Alain Delon, i due grandi amori della sua vita e "la donna più importante"
Una bellezza animalesca e conturbante e tanti amori. Ma a fare breccia nel suo cuore furono Romy Schneider e Mireille Darc, entrambe morte prematuramente
“Devo tutto alle donne. Faccio il cinema grazie alle donne, recito per loro, dedico i miei film a loro. Per strada a Parigi, quando ero tornato dai tre anni in Indocina, mi sono accorto che non le lasciavo indifferenti. Mi guardavano, mi fermavano. Senza le donne non ci sarebbe Alain Delon”.
Lo ha detto e ripetuto tante volte nella sua vita, forse più lunga di quanto lui stesso avrebbe desiderato, l’attore francese destinato a diventare mito e leggenda. I suoi oltre cento film, quaranta dei quali prodotti da lui stesso, si intersecano e si sovrappongono agli amori veri o presunti che hanno affollato la sua vita da film. Bello come il sole, di una bellezza conturbante e animalesca, inquieta e malinconica, Delon era un predestinato ad affollare i sogni di tante donne, fuori e dentro lo schermo. Gli occhi di un azzurro intenso, il sorriso da canaglia, la faccia d’angelo: film come “La Piscina” ne hanno cristallizzato il fascino irresistibile. E la fama da tombeur de femme, agevolata da una lunga scia di flirt e di avventure amorose che hanno fatto la fortuna della stampa scandalistica per decenni, ha nutrito e ingigantito il suo mito.
L'amore per Romy Schneider
Sono tante le donne che gli sono state accanto, ma le grandi storie d’amore della sua vita, entrambe appassionate e drammatiche per la morte prematura delle due donne, sono state quelle con Romy Schneider e Mireille Darc. L’amore per “la principessa Sissi” con la quale formò “la coppia più bella del mondo” iniziò nel 1958: lei era già famosa ad appena 20 anni, lui era un giovane attore promettente. Il set di “Christine” divenne la culla del loro amore che quasi sei anni più tardi venne interrotto bruscamente da una lettera di lui con la quale le comunicava la rottura. Per la Schneider fu l’inizio della depressione. Quando nel 1982 Romy morirà, un anno dopo la morte del figlio quattordicenne David, Alain scrisse per lei una lettera struggente che qui vale la pena pubblicare perché tanto racconta del loro legame e delle fragilità condivise.
La lettera di addio a Romy, la sua bambolina
Eccola: Ti guardo mentre dormi. Sono accanto a te, sono al tuo letto di morte. Indossi una lunga tunica, nera e rossa, con un ricamo sulla parte superiore. Credo che siano fiori, ma non indugio troppo a osservarli. Ti dico addio, il più lungo di tutti gli addii, bambolina mia. Così ti ho sempre chiamata: bambolina. [...]. Penso anche che è la prima volta in vita mia che ti vedo quieta e serena. Si potrebbe dire che una mano delicata abbia lavato via dal tuo viso paure e dissidi. Ti guardo mentre dormi. Mi dicono che tu sia morta. In che modo ne sono colpevole io? ...Ci si pone sempre questa domanda davanti a qualcuno che si è amato e si ama ancora. Questa emozione ci sommerge, poi torna indietro e alla fine ci si convince che tutto sommato non si è colpevoli. Non colpevoli, ma comunque responsabili. Ecco. Lo sono anch'io. È a causa mia che la notte scorsa il tuo cuore ha cessato di battere. A causa mia, perché 25 anni fa fui scelto per essere il tuo partner in "Christine". Tu arrivavi da Vienna e io ti aspettavo a Parigi con un mazzo di fiori in mano che non sapevo come tenere. Ma i produttori mi avevano detto: "Appena scende dalla passerella, vada da lei e le porga i fiori". Io aspettai con i fiori in mano come un imbecille, in mezzo a un'orda di fotografi. Tu scendesti dall'aeroplano, io mi avvicinai. Dicesti a tua madre: "Deve essere Alain Delon, il mio partner!" Nient'altro, nessun colpo di fulmine a ciel sereno. Così andai a Vienna, dove si girava il film, ed è stato là che mi sono innamorato follemente di te. E tu ti sei innamorata di me. Spesso ci siamo posti a vicenda la tipica domanda degli innamorati: "chi è stato di noi due ad innamorarsi prima, tu o io?".....contavamo: "uno...due...tre..." e rispondevamo " né tu né io.......entrambi..." Mio dio come eravamo giovani e felici! Alla fine del film ti dissi: " vieni con me, andiamo a vivere insieme in Francia" e tu rispondesti subito: "si, voglio vivere con te, in Francia"....