Fabrizio De Andrè: "Quando i sequestratori concessero a me e a Dori di fare l'amore nella tenda"
Per il venticinquesimo anniversario della morte di Faber, rievochiamo la sua storia di cantautore e di uomo a partire da quando si ammalò del "mal dei sardi"
Per raccontare questa storia, che pure finisce a Milano, dove Fabrizio De Andrè è morto 25 anni fa, occorre obbligatoriamente passare per due luoghi dell’anima. Uno è Genova, anzi i caruggi di Genova, dove Fabrizio ha vissuto e dove è nata e cresciuta la sua poetica.
La sua amata Sardegna
L’altro è la Sardegna, in particolare la Gallura, amata da Fabrizio fin da quando ci arrivò la prima volta nell'estate del 1968. Il suo luogo del cuore era Portobello, lontano dai villoni della Costa Smeralda, quasi un buon retiro, E proprio lì Faber si ammalò del "mal dei sardi", una sorta di attrazione irresistibile, contro la quale non c’era nulla da fare, se non assecondarla. Un po’ come se fosse una versione nostrana del mal d’Africa.
Così nel 1976 Fabrizio e Dori Ghezzi abbandonarono Genova, che riconoscevano sempre meno, e si trasferirono nella zona agricola di Tempio Pausania dove acquistarono 51 ettari di terra divisi in tre appezzamenti, dove si dedicarono all’agricoltura, all’allevamento e infine anche all’agriturismo.
Lavorare la terra con le mani
Sono realizzate qui le immagini del pranzo di famiglia che scorrono ancor oggi nei documentari su De Andrè, che raccontò «lì ho speso tutti i soldi che sono riuscito a risparmiare, una terra che lavoro anche con le mie mani e un giorno lascerò ai miei figli, perché non avranno molto dai diritti d’autore delle canzoni del padre. Anche se qui la terra non rende, costa tanta fatica ed è difficile far crescere l’erba, devi concimare in continuazione per correggerne l’acidità. Dal punto di vista economico è proprio un fallimento, ma ci guadagni tanto in salute e serenità. Questo luogo è una magia, dà tanta gioia per l’anima, anche quando torni a casa distrutto dalla stanchezza. Ti appaga e non lascia spazio alle inquietudini. Vivere questa dimensione è il modo più semplice, ma anche il più profondo di vivere questa terra».
Foto Fondazione De Andrè e Archivio Leoni
E quel mal di Sardegna non venne mai meno nemmeno durante il rapimento e la prigionia sulle montagne di Pattada, quando lui e Dori furono prigionieri dell’Anonima sequestri dal 27 agosto al 21 dicembre del 1979.
Il sequestro
Si è parlato molto di una sorta di “sindrome di Stoccolma” fra rapiti e rapitori e il racconto che forse fa capire meglio il clima che si instaurò a un certo punto è quello che ci fa Paolo Zerbini, storico giornalista Rai, oggi a Telenord, che è il numero uno nel raccontare storie a Genova, con un tocco di umanità e sensibilità unica.
“Allora – ci racconta Zerbini, che fu il primo ad intervistare Fabrizio dopo il rapimento – lavoravo all’”Occhio”, il tentativo di realizzare un vero quotidiano popolare da parte della Rizzoli, con titoli forti e tanta cronaca e il direttore, che era Maurizio Costanzo, mandò me “vai tu che sei di Genova”. Il titolo che ne uscì fu “Sotto la tenda facevamo l’amore” e fu proprio ciò che mi raccontarono, cioè che dopo un mese dal rapimento concessero loro di far l’amore nella tenda in cui erano prigionieri. E vennero fuori altri particolari, come la possibilità concessa a Dori di andare a lavarsi al torrente ogni volta che le venivano le mestruazioni”.
