Dalla boss di "Gomorra" alla suora che subisce sessismo negli Usa: il grande salto di Cristiana Dell'Anna
Il ruolo di Patrizia nella serie di Gomorra è stato un punto di svolta per l'attrice napoletana che ora è protagonista negli Usa di "Cabrini", storia vera di una suora discriminata in quanto italiana
Cristiana Dell’Anna sorprende sempre, ha negli occhi l’ambizione buona di chi, sapendo quanta gavetta ha fatto, ancora si stupisce dell’attenzione che le si dedica. Eppure se la merita tutta, glielo diciamo anche a microfoni spenti. Il ruolo di Patrizia nella serie di Gomorra è stato un punto di svolta, cardine, ma ora è passato del tempo, e quello che è arrivato dopo l’ha proiettata ancora più in alto: cinema impegnato, film indipendenti, e ora l’ulteriore asticella superata, arrivare a recitare da protagonista negli Stati Uniti, in una produzione importante, Cabrini (la vedremo a ottobre) interpretando la suora missionaria Francesca Saverio Cabrini, che alla fine del XIX subì a New York resistenze e sessismo, in quanto italiana, un film che negli Stati Uniti le sta regalando successo, attenzione, inviti prestigiosi nei talk, come da Whoopi Goldberg.
Il grande salto negli Usa da protagonista
Un bel momento, che replica al Taormina Film Festival è presente però Tre regole infallibili, la bella opera prima di Marco Gianfreda, girata insieme a Matteo Olivetti, in cui interpreta Claudia, una madre single, il cui figlio adolescente, un po’ problematico, vive i primi turbamenti d’amore ed esistenziali. E così anche lei vive da adulta e donna appunto, nel ritrovare stabilità e amore. Una bella storia, semplice, ma piena di profondità, che un po’ sintetizza le qualità della stessa attrice napoletana. La recitazione come un grande viaggio. “È bello il viaggio, da me a quello che è poi il personaggio”, ci racconta. “C’è sempre un momento in cui, ad un certo punto, è come se attraversassi un ponte. Vado dall’altra parte, vedo me, alle mie spalle, ed effettivamente prende vita chi, o col quale ho interloquito per così tanto, prima di entrare nei suoi panni. Sicuramente c’è sempre un piccolo nodo che mi lega”.
Indagare il femminile
“È una cosa che cerco sempre: ho necessità da qualche parte, anche piccola, che chi interpreto abbia una risonanza nel tempo in cui siamo. Per dire, anche una Luisa De Filippo, che io sono stata felicissima di interpretare (e per cui ha ricevuto la nomination al David di Donatello come miglior attrice non protagonista in Qui rido io di Martone, ndr) rappresenta uno specchio di quello che è stato essere donna. Io mi sono ricordata della mia nonna, come si sacrificava per i figli e i nipoti, questo di riflesso ci racconta qualcosa di oggi. Poi io sono amante della filosofia, leggo continuamente Schopenhauer e Aristotele, sono elementi che amo osservare per capire chi siamo. Insisto sull’essere donna, cosa significa, è sempre stata una grande sfida, a volte un ostacolo. Ricordo da ragazzina che dicevo ai miei “ma perché non mi avete fatto uomo?, perché io non posso accedere o giocare a calcio?. Oggi se ne parla di più, male ancora. Mia mamma mi chiamava Signorina Anch’io, volevo fare tutto anche io, volevo essere autonoma. È quello lo spessore emotivo, il rappresentare deve dirci qualcosa di noi”.
Una carriera da vivere a piccoli chilometri
“Ricordo le parole del mio professore di latino e greco che mi disse alla maturità, ‘ricordati di buttare sempre un sassolino un po’ più avanti’, e poi vedi come andare. La mia carriera è come una maratona. Chi può dirlo. Forse sono arrivata alla fine, forse sono all’inizio, forse è bello non scoprirlo, perché la distanza, così come il tempo, sono come un po’ un inganno. Non so quanto positivo sarebbe sapere di avere un appuntamento, alla fine toglierebbe la magia”.