[..] Io un francese, che non parlava una parola di tedesco. E tu, bambolina, che non parlavi una parola di francese. All'inizio ci amavamo senza scambiarci una parola. Ci guardavamo e ridevamo. Bambolina.... e io ero "Pepè". Dopo qualche mese io ancora non parlavo tedesco, ma tu parlavi francese così bene che potemmo recitare in teatro. Quella volta il regista fu Visconti. Ci diceva che ci assomigliassimo, che avevamo fra le sopracciglia la stessa "V" che si increspava per la collera, per la paura di vivere, per il terrore. [...]. Adesso non hai più paura. Non stai più in agguato, non sei più preda di cacciatori. La caccia è finita e tu finalmente riposi. [ ..] Come si può spiegare chi eri tu e chi siamo noi, i cosiddetti "attori", come si può far capire che noi, recitando, interpretando, essendo qualcun altro da quello che realmente siamo, impazziamo e ci perdiamo? Come si può far capire la difficoltà, il bisogno di possedere un carattere forte ed equilibrato per riuscire a rimanere in qualche modo in piedi? Ma come possiamo noi, trovare questo equilibrio in questo mondo.....noi, i giocolieri, i clown, i trapezisti da circo ai quali i riflettori indicano la strada dorata? Dicesti una volta " Non so cosa io debba fare nella mia vita, ma in un film sono in grado di fare tutto".... no, gli altri non possono capire. Non possono comprendere che più un attore è grande e più diventa inadatto alla vita. Greta Garbo, Marylin, Rita Hayworth.....e tu.... e mentre tu riposi io urlo e piango, piango accanto a te, piango perché questo lavoro schifoso non è un lavoro per una donna. Ed io tutto questo lo so perché l'uomo che io sono è quello che meglio di ogni altro ti ha conosciuta, quello che meglio di ogni altro ti ha capita. Perchè sono anch'io un attore. Eravamo della stessa razza, bambolina, parlavamo la stessa lingua. Non possono capirci loro, gli "altri" .......gli attori si, gli altri no. E' inspiegabile. E quando si è una donna come te, non possono comprendere che di questo ci si può anche morire. Loro dicono che tu fossi un mito.... si certo, ma il mito non è che una maschera, un riflesso, un ‘pparenza, ma quando viene la sera il mito si dissolve e rimane solo Romy, ancora Romy, soltanto una donna incompresa, maltrattata, maldescritta sulla stampa, indebolita, braccata. E' nella solitudine che svanisce il mito, succede per paura. E più questo assilla la conoscenza, più si diventa succubi della felicità artificiale dell'alcool e dei tranquillanti. Inizia come un'abitudine, poi diventa regola, alla fine è necessità. Il danno è sempre più irreparabile, e il cuore tace consunto perché è troppo stanco per battere. Questo cuore è stato maltrattato, sballottato, questo cuore che apparteneva ad una donna che la sera si metteva a sedere davanti ad un bicchiere..... Si dice che ad averti ucciso sia stata la disperazione dovuta alla morte di David. No, la gente si sbaglia. Non è stato questo ad ucciderti. La morte di David ti ha solo dato il colpo di grazia. E' vero che tu hai detto a Laurent, il tuo ultimo e incantevole compagno, le seguenti parole: "Ho l'impressione di essere giunta alla fine del tunnel", è vero che tu volevi vivere, che tu amavi la vita. [...]