Il riscatto
Nel racconto di Zerbini ci sono anche i particolari sul riscatto: il papà di Fabrizio, Giuseppe De Andrè, era uno degli uomini più ricchi di Genova, suo fratello Mauro uno dei migliori avvocati, che poi divenne l’anima legale del gruppo Ferruzzi, tanto che andando a Ravenna ci sono piazze e anche il Palasport al centro del Ravenna Festival di Riccardo Muti e sua moglie Cristina Mazzavillani, dedicati a Mauro De Andrè. Ed entrambi sono sepolti al cimitero monumentale di Staglieno insieme a Fabrizio.
Papà Giuseppe era il presidente degli zuccherifici Eridania, i più importanti d’Italia, vicesindaco di Genova e “inventore” della Fiera di Genova, che ospitava fra l’altro anche lo storico Salone Nautico, e pagò un riscatto di 550 milioni di lire, altissimo, anche se la richiesta iniziale era di due miliardi dell’epoca.
“Quando Fabrizio venne liberato – racconta ancora Zerbini – volle in qualche modo contribuire al pagamento e decise che i diritti d’autore della canzone “Hotel Supramonte”, quella dedicata al rapimento, sarebbero stati interamente devoluti a suo padre”.
E fin qui c’è la Sardegna, poi c’è Genova
A partire dal Genoa, i cui tifosi gli hanno dedicato uno struggente ricordo sabato nella partita con il Torino. Fabrizio, anche quando era in giro in tour, come prima cosa chiedeva “Cosa ha fatto il Genoa?” e raccontò: “Ho una malattia, si chiama Genoa”, confidando “Al Genoa avrei scritto una canzone d’amore, ma sono troppo coinvolto”.
Perché per raccontare questa storia ci sono suggestioni legate al calendario, alla vista, all’udito, alla gioia di camminare per Genova in questi giorni e in queste ore, attraversando i vicoli avvolti dalla musica di Fabrizio De Andrè, quasi una carezza e soprattutto perfetta per attraversare il centro storico più grande d’Europa, quasi senza soluzione di continuità fra ciò che ti scorre sotto i piedi, ciò che ti entra nelle orecchie ed atmosfere che ti avvolgono completamente.
E allora andiamo per ordine, partendo da due date perché, a volte, il calendario racconta storie e arte, semplicemente con la coincidenza di date e ricorrenze.
E così partiamo dalla prima data, perché a Genova il dolore fresco è quello per la morte di Gian Franco Reverberi, scomparso l’8 gennaio 2024 e soprattutto uno degli autori più prolifici della musica italiana, che scrisse la musica per centinaia di canzoni storiche della musica italiana, da “Ciao ti dirò” di Adriano Celentano e Giorgio Gaber a molte de “I due Corsari” dove Gaber era insieme a Enzo Jannacci, a musica con e per Gino Paoli, Ornella Vanoni, Luigi Tenco, Mina, Joe Sentieri, Piero Ciampi, Bruno Lauzi, Natalino Otto, Michele, Sergio Endrigo, Bobby Solo, Neil Sedaka, Sandie Show, Lucio Dalla (fra le altre la splendida “Il cielo”), e poi con Mogol “La prima cosa bella” di Nicola Di Bari, I Ricchi e Poveri e tantissimi altri.
Per la precisione sono 1456 i brani registrati a suo nome alla Siae, con anche la capacità di capire le nuove tendenze, compreso il rap, e non è un caso che accettò di buon grado, come Ivano Fossati e tanti altri di essere fra i testimoni, più che testimonial, del bellissimo docufilm di Claudio Cabona su “La Nuova scuola genovese” dove, per l’appunto, si raccontava il punto di congiunzione fra il passato e il presente e il futuro, con Gino Paoli e Tedua in un ottimo duetto.
Insieme a loro, in quel film, ci sono Cristiano De Andrè con Bresh e Dori Ghezzi con Izi. E non è un caso, perché proprio Dori racconta come Fabrizio avrebbe compreso e ascoltato gli artisti di oggi. E non è un caso che proprio la “Via del Campo” di Madame proprio con Izi sia stato il punto più alto della serata delle cover dello scorso anno a Sanremo.
