Daniel Craig fa a pezzi il mito di 007: dipendenze, sesso gay e scene spinte in "Queer"
Luca Guadagnino è un temerario, il suo cinema divide e ha successo. E ora ci regale un Craig da premio, malinconico e tormentato che distrugge il mito della mascolinità che gli era stato cucito addosso
Una storia d’amore più grande degli imperi. Luca Guadagnino è un temerario, nel senso buono, del cinema contemporaneo, ama, quasi gode, a fare ciò che altri non oserebbero provare. Il suo cinema divide, e lui ha successo. Non da meno è la sua sfida-ossessione prendono (finalmente) forma,nel suo ultimo film, Queer, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, e prossimamente in uscita, distribuito da Lucky Red.
Il romanzo autobiografico di William Burroughs
A ispirarlo è uno dei romanzi brevi (autobiografici) di William S. Burroughs, tra i suoi autori preferiti, che in italiano si traduce con “Diverso” o “Checca”, scritto tra il 1951 e il 1953, ma pubblicato solo nel 1985, e che qui riadatta con ulteriore originalità. Ambientato tra Città del Messico, qui ricostruita splendidamente nelle strade, angoli, palazzi, negli studi di Cinecittà a Roma, e il Sud America, la storia narra di William Lee, un uomo di mezza età, affascinante, apparentemente sicuro di sé, che iniziamo a conoscere fin dalle prime scene.
Fumatore, bevitore, in cerca di sesso occasionale
Elegante, fumatore, bevitore, cappello in testa, si barcamena tra i bar in cerca di compagnia maschile, occasionale, di sesso, forse un amore corrisposto. È una creatura silenziosa, solitaria, pochi amici, ma tutti però lo conoscono. Al di là di qualche avventura, le cose cambiano dopo un incontro con un giovane turista americano, Eugene, che sulle prime non lo corrisponde, si nega, per poi invece accettare la proposta di una relazione mercenaria, in cambio di soldi e droga, oppiacei ed eroina, di cui lo stesso Lee fa uso quotidiano. È un rapporto altalenante che scandisce le giornate accaldate, a volte statiche, nelle quali il protagonista cerca (invano, almeno inizialmente) di trovare con lui una sorta di continuità significativa, e romantica, e la condivisione, a non solo fisica.
A caccia di una misteriosa erba
Alla fine la trova, Insieme andranno anche a caccia dello Yage, una sorta di erba, che, si dice, potesse trasmettere poteri di telepatia, ma in fondo rimarrà solo, travolto dai propri ricordi e memorie, siano stati felici o dolorose. Un Daniel Craig (da premio), miracoloso, malinconico e tormentato Per un ruolo come quello di Lee, Guadagnino si gioca un vero asso. Un attore multiforme, diventato suo malgrado l’emblema della mascolinità maschile al cinema grazie nel personaggio James Bond 007, oggi definitivamente abbandonato, e che in questo caso ce lo regala invece completamente trasformato.
Craig: "È stato liberatorio"
Travolto dal racconto, lo vediamo diviso tra scene di sesso (spinte), dipendenze, gli eccessi estremi. “Volevo lavorare con Luca da tempo”, racconta l’attore. “Se non fossi in questo film, e lo avessi guardato, avrei voluto essere io attore, esserlo, sfidarmi. Se riguardo il film penso unicamente alla gioia, non alla sfida, è il tipo di cinema che amo e concepisco, è stato un processo liberatorio, sapevamo fin da subito in che direzione saremmo andati. Ho ri guardato molte interviste di Burroughs: al di là di ciò che poteva trasmettere, parlava modo misurato, ma era parte di lui, era forse una difesa. Leggend Queer, volevo capire chi era lui, qui si parla anche di perdita, solitudine, desiderio”.
Guadagnino: “Leggere quel libro mi ha trasformato”
Luca Guadagnino: "Leggere quel libro mi ha trasformato. L'ho etto a 17 anni. Da ragazzo volevo cambiare il mondo attraverso il cinema. Lessi il titolo, Diverso, questo mi ha innescato un collegamento profondo di quello che è anche l’assenza di giudizio, il romanticismo, le persone che desideriamo. Mi ha trasformato per sempre, per questo volevo essere fedele al passaggio della storia sul grande schermo. Spero che alla fine il pubblico lo capisca, abbia idea del sé, di chi amiamo quando siamo soli, chi stiamo cercando, a prescindere che siamo qui, uomini o donne. È stato viaggio bello e gioioso. Sono un regista pragmatico, che non ama sognare, fa. Pensai, riguardo a Daniel Craig, non accetterà mai, ed invece ci ha detto un sì definitivo, uno degli attori più grandi in circolazione. La sua qualità migliore? La generosità, la capacità di essere mortale, pochi lo sono, nel mostrare ulteriormente le proprie fragilità. Daniel è così. Lee sta sprofondando, sembra annegare, ma poi si collega, cerca l’umanità pure nelle zone più oscure”.