La morte della nostra giornalista Stefania Carnemolla: le mail, gli sfoghi, la passione, le notti insonni
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Originale in tutto, strabiliante, pazzesca. Per Stefania Carnemolla gli aggettivi non bastano e non possono che essere superlativi perché chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerla sa che era una persona fuori dal comune: intelligenza acuta, cultura strabordante, curiosità da segugio d’altri tempi, sensibilità immensa che la rendeva fragile in controluce, almeno quanto era forte per necessità.
Una vera grande fotoreporter, una vera grande ricercatrice, un’immensa giornalista con la quale ho avuto la fortuna di lavorare per molti anni. Io ero la sua caporedattrice, quella che le chiedeva articoli e dossier e lei era semplicemente il meglio che chiunque mai possa desiderare. I suoi non erano articoli ma vere e proprie inchieste e per renderle giustizia e merito ne linkerò alla fine di questo pezzo alcuni: la cura nel cercare tutte le fonti possibili, nell’andare a scovare documenti inediti, nell’elaborare sintesi degne di una pubblicazione universitaria. Una giornalista che amava disperatamente il suo lavoro, costretta a farlo per le ristrettezze economiche nelle quali si trovava a vivere con mezzi di fortuna, con telefoni paleolitici, con connessioni ballerine, arrabattandosi come poteva e come non è assolutamente giusto che si faccia.
Stefania Elena Carnemolla amava nascondersi dietro la sua irraggiungibilità. Laggiù nel Montenegro dove aveva trovato una periferia del mondo nella quale confondersi, dove far perdere le sue tracce, dove curare le ferite che l’Italia le aveva inferto. Contattarla telefonicamente era impossibile: non aveva uno smartphone, non usava whatsapp e spesso aveva pochissima ricarica anche soltanto per ricevere le chiamate. Qualche settimana fa però avevamo trovato il modo di parlarci su Messenger: telefonate fiume, confessioni e sfoghi esistenziali oltre che professionali. Stefania si era molto arrabbiata con alcuni giornalisti di altre testate perché in alcuni loro articoli aveva ritrovato copia-incollati interi brani dei suoi pezzi scritti per noi. E questo, da persona corretta, da idealista dell’informazione l’aveva fatta indignare. Così, senza pensarci troppo, su un social aveva formulato le sue accuse circostanziandole. Peccato che da accusatrice si era ritrovata accusata perché tutti noi sappiamo come sia difficile spesso far valere i propri meriti e difendere il proprio lavoro. Da qui era nata una crisi e una delusione che mi aveva confessato nelle nostre lunghe conversazioni notturne: lei voleva andarsene, io l’avevo convinta a restare. Mi aveva ringraziato scrivendomi: “Sei l’unica che mi ha difeso, sei l’unica che mi ha capito”.
In quest’ultimo periodo nuove urgenze e impellenti necessità ne avevano turbato ulteriormente le notti insonni, le lunghe cavalcate in bicicletta a cercare una connessione dove poter lavorare in santa pace. Stefania stava cercando una nuova sistemazione: aveva pochi soldi e il suo sogno era una stanzetta nella casa dello studente. Una vita precaria che strideva con i suoi evidenti meriti, con le ricerche esclusive, con le richieste di interviste che le piovevano dalla tv di Stato del Montenegro o dai giornali più blasonati in Italia. Mi aveva anche mandato la foto della stanza dei suoi desideri. Dove stare da sola in pace a lavorare. Sentivo da tempo la sua inquietudine e l’urgenza di reinventarsi una vita, che con lei, così straordinariamente brava e dotata, era stata molto avara. “Devo cambiare alloggio”, mi scriveva. 'Domani vado nella casa dello Studente, quella nuova privata e molto bella. Parlerò con la direzione per chiedere se hanno una stanza libera. Si trova nella zona di Podgorica, a 5 minuti dal centro culturale. E poi ho inviato una mail a una scuola di lingue. Sondo il terreno nel caso abbiano bisogno di madrelingua italiani. Per l’alloggio quanto mi piacerebbe: niente più nottate in bici rientrando all’alba. Sto mettendo insieme tutti i pezzi. Mi devo assicurare pace logistica e cose da fare intorno a me. Così potrò iniziare ad allungare il passo e a cercare di prendere contatto con le università private. Il mio sentimento, non so come spiegare, è quello di trasmettere ad altri, a persone che non sono della mia terra, quello che so. Sarà un periodo di costruzione e di ricostruzione. E come ti dicevo a voce il mio carattere forte aiuta”.
L’ultima mail mi è arrivata alle 5 e 50 del mattino. Niente di strano, ci scrivevamo soprattutto la notte. Stefania scriveva per il nostro sito Milleundonna e più di chiunque altro ne era l’emblema perché aveva mille sfaccettature e mille interessi, mille urgenze e mille curiosità. Ma non mille vite.
Ps: Cara Stefania, grazie per tutte le mail, per i commenti, per le annotazioni, per gli sfoghi, per tutto. Grazie. Conserverò tutto. Rileggerò con calma. Di te si parlerà ancora, te lo prometto.
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