Gian Franco era fratello di Gian Piero Reverberi, che – prima di creare i Rondò Veneziano – con Fabrizio scrisse “Ave Maria”, “Bocca di Rosa”, tutti e sette i brani dell’album “La buona novella”.
E qui arriviamo al cerchio che si chiude e alla seconda data, quella della morte di Fabrizio, l’11 gennaio 1999, a Milano.
In una storia che si rincorre e in cui i protagonisti incrociano le loro vite e le loro storie musicali e quindi torniamo a Gian Franco Reverberi, il fratello che, come abbiamo detto, è quello che ha lavorato meno con Fabrizio. Ma il suo ultimo incarico alla Ricordi gli consentì di invitare a Milano i suoi compagni ed amici della Foce, ricordati ancor oggi dalle targhette sulle panchine che frequentavano nel controviale di via Cecchi: De Andrè, per l’appunto, ma anche Luigi Tenco, Gino Paoli, Piero Ciampi, Ricky Gianco, Bruno Lauzi e Michele, aiutandoli ad ottenere contratti discografici e scritture.
Ecco, questa storia, comprendere il clima che si respirava a Genova in quegli anni e continuare a respirarlo ora, aiuta a comprendere ciò che sta succedendo in questi giorni.
Per il venticinquesimo anniversario della morte di Faber, la Fondazione De Andrè, di cui Dori è cuore e anima, ha deciso di ripubblicare in ordine cronologico tutti i vinili della storia discografica di Fabrizio, con un progetto che durerà tutto l’anno e si articolerà in una serie di iniziative dal titolo “Way Point. Da dove venite…Dove andate?”.
Intanto, in via Garibaldi, la strada patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, di una bellezza unica e straniante, su cui si affacciano i palazzi dei Rolli, i primi alberghi diffusi del mondo, il sindaco di Genova Marco Bucci ha deciso che venissero diffusi i più grandi successi di De Andrè, un po’ come avviene nel centro di Bologna con Lucio Dalla, con le orecchie accarezzate dai classici da “Crêuza de mä” a “Bocca di Rosa”, da “La Città vecchia” a “La guerra di Piero”, da “Andrea” a “Il pescatore” per finire con “Via del campo”.
E non è un caso che lo storico dell’arte Giacomo Montanari, anima dei Rolli Days, fenomeno culturale non solo genovese, ma italiano, abbia dedicato l’edizione che verrà proprio a De Andrè.
E il consiglio comunale di Genova ha appena approvato una mozione in cui si decide di approntare un percorso dal titolo “Genova attraverso De Andrè” attraverso il quale raccontare la città e la poesia di Fabrizio con scritti, musica e targhe “ambientate” nei luoghi in cui e per cui furono scritte.
E da quattro giorni sulla facciata del palazzo della Regione c’è un omaggio luminoso e musicale per ricordare la vita e la produzione artistica di Fabrizio con un video tributo e una selezione di immagini e frasi tratte dalle più celebri opere del cantautore: “Crêuza de mä”, “Bocca di rosa, “Il pescatore”, “Via del campo”, “La Canzone di Marinella”, “Amore che vieni, amore che vai”, “Volta la carta “La guerra di Piero” e “Anime salve”.
Ed è solo l’anticipo di un mega concerto tributo che si svolgerà il 10 giugno a Genova, organizzato da Regione Liguria e Comune di Genova con Assoconcerti, Friends and partners, il ministero della Cultura per cui se ne sta occupando il sottosegretario Gian Marco Mazzi, appositamente delegato dal ministro Gennaro Sangiuliano, con la deputata Ilaria Cavo e la delegata alle politiche culturali di Regione Liguria Jessica Nicolini come ufficiali di collegamento, la Fondazione De Andrè e Dori Ghezzi.
I particolari che filtrano sono ancora pochissimi, ma il presidente della Regione Giovanni Toti parla di una “location sorprendente” e Dori assicura: “Il viaggio continua e continuerà sempre insieme a Fabrizio e ci riserverà ancora molte emozioni ed esempi da seguire”.