Medicina della Riproduzione: la nuova frontiera si chiama genetica
Leggi più veloce
Le novità emerse dal primo convegno internazionale di Medicina della Riproduzione e Ginecologia Endocrinologia organizzato dal centro ProCrea di Lugano. La nuova frontiera della Medicina della Riproduzione è nella genetica. È quanto emerge dal primo convegno internazionale di Medicina della Riproduzione e Ginecologia Endocrinologia organizzato dal centro ProCrea di Lugano, in collaborazione con il laboratorio Risch e ProCrea Lab lo scorso aprile al LAC di Lugano (Svizzera).
«I nuovi test aprono a nuovi approcci per arrivare al successo delle terapie, quindi ad una gravidanza», premette Michael Jemec membro del comitato scientifico convegno e direttore medico del centro ProCrea di Lugano.
«La genetica ha aperto un ampio capitolo di studio e di ricerca nella Medicina della Riproduzione. Questo ha portato a sviluppare percorsi mirati per i pazienti ottenendo con tassi di gravidanza decisamente più elevati che in passato, con un calo netto dei casi di infertilità idiopatica, ovvero quei casi dove non si evidenziava alcuna causa apparente di infertilità», aggiunge Jemec. «Oggi un semplice prelievo di sangue ci permette di fare approfondite analisi genetiche per scegliere la strada più giusta per un figlio».
Alcune applicazioni concrete della genetica in Medicina della Riproduzione:
Sul fronte maschile, la grande novità è l’introduzione del test sul gene DEFB126 che è responsabile della produzione della Defensina, una proteina nota per gli effetti sul sistema immunitario nel combattere i microorganismi patogeni. Solo recentemente però la comunità scientifica messo in relazione la Defensina con la fertilità maschile. «Assistevamo a casi di infertilità idiopatica ai quali scientificamente non era possibile dare una risposta», spiega Marina Bellavia, specialista del centro per la fertilità ProCrea. «Il test genetico sulla Defensina permette di capire se un seme, apparentemente normale secondo i tradizionali esami, sia realmente capace di poter attraversare il muco cervicale fino ad arrivare all’ovocita. Le mutazioni del gene per la Defensina riducono la capacità “natatoria” dello spermatozoo, ovvero riducono la sua capacità fecondante». Significativo l’impatto che questo test può avere: infatti circa il 25% degli uomini presenta questa mutazione genetica.
Sul fronte femminile, le novità hanno interessato le analisi pre-impianto sui globuli polari. «Sono screening capaci di individuare anomalie cromosomiche causa di malattie gravi e interruzioni di gravidanza», aggiunge Giuditta Filippini direttore di ProCrea Lab, il laboratorio di genetica molecolare del centro ProCrea, che ha presentato al convegno due casi affrontati. Il primo riguarda una paziente che, dopo vari fallimenti, ha dovuto affrontare un’interruzione di gravidanza per la presenza di una malattia genetica grave nel feto confermata da villocentesi. «In seguito, la paziente ha affrontato un percorso di procreazione assistita. È stata sottoposta a uno screening genetico pre-impianto delle aneuploidie cromosomiche – PGS – attraverso una tecnica molto sensibile detta Array-CGH che prevede l’analisi di tutti i cromosomi sia per quanto riguarda il loro numero, sia per eventuali anomalie più sottili all’interno di essi. Dopo il transfer, la paziente è rimasta incinta di due gemelli sani».
La diagnosi genetica pre-impianto è fondamentale anche per limitare la trasmissione di malattie genetiche ai figli. «È recente il caso di una coppia dove i due partner risultavano portatori della medesima malattia rara», continua Filippini. «Avevano già alle spalle due gravidanze fallite. Con la diagnosi pre-impianto siamo andati ad effettuare una biopsia del primo e del secondo globulo polare, individuando gli ovociti fecondati privi di mutazioni genetiche, quindi sani. Attualmente la paziente è alla 22esima settimana di gravidanza».