Prima la figlia e poi la madre: “Così ci siamo salvate dal male che uccide e oggi sfiliamo'

Il primo tumore ha colpito Chiara poi sua mamma Franca, infermiera. Insieme hanno sfilato a Bassano del Grappa con le donne dell’Associazione San Bassiano

di Redazione

Madre e figlia accomunate dallo stesso male ma anche dalla stessa grinta nel combatterlo. È questa la sintesi della storia di Chiara e Franca raccontata dal Corriere della Sera che ha come epilogo la sfilata a Bassano del Grappa con le donne dell’Associazione San Bassiano: un’iniziativa che coinvolge pazienti, dottoresse e infermiere protagoniste della lotta al tumore. La loro storia è un esempio di quanto la forza di volontà possa essere determinante nell’affrontare la malattia e la sua cura.

La sfilata

La prima ad ammalarsi è stata Chiara quando aveva solo 14 anni e poco dopo è toccato a sua madre: Franca aveva letto la sua diagnosi il giorno dell’ultima chemioterapia della figlia. E così anche questo nuovo cancro lo hanno affrontato insieme. Unite si sono confrontate con medici, ospedali e interventi. E alla fine insieme hanno sfilato nella piazza della loro città, Bassano del Grappa: un vero e proprio defilé dove le modelle sono state le pazienti, le donne guarite, le infermiere, le amministratrici, le volontarie e tutta la squadra dell’Associazione Oncologica San Bassiano.

La scelta di diventare medico

Chiara Tartaglia racconta: «Era dicembre del 2012 quando ho cominciato a notare dei sanguinamenti, ma mai avrei pensato si trattasse di un male di una certa gravità. A gennaio vengo ricoverata nel reparto pediatrico dell’ospedale di Padova: nessuno aveva mai pronunciato davanti a me la parola “tumore”. Lo avevo capito da sola, guardando i miei vicini di letto tutti senza capelli». Dopo la prima operazione comincia la trafila della chemio e della radioterapia. «In quel periodo - ricorda - sono dimagrita di venti chili». Studentessa al liceo scientifico della città, non ha mai smesso di studiare e ora studia medicina. Ma la scelta di diventare medico non è stata dettata dal desiderio di emulazione di chi ha incontrato in corsia, anzi: «Quando ho superato il periodo della malattia - dice - non volevo più sentire parlare di ospedali. In quegli anni ho incontrato anche qualche medico privo di sensibilità e di umanità e, a volte, anche poco preparati: così ho pensato di studiare medicina per dare il mio apporto positivo ai malati che incontrerò».

Il tatuaggio al posto della ferita

E proprio in quell’ambiente lavorava invece mamma Franca Pellanda, infermiera caposala all’ospedale di Bassano del Grappa. Ad aprile del 2013 una mammografia le dà notizia del tumore al seno. Viene operata in agosto, il giorno dell’ultima chemio di Chiara, appunto: «In quei momenti ho capito tutto quello che aveva passato la mia figliola e ho sentito il bisogno di starle ancora più vicina. Non ho affrontato il male come qualcosa di negativo: mi sono imposta di essere io a dominarlo e non viceversa». L’esperienza le ha insegnato che non abbattersi è fondamentale: «È stata ed è la volontà di lottare, di sapere che molto dipende da me e che la malattia andava combattuta anche con la testa. Ho sempre cercato di sdrammatizzare la situazione e per questo non ho mai pensato, dopo la mastectomia, di rifarmi il seno perché me lo sarei sentito addosso come un falso. Ho invece coperto l’intervento con un ampio tatuaggio di rose e lo considero un trofeo di cui ci si debba vantare».

La scelta di fare da codelle

Coerente con tutto questo è stata la scelta di sfilare. Non è stato facile per mamma e figlia partecipare all’evento, ma lo hanno fatto per dare un messaggio importante a tutte le donne che affrontano lo stesso percorso. «Nascondere il male non serve a niente se non a farsi ancor più del male». La sfilata è stato un evento che, nel settembre scorso, ha coinvolto tutta la cittadina veneta. Una sessantina di modelle: metà pazienti seguite dalla «San Bassiano» e l’altra metà composta da assessore regionali, da amministratrici pubbliche, da giornaliste, da dottoresse, infermiere, volontarie.

Le iniziative dell’associazione

L’associazione ha iniziato pagando alcune psicologhe per affiancare le donne in questo percorso difficile, ma ha poi ampliato il proprio operato arrivando a proporre tantissime attività: dallo yoga della risata all’atelier dell’arte, dalla tisaneria al nordic walking, ma anche la barca a vela, il rafting e l’equitazione. Tutto completamente gratis, così come l’assistenza della psicologa, delle fisioterapiste e della nutrizionista. L’idea della sfilata era venuta alla psicologa dell’associazione, Elena Pasquin, , e il primo esperimento del gennaio scorso aveva avuto un successo tale da pensare ad una replica. A vestire le donne è stata ancora Silvia Bisconti, dell’atelier bellunese «Raptus&Rose» una moda «liberata» dai soliti canoni estetici delle magrissime. I suoi abiti sono fatti per le donne vere: magre o grasse, alte o basse, malate o guarite.