Per rinascere dobbiamo sviluppare l’antifragilità
La chiave per superare l'incertezza di questi tempi potrebbe essere l’antifragilità.
E se dietro le incertezze che ci angosciano si nascondessero delle belle opportunità? E se i difetti che cerchiamo di nascondere con tutte le forze fossero invece le caratteristiche che ci permettono di diventare migliori? Per scoprirlo, basterebbe uscire dalla nostra comfort zone, metterci in gioco ed esplorare nuovi mondi, senza aver paura di fallire. Imparando a sviluppare l'antifragilità.
Cos'è l'antifragilità?
Il primo a definirla è stato il filosofo libanese Nassim Nicholas Taleb nel 2012, parlando della possibilità di trarre vantaggio da ciò che definisce cigno nero. Cioè un evento negativo di grandi proporzioni che colpisce un individuo o una comunità e che è capace di stravolgere tutto, portando alla luce i lati più fragili. Proprio come la pandemia che stiamo vivendo. Ma anche una malattia o la morte di una persona cara.
Non va confusa con la resilienza.
Mentre il resiliente riesce a trovare la forza di superare l'ostacolo, l'antifragile effettua un cambio di prospettiva. Il resiliente è lo sportivo che ricomincia ad allenarsi dopo un grave infortunio. L'antifragile è lo sportivo che scopre nell'infortunio un'opportunità per cambiare vita e raggiungere traguardi inaspettati. L'antifragile non nasconde le sue vulnerabilità e i suoi limiti, né a sé né agli altri. Ma li usa per trovare nuove soluzioni.
Come sviluppare l'antifragilità?
Si può costruire attraversando un percorso che si basa su 4 pilastri:
- prendere coscienza di ciò che accade e ricercare una soluzione ai piccoli imprevisti quotidiani;
- sviluppare l'evoluzione agonistica, ossia cercare condizioni più stimolanti anche quando sono scomode (ad esempio cambiare un lavoro appagante per buttarsi in una nuova avventura);
- accrescere l'agilità emotiva, la capacità di vivere emozioni intense senza perdere il controllo;
- sviluppare la distruttività consapevole, ossia potare i rami secchi, liberarci del vecchio che non ci appartiene più, come alcune abitudini che ci tengono legate a una vita passata e ci impediscono di costruire qualcosa di nuovo.
Dobbiamo comportarci come i bambini quando giocano a facciamo finta che.
Il fare finta (il to pretend degli anglosassoni) non significa fantasticare, ma immergersi nella nuova realtà a cui aspiriamo. Prima di buttarci in una nuova esperienza, noi ci immaginiamo come sarebbe. Per avere successo, però, non dobbiamo visualizzarci da fuori, come se guardassimo un film. Dobbiamo, invece, immaginare di vivere l'esperienza da dentro, perché ciò ci mette nella condizione di fare quell'esperienza prima ancora di realizzarla. Questo meccanismo mentale è tipico dei campioni: quando si immaginano in una gara riescono a vedersi mentre la affrontano. Così, riescono a vincere.
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>>> Per un ulteriore approfondimento puoi consultare l'articolo di VediamociChiara dedicato all'antifragilità
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