Tilda Swinton chiede a Julianne Moore di accompagnarla nella morte: Almodovar ci colpisce al cuore e prenota il Leone d’oro

Non importa l’eta, l’ambientazione, i temi: c’e sempre un dettaglio, una sfumatura, un rimando che, oltremodo anche nella moda, si e ispirato a lui in termini di suggestioni. Sguardi, combinazioni, di colori, tessuti, di stampe, di visioni, che parlano di sfide azzardate e non sempre convenzionali. Almodovar, di fatto, è un linguaggio a 360°

di Andrea Giordano

A Pedro Almodovar, il grande regista spagnolo, Oscar peraltro la miglior sceneggiatura non originale per Parla con lei, è impossibile “controllare” l’immaginazione e l’ispirazione, il desiderio (non è caso la sua società di produzione si chiama così, Deseo) di esplorare le relazioni, ciò che le tiene unite, ma anche le contraddizioni, le donne. Fin dagli inizi di carriera ha sviluppato una forma di attrazione e fascino riguardo ai personaggi, uomini, figure femminili (soprattutto), innescare una sorta di connessione tra cio che sentono, indossano, trasmettono, e quello che portano in scena. Non importa l’eta, l’ambientazione, i temi: c’e sempre un dettaglio, una sfumatura, un rimando che, oltremodo anche nella moda, si e ispirato a lui in termini di suggestioni. Sguardi, combinazioni, di colori, tessuti, di stampe, di visioni, che parlano di sfide azzardate e non sempre convenzionali. Almodovar, di fatto, è un linguaggio a 360° che, col suo cinema (da Kika a Dolor y gloria), ha seminato spunti, idee, look, sfide personali e coraggiose.

Ora Almodóvar, dopo tutta un’esistenza professionale passata a narrare in spagnolo, decide di avventurarsi nel suo primo film recitato completamente in inglese, The Room Next Door (La stanza accanto), in concorso al Festival di Venezia 2024.

Grande attesa nel vedere questo “debutto” fin dalla proiezione del mattino, quella in teoria riservata a stampa e addetti ai lavori, nel quale, compare, mimetizzato, anche Luca Guadagnino, che proprio domani presenterà Queer. Un attestato di stima e affetto, e che mostra, ancora una volta, come il Cinema di certi autori sappia provocare. Tra (fine)vita e volontà di lasciare il segno Questa volta al centro ci sono ancora due donne, e che attrici, Tilda Swinton e Julianne Moore, già in odore di un possibile doppio riconoscimento.

Protagoniste di una storia d’amicizia e riconciliazione, in cui una (la Moore) lavora come scrittrice di romanzi semi-autobiografici mentre l’altra (la Swinton) è ex una reporter di guerra, malata terminale, ricoverata in ospedale per la chemioterapia, e le cui prospettive di sopravvivenza sono più che mai flebili e insperate. Nel rivedersi affiorano così memorie, e gradualmente una forma d’amore, ed empatia, che le portano ad una decisione condivisa, sofferta, ma appunto frutto di un rapporto ritrovato. Ingrid vuole morire, ha già pensato a tutto, prenderà la pastiglia che la farà smettere con la vita, darà il via al processo di (auto)eutanasia. Ma al suo fianco vuole l’amica da avere nella stanza accanto (ecco il titolo) nella settimana precedente, in modo da non essere sola in questo passaggio. Lei, seppur restia, accetta, dando senso a quella simbiosi fatta di empatia e condivisione. “Per me è come cominciare una nuova era”, ha detto il regista. “Era il veicolo giusto, questo fin dalle pagine del libro da cui abbiamo tratto la storia (What Are You Going Through di Sigrid Nunez, ndr). Un libro adattabile, nel quale sono rimasto legato ad un capitolo in particolare. Le donne che qui racconto, nonostante siano di New York, fanno parte di generazione che conosco bene, quella della metà anni 80. Il film non è una analisi della società americana, ma su come trattare alcune situazioni.

Tilda e Julianne hanno capito esattamente il tono con cui volevo narrare, più contenuto e direzione, non melodrammatico. Il bello è vederle insieme”. “È difficile parlare della morte. Io sono nato a La Mancha, e lì c’è una grande cultura sul tema, è una cultura femminile, che mia sorella conosce molto bene. Io sono come il personaggio che interpreta Julianne Moore, non comprendo, come qualcosa vivo, debba morire, sono infantile, immaturo nella sua percezione. Oggi viviamo la guerra, le tante notizie e ancora non ho compreso davvero. Non sento l’età che ho (75 anni, ndr), ma ogni giorno che passa è uno in meno da vivere, io invece ho vorrei poterne sentire di più. In Spagna c’è una legge che, tramite il proprio medico, lascia di decidere cosa fare della propria esistenza, se non ci sono le condizioni, dovrebbe essere normale anche in altri paesi” .

Un film contro l’odio

Il film è mia la risposta a quello che in Spagna, e altrove, sono i discorsi d’odio, contro chi prova entrare nei nostri paesi, il tema dell’immigrazione, e poi viene respinto Il mondo è un luogo già complesso e pieno di pericoli, pensiamo al cambiamento climatico. Questa storia parla di una donna che è agonizzante, in un mondo che è a sua volta agonizzante. Cosa dobbiamo fare? Dire basta ai negazionisti, e capire che la felicità è il miglior modo per resistere”.