’oro. A volte anche i premi di consolazione sono importanti per chi li riceve ed hanno un loro perché…”.
Il passaggio dallo scherzo ai discorsi più seri è immediato ed è un ulteriore tassello della bellezza del carattere di Ilaria. Perché è multitasking, capace di avere il registro comico così come quello serissimo, con una naturalezza assoluta: “Quando sono arrivata a Sky, dopo aver condotto “La giostra del gol”, un programma della Rai destinato al pubblico internazionale, in televisione c’era già una notevole quantità di donne che si occupavano di calcio, ma il rapporto fra quelle presenti e quelle parlanti era inversamente proporzionale”. “Ecco, credo che noi – con il gran lavoro di Massimo Corcione prima e di Federico Ferri poi a Sky – abbiamo invertito questa tendenza”.
Di fronte a tre campioni del mondo del 2006 – uno è Gigi, uno è l’allenatore di quella spedizione Marcello Lippi e l’altro l’allenatore del Genoa Alberto Gilardino – Ilaria racconta la sua vita in redazione con cui è nato il “Modello Sky”: “Decidemmo di coprire tutto, ma proprio tutto di quei mondiali e il nostro obiettivo era quello di aprire e chiudere rispettivamente un minuto prima e un minuto dopo la Rai, così da non lasciare mai scoperto nemmeno un minuto. Il punto è che le nostre forze sul campo, in studio e nelle varie sedi del mondiale tedesco, erano tipo uno a dieci rispetto alla Rai. E così con Giorgio Porrà e Alessandro Bonan eravamo praticamente sempre in video”. Nuova risata, per far capire che i turni non erano divisi esattamente per tre: “Anzi, non so come, io restavo in diretta in video anche dodici, tredici ore al giorno….”. Sono rimasti leggendari alcuni scontri di Ilaria con protagonisti del mondo del calcio, un mondo molto maschile, soprattutto presidenti e allenatori nel dopo partita. Ed è quindi l’occasione di fare insieme a lei una sorta di lectio magistralis nell’arte di come si fanno le domande: “Ovviamente, vanno fatte, anche quelle che possono essere scomode, perché altrimenti non si capisce bene cosa ci stiamo a fare lì”. Ma c’è anche il rovescio della medaglia e Ilaria D’Amico non sopporta nemmeno coloro che fanno domande polemiche a prescindere: “Si corre il rischio di porsi come protagonisti, mentre ovviamente il protagonista è l’intervistato”. Certo, rispetto a qualche anno fa, c’è più rispetto dei ruoli. Anche di quello della donna nel mondo del calcio: “E’ passato un certo calcio e una certa generazione che ci trattava con sufficienza, ma al tempo stesso credo sia decisivo anche che i legami fra chi fa le domande e chi deve rispondere non siano troppo stretti, ma ovviamente allo stesso modo nemmeno che ci sia inimicizia”. Insomma, il concetto è quello della giusta distanza, “che permette al tuo interlocutore di riconoscere anche la professionalità di chi ha davanti” e quindi “di affrontare le sfide con passione, per quello che è il lavoro più bello del mondo”.
Accanto a Ilaria c’è Federico Buffa, che definisce il suo italiano “aulico, con un numero di vocaboli impressionante, molto più alto di quelli che abbiamo normalmente” e tutto questo, ovviamente, va anche oltre i momenti ufficiali. Ilaria ha l’orgoglio della maglietta – non solo la sua t-shirt, ma proprio quella di Sky – ed è legatissima al mondo italiano nato con Rupert Murdoch e Tom Mockridge, l’uomo che portò la tivù satellitare in Italia, e ricorda ancora i tempi epici della fusione fra Stream e Tele+, con l’interazione fra due squadre.
Ma, soprattutto, ha la capacità di rendere omaggio a tutti coloro che le hanno dato qualcosa, che solo i grandi hanno. E così, detto di Corcione e Ferri, ricorda le grandissime intuizioni di Andrea Scrosati, oggi direttore operativo di Fremantle, il più grande dirigente televisivo italiano, oltre che persona umanamente straordinaria, che fu colui che ebbe l’intuizione di far diventare Sky una rete anche generalista, da Fiorello in giù. E ricorda quando nacque “Tango”, l’approfondimento con Giuseppe Cruciani: “All’inizio avevo molti dubbi, perché lui è stilisticamente molto diverso da me e non credevo fossimo compatibili. Poi, invece, lui ha avuto la sensibilità di fare poco “il Cruciani”, forse fin troppa, anche trattenendosi, e quindi è andato tutto bene”.
Soprattutto, Ilaria D’Amico è una donna che sta nel mondo e per il mondo, non nei salotti. Quando Manuela Litro - splendida creatrice di un progetto che ha avvicinato alla musica, con un metodo semplice e di origine venezuelana, portato in Italia da Claudio Abbado, i bambini delle periferie romane o quelli delle 72 diverse etnie della scuola di piazza Vittorio – le racconta tutto questo, gli occhi di Ilaria si illuminano.
Chi si somiglia si piglia.
E, se possibile, la magia di Portofino questa sera è ancora più forte, unica.