. Non sei mai riuscita a capire ne ad accettare il ruolo di personaggio pubblico che tu stessa avevi scelto e che amavi. Eri un personaggio pubblico e le grandi implicazioni di questo non le hai mai comprese. [...] Alla fine ci fu il film "La piscina", ci siamo ritrovati con il fine di lavorare insieme. Venni a prenderti in Germania, conobbi David, tuo figlio. Da quel film in poi tu sei mia sorella, io tuo fratello. Fra di noi tutto era chiaro, schietto. Nessun'altra passione. La nostra amicizia risiedeva nel sangue, nella somiglianza e nelle parole. [...] Fino alla morte di David c'era il lavoro a tenerti la testa fuori dall'acqua, poi David se ne è andato e il lavoro non ti è stato più sufficiente. Non mi ha stupito affatto la triste notizia che anche tu ci avevi lasciato. Di cosa avrei dovuto stupirmi? Del tuo non-suicidio, forse. Ma non del tuo cuore distrutto. Mi sono detto: "Eccola, la fine del tunnel!". [...] Ti guardo mentre dormi. Sono di nuovo solo. Mi dico: tu mi hai amato. io ti ho amata. Io ho fatto di te una francese, una star francese. Si, è per questo che mi sento responsabile. E questa terra che tu hai amato per causa mia, è diventata anche la tua patria. La Francia. Wolfie ha deciso, e anche Laurent ne ha espresso il desiderio, che tu rimanga qui per sempre in suolo francese. A Boissy. Là, dove fra un paio di giorni verrai raggiunta da tuo figlio David. In un piccolo luogo dove hai appena ricevuto le chiavi per la tua casa. Là volevi vivere, vicino a Laurent, vicino a Sarah. Là dormirai per sempre. In Francia. Vicino a noi, vicino a me. Del tuo viaggio fino a Boissy me ne sono occupato io, così da alleggerire Laurent e la tua famiglia. Ma non sarò presente né in chiesa né alla tomba. [...] Perdonami. Verrò il giorno successivo e staremo da soli. [...] Riposa in pace. Io ci sono. Da te ho imparato un po' di tedesco. Le parole:" ich liebe dich". Ti amo, ti amo, bambolina mia. Alain”.
La moglie Nathalie e l'amore per Mireille Darc
Nel 1962 Alain incontrò Francine Canovas, l'unica donna che sposò nella sua vita, la futura Nathalie Delon. Dalla loro unione nacque il figlio Anthony Delon nel 1964. La coppia divorziò nel 1968. Ma ancora una volta, un incontro improvviso stava per capovolgere tutto: quello dell'attrice Mireille Darc. Delon, colpito dalla bellezza e dal talento dell'attrice, le diede un ruolo nel film "Addio Jeff" (1969). La loro storia d'amore è durata quindici anni. E nel 2018, un Delon ormai in là con gli anni, ospite a Milano a “Che tempo che fa” confesserà a Fabio Fazio che “Mireille Darc è stato il grande amore della mia vita”.
Gli altri due figli
Nel 1987 Delon incontrò Rosalie van Breemen, una modella olandese di 21 anni, sul set del suo video musicale "Comme au cinéma". Dalla loro unione è nata l'amatissima figlia, Anouchka, nel 1990, la preferita, e Alain-Fabien Delon, nel 1994. Ma anche la storia d'amore tra con Rosalie è destinata a finire: si dicono addio nel 2001. Infine incontrerà Hiromi Rollin, la donna di origini giapponesi che nel 2023 ha dichiarato di aver vissuto con lui una "relazione d'amore che dura da trentatré anni", versione contestata duramente dai figli dell'attore che hanno parlato di lei come una dama di compagnia se non proprio di una badante. Le cronache rosa hanno riportato nel corso del tempo molti altri dettagli sulla vita amorosa di Alain.
Il figlio non riconosciuto e la mamma mai dimenticata
Nel 1962 si raccontò di un flirt con la cantante Nico, musa dei Velvet Underground, da cui nacque Christian Aaron Boulogne, che venne adottato dalla madre di Delon, ma mai riconosciuto dall'attore come figlio. Negli anni sessanta ci fu anche una storia con la cantante italofrancese Dalida; in seguito i due resteranno ottimi amici e incideranno nel 1973 il brano "Paroles paroles", adattamento della canzone "Parole parole" interpretata da Mina e Alberto Lupo. Delon dirà di "avere amato terribilmente questa donna". Tra il 1968 e il '69 avrebbe avuto un flirt con l'attrice Marisa Mell, mentre durante gli ultimi anni di relazione con Mirelle Darc, avrebbe avuto storie con le attrici Veronique Jannot, Sylvia Kristel, Sydne Rome e Dalila Di Lazzaro. E poi ancora le storie con Anne Parillaud, e a Catherine Pironi. Una girandola di donne e una certezza: “Devo tutto a mia madre. È lei che mi ha insegnato tutto. A lei devo anche la mia bellezza. Ci somigliamo molto”. Una madre però dalla quale si separò poco più che bambino, sentendosi quasi un intruso nella sua nuova vita accanto a un uomo che non era suo padre. L'inizio di una vita tormentata nascosta da una bellezza abbagliante.