Carolina Crescentini: “Sono una psicopatica cinefila. All'inizio mamma non faceva il tifo per me”

L'attrice racconta di sé a tutto tondo, dagli esordi nel cinema con i cortometraggi in cui si dava "in pasto", alla serie "Boris" nei panni di Corinna Negri

di Andrea Giordano

Nella serie Boris il suo personaggio, quello di Corinna Negri, era pretestuoso, totalmente incapace di recitare. Un’attrice per nulla a proprio agio e fuori luogo. Ecco, la bravura di Carolina Crescentini si vedeva anche lì, nel mostrarsi inadatta, seppur in un ruolo comico, che però dava ulteriormente forma al suo spessore nella recitazione Ma è il cinema (e il grande schermo) che è diventato per lei il luogo sacro, dove mettersi forse più a nudo, in scena, sperimentare ulteriormente, e questo fin dall’inizio della carriera. Giovanissima, uscita dal Centro Sperimentale di Roma, dopo i lavori con Fausto Brizzi e Silvio Muccino, era già pronta (ventenne) a confrontarsi con altre storie, registi come Giuliano Montaldo, che la volle ne I demoni di San Pietroburgo nei panni di una stenografa ai tempi di Dostoevskij. Era, lo è tutt’oggi, un’interprete curiosa, in grado di prendere il meglio dalle esperienze fatte.
La incontriamo all’ultimo Lucca Film Festival, chiamata a giudicare come presidente del concorso cortometraggi. “Sono molto attratta dalla semplice verità, ma non è facile essere veri davanti a qualcuno che ti spia, ti puoi bloccare”.

Ricordi e consigli

Alcuni studenti la intercettano, chiedono come sia davvero il suo lavoro. “Bisogna studiare tanto, guardare il più possibile film in sala e resistere. Siamo tanti, esiste lo sconosciuto che magari è perfetto e viene preso, in quanto è aderente ad un copione, ma va bene uno o due volte. Il segreto? Rubare con gli occhi. Non sei sola, fai parte di una grande squadra, sei un tassello. Quando facevo i primi cortometraggi, era bello provarci, ci si buttava in pasto, imparavo, conoscevo gente, le cose accadevano poi. Il lavoro chiama lavoro, mamma non faceva il tifo (ride, ndr). Pensare che io volevo fare l’assistente. Mi sono ritrovata sul set e fu una grande palestra”.

Tra cinema e tv

Boris, come detto, è stata una delle migliori produzioni in campo audiovisivo, e lei ne ha fatto parte, anche in un film. Così, recentemente, anche in Tutto chiede salvezza, da poco è uscita la nuova stagione, diretta da Francesco Bruni, su Netflix. “I tempi tv sono micidiali, hai meno tempo per girare, puoi sviluppare i tuoi personaggi” dice, “il cinema dipende dalla produzione. È vero, entro nelle case delle persone, ma mi piacerebbe che venissero anche da me. Io ne vedo tante di serie, sono curiosa, ma poi squilla il telefono o il citofono, metto in pausa. Preferisco il cinema: è l’unico luogo dove anche i timidi ti guardano negli occhi, senti le reazioni degli altri, i respiri, è bello far parte di una comunità. Io sono un po’ una psicopatica cinefila, mi incontro con altri in alcuni piccoli cinema di Roma, mi piace assistere ai dibattiti dopo, tutto è un rito collettivo, ci si perde nella magia e nel buio della sala. Litigare dopo aver visto un film poi è bellissimo, avere un’opinione diversa, ti stimola a livello intellettuale”.

Il pubblico

“Ancora oggi mi piace stare sul set, non sono mai stanca, lì accade qualcosa di particolare. Il rapporto col pubblico? Do confidenza, è bello vedere qualcuno che riflette, si arrabbia, si emoziona, quando ti vede recitare, è una gioia”.