Ezio Greggio: "I 39 anni di differenza con la mia fidanzata Romina? Ecco perché siamo coetanei"
Circondato da centinaia di fans, il conduttore di "Striscia" è costretto a fare l'intervista in piedi su una sedia. Parla d'amore e di amici e svela: "Perché non ho mai fatto televendite"
L’appuntamento è in una libreria di Genova dove Ezio Greggio presenta il suo libro “N°1 – Una vita di avventure, incontri, scherzi e risate” e le sale della libreria sono talmente gremite di fans, arrivati anche da centinaia di chilometri di distanza, che per intervistarlo dobbiamo salire entrambi in piedi sulle sedie. E ovviamente anche in questa situazione, a parità di sedia, Ezio Greggio è molto più alto e magro.
Greggio, in questo libro lei racconta trent’anni di successi ininterrotti…
“Mi scusi, ma in verità sono quaranta. Con Drive In abbiamo iniziato nel 1983…”.
Quaranta, aggiudicato. Come si fa ad avere successo per quarant’anni di fila?
“Restando se stessi, essendo credibili agli occhi dei telespettatori. Le racconto una cosa: ho sempre lavorato a Mediaset dove mi trovo benissimo, ma credo di essere uno dei pochissimi volti di Mediaset a non aver mai accettato di fare una televendita”.
Cioè quelli che le hanno fatte sono figli di un Dio artistico minore?
“No, tutt’altro. Semplicemente, hanno fatto scelte diverse dalle mie: ad esempio, mi ricordo Mike quando andava in cima al Cervino a pubblicizzare la grappa. Poi scendeva e ci diceva: “Faceva freddo, sapete? Ma poi la grappa l’ho bevuta davvero…”.
Con Drive In e poi con Striscia la Notizia, la squadra di Antonio Ricci ha rivoluzionato la televisione, con un ritmo sconosciuto precedentemente. Ma non pensa che ormai quel modello sia passato e che il ritmo non sia più lo stesso?
“No, non lo penso, non sono d’accordo. Anzi, vedendo le puntate di Striscia che vanno in onda oggi ci trovo lo stesso ritmo se non di più. Siamo stati degli innovatori del linguaggio televisivo, dando voce a chi non l’aveva e raccontando cose che gli altri non raccontavano, ma continuiamo ad esserlo, anche oggi, dopo quarant’anni”.
Ci racconti un po’ i suoi compagni di strada.
“Se mi permette vorrei iniziare con Gianfranco D’Angelo, mio sodale a Striscia e a Drive In, una persona straordinaria, artisticamente e umanamente”.
Il mio preferito è Giorgio Faletti, non ho mai conosciuto una persona più multitasking di lui. Andava a Sanremo e vinceva il premio della critica con “Signor tenente”, faceva quadri e organizzavano mostre, ha scritto “Io uccido” ed è stato lo scrittore italiano più venduto, ha scritto canzoni per Angelo Branduardi ed è stato segnalato fra i migliori autori…
“Era così, Giorgio, curioso di tutto, sorprendeva anche noi ogni volta, trascinandoci in territori che magari conoscevamo meno”.
Il libro più famoso di Faletti, “Io uccido”, è ambientato a Montecarlo, dove lei ha scelto di vivere da trent’anni ormai. Come si sta nel Principato di Monaco?
“Mi trovo benissimo e sono felice che il principe Alberto approvi e sostenga iniziative come il Festival del Cinema, dedicato alla commedia e con accesso totalmente gratuito in sala. O che, insieme, abbiamo visitato borghi liguri come Dolceacqua”.
Visto che siamo in tema di Liguria, a Genova nella vostra squadra c’era anche Giorgio Pistarino…
“Un grandissimo amico, con cui era un piacere lavorare”.
…E Enzo Braschi, il paninaro.
“Un grandissimo. Ricordo un giorno che io dovevo fare uno spettacolo nell’estremo ponente ligure e Enzo mi disse: dai vengo con te. Nel corso del viaggio in autostrada, fermandomi in autogrill, io lessi sul giornale locale che lui quella sera aveva in programma uno spettacolo a Genova, ma ormai eravamo troppo avanti con la strada e non glielo dissi. Quando arrivammo sul palco, solo a quel punto, ridendo gli dissi: “Ma perché stasera non sei al tuo spettacolo a Genova?”. E lui, serafico: “No quello è domani…”. A quel punto tirai fuori il giornale ed emerse la drammatica verità, drammatica per lui. Infatti, ci restò malissimo, soprattutto per il cachet perso. A Genova non è poco…”.
A proposito di soldi, lei si è sempre segnalato per fare beneficenza e probabilmente è al primo posto nelle raccolte.
“Guardi, è la cosa di cui sono più felice della mia carriera. Per me Genova significa Gaslini, così come altre città mi ricordano i rispettivi ospedali pediatrici. Qualche giorno fa un medico mi diceva che, grazie alle nostre raccolte, si sono salvati 18mila bambini con le incubatrici. Fosse anche solo per questo ne sarebbe valsa la pena e ci sono persone che mi portano le foto dei figli che non sarebbero mai sopravvissuti senza questo impegno”.
Nel tempo, invece, è andato un po’ scemando il suo impegno cinematografico. Ricordo i film campioni di incassi, la saga di “Yuppies”. Come mai ha un po’ mollato il cinema?
“Sa che in verità non è proprio così? E’ cambiato il modo di fruizione in molti casi. Ad esempio “Lockdown all’italiana”, l’ultimo film, sta avendo un grande successo negli streaming e sulle varie piattaforme e in tivù ha vinto la prima serata. Pensi che, quando uscì, bastò il titolo per scatenare le polemiche, ma in realtà, nella sceneggiatura ci sono molti elementi di riflessione su quel periodo e anche un tocco di dolcezza. Spesso chi critica non sa di cosa parla”.
A proposito di critiche, lei è attivissimo sui social. L’ultimo suo passaggio è sulla Juventus e sulla sua penalizzazione. Ma chi glielo fa fare?
“Io sono un tifoso juventino sfegatato e già in passato siamo stati puniti ingiustamente per comportamenti tenuti anche da altri. Ho ritenuto doveroso intervenire e dire la mia, anche in modo secco e duro, come si conviene ai social”.
Ma dove si è superato è stato nella difesa della sua giovane fidanzata Romina Pierdomenico, attaccata dagli haters per i 39 anni di differenza fra voi.
“Innanzitutto, diciamo subito una cosa. Romina non ha alcun bisogno di essere difesa da me, perché si difende benissimo da sola. E ascoltarla su Radio 105 nel suo programma o vederla in televisione fa capire le sue qualità artistiche, del tutto autonome da quelle mie”.
Però, la differenza d’età c’è. Lo dice la carta di identità.
“E’ vero. Ma, vede, io sono un ragazzino, soprattutto nella testa, se non proprio nel corpo. E Romina è molto più matura della sua età anagrafica. Quindi, fondamentalmente, siamo quasi coetanei”.
Detto tutto questo, perché risponde agli haters? Non vale la pena di lasciarli nell’anonimato?
“Non penso che sia giusto che ognuno possa insultare liberamente gli altri sui social. Anche perché, quando poi vai a vedere chi sono questi che insultano, generalmente è gente che ha fatto uno o due tweet in vita sua, che ha tre collegamenti, sfigati assoluti. A quel punto, quando insultano Romina o me, non vado per il sottile, li insulto anche io perché non meritano altro e poi li blocco. E’ un metodo infallibile per togliersi di torno gente che vive solo di invidia”.