Cattivo riposo colpisce qualità vita e salute, scoperti legami con più malattie Quasi 20% adulti assume saltuariamente ipnotici, serve diagnosi corretta per cure mirate
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Milano, 17 mar. (AdnKronos Salute) - Si portano smartphone e tablet sotto le lenzuola e restano incollati ai social network fino a tarda ora. E poi la tv, e le uscite serali che si moltiplicano. Tutto comincia con una notte persa, alla quale se ne aggiunge un'altra e poi un'altra, fino a quando tornare indietro diventa troppo difficile. Gli under 20, italiani e non solo, sono un esercito di 'privati di sonno'. Dormono sempre meno e non sanno neanche cos'è il 'coprifuoco' del Carosello (che un tempo scandiva l'ora della buonanotte per i più piccoli), ormai retaggio del passato. Il risultato è che l'insonnia diventa sempre più un problema per giovani: 'Negli ultimi 4-5 anni i pazienti con meno di 20 anni afflitti dal disturbo sono quasi raddoppiati nei centri di medicina del sonno. Se 10 anni fa erano meno del 10%, oggi sono il 18-20%', segnala all'AdnKronos Salute il neurologo Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di medicina del sonno dell'Irccs San Raffaele Turro di Milano e presidente della Associazione mondiale di medicina del sonno (Wasm). Ma il sonno disturbato non fa differenze d'età ed è un problema comune a molti italiani, avverte l'esperto alla vigilia del 'World Sleep Day', la Giornata mondale del sonno. Proprio venerdì 18 marzo all'ospedale San Raffaele Turro si terrà sul tema un incontro aperto al pubblico, con gli esperti di medicina del sonno dei principali istituti milanesi. Obiettivo: tracciare un quadro della situazione, delle nuove ricerche, dei progetti in corso e in arrivo. Perché il 'mal di sonno' non risparmia nessuno: uomini e donne, mamme e single, anziani e bambini. 'Soltanto l'insonnia cronica di una certa rilevanza interessa l'8-10% della popolazione generale', ricorda Ferini Strambi. Il disturbo si accompagna a ripercussioni negative durante il giorno e ha mille facce: c'è chi ha difficoltà a prendere sonno, chi vive frequenti risvegli nella notte, chi si risveglia precocemente al mattino senza riuscire a riaddormentarsi. 'Oggi - avverte Ferini Strambi - quasi il 20% della popolazione generale adulta assume almeno saltuariamente un farmaco a scopo ipnotico, mentre quasi il 10% lo assume in maniera continuativa. Il tipo di insonnia in cui si tende a ricorrere più frequentemente al farmaco è quella 'iniziale', con difficoltà di addormentamento, mentre la forma che tende più a cronicizzare (nel 70% dei casi) è quella che si manifesta con frequenti risvegli nel corso della notte'. A volte, però, 'l'assunzione cronica di un farmaco è legata a una non corretta diagnosi. Le cause dell'insonnia sono numerose'. Un problema di addormentamento può essere dovuto a un disturbo d'ansia o alla sindrome delle gambe senza riposo (frenesia alle gambe quando ci si stende a letto). Se ci sono diversi risvegli durante il sonno, potrebbe trattarsi di un mioclono notturno (brevi scatti alle gambe ogni 30-40 secondi) o di un problema respiratorio, come le apnee; oppure, la frammentazione del sonno potrebbe essere legata a rumori esterni. Nel caso in cui una persona tende a svegliarsi molto presto, senza riaddormentarsi, potrebbe esserci un problema di depressione. Capire l'origine permette di mirare al meglio le cure. 'All'orizzonte - dice lo specialista - ci sono nuovi farmaci, come quelli che agiscono sul sistema dell'orexina, un neuromediatore che stimola la veglia (recentemente è stato approvato dall'Fda statunitense suvorexant, un antagonista del recettore per l'orexina, per il trattamento dell'insonnia iniziale e di quella da mantenimento del sonno)'. E poi c'è la terapia cognitivo-comportamentale, che si può associare al farmaco e spesso contribuisce anche a ridurne le dosi o in alcuni casi rappresentare un'alternativa. In altre parole: una scuola di 'bon ton' del sonno, che agisce sia sul fronte della condotta - insegnando a evitare abitudini nemiche del riposo notturno - sia sul fronte cognitivo, togliendo dalla mente per esempio le false credenze che spingono a dire 'se non dormo 8 ore non sto bene'. 'Questa terapia - prosegue Ferini Strambi - funziona soprattutto se è di gruppo, con sedute settimanali di una o 2 ore per circa 2 mesi. Il vantaggio è che ha un'efficacia più duratura, perché la persona impara i trucchi per gestire meglio certe situazioni che mettono a rischio il sonno. La percentuale di successo è intorno al 70-75%. E quando il problema è proprio l'incapacità di spegnere il cervello per addormentarsi, i risultati sono ancora più eclatanti. Il problema è che in Italia pochi centri sono in grado di proporla'. E intanto l'attacco al sonno continua. Dentro casa cattive abitudini e tecnologia invasiva; fuori la città che non si ferma mai, con rumori h 24 e luci sempre accese. Le preoccupazioni che aumentano e gli orari di lavoro che si dilatano fanno il resto. 'Oggi si dorme un'ora in meno rispetto a 10 anni fa. Siamo a meno di 7 ore in media nella popolazione generale'. Quando si parla di insonnia 'è importante non trascurarla: le conseguenze non sono solo sulla qualità della vita, ma sulla salute', assicura lo specialista. 'Dormire bene e in quantità sufficiente significa inibire il rilascio di cortisolo, l'ormone dello stress. Ma un recente studio Usa ha dimostrato anche che dormire meno di 6 ore per notte aumenta di oltre 3 volte il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa'. Senza contare che la sonnolenza è responsabile del 20% circa degli incidenti stradali. Altre ricerche hanno evidenziato come dormire meno di 5 ore a notte aumenta di una volta e mezzo il rischio di diabete mellito. 'L'insonnia è anche causa di disfunzione dei circuiti cerebrali implicati nei processi cognitivi ed emozionali. L'ippocampo, struttura cerebrale fondamentale per la memoria, riduce il suo volume in rapporto alla durata dell'insonnia, secondo uno studio di neuroimaging condotto in Corea. Ci sono poi sempre più evidenze sulla correlazione tra scarso sonno e rischio di sviluppare l'Alzheimer: un recente studio olandese - conclude Ferini Strambi - ha dimostrato come una singola notte di privazione di sonno, in soggetti adulti di media età, è in grado di aumentare il livelli di beta-amiloide, proteina coinvolta nell'eziopatogenesi della malattia'.