Delitto di Cogne: le tappe e i retroscena. Cosa fa oggi Annamaria Franzoni e perché chiede di essere dimenticata
di Daniela Amenta
La casa, quella casa diventata un plastico in miniatura nello studio Rai di Bruno Vespa, è stata riaperta. Tre o quattro volte in 21 anni. La casa è la villetta di Montroz, poco sopra Cogne, Valle d'Aosta. Pietra, legno, ardesia e sullo sfondo le vette del Gran Paradiso. Paradiso era anche lo chalet dei Lorenzi fino a quella mattina maledetta, gelida: la neve era caduta copiosa, abbondante, coprendo tutto. Quasi tutto.
La casa-nido di una famiglia unita, perfetta: i Lorenzi. Padre, madre e due figli: Davide 7 anni e Samuele 3. E poi, poi tutto cambia nel giro di poche ore: sono le 8,27 del 30 gennaio 2002 quando alla centrale del 118 arriva la telefonata di una mamma disperata, grida, chiede d'aiuto, il bambino, il bambino più piccolo è in un lago di sangue. Sammy lo chiamano in casa, quella casa trasformata in un plastico, Sammy bello e sorridente, ammazzato con 17 colpi in testa, con un'arma mai ritrovata: una picozza alpina? Un mestolo di rame? Sammy che ha sulle manine i segni di escoriazioni, come se abbia provato a difendersi da quella furia, da quella violenza cieca, da qualcuno che a cavalcioni su di lui ha colpito, colpito e colpito. Prima arriva un medico, una dottoressa che è un’amica. Poi l'elicottero per i soccorsi.
Alle 9,55 Samuele Lorenzi, anni 3, viene dichiarato morto. Quando sopraggiunge Stefano, il marito, Annamaria è in lacrime, lo abbraccia. Gli chiede a bassa voce: facciamo un altro figlio? Mi aiuti a farne un altro? C'è un carabiniere che ascolta, annota, riporta.
La mamma, quella mamma disperata e sgomenta, si chiama Annamaria Franzoni, detta Bimba. Viene da San Benedetto Val Di Sambro, professione mamma e casalinga, sposata con Stefano, perito elettronico. Bimba. La chiama così il marito che mai, neppure per un momento, mette in dubbio l'innocenza della moglie. La chiama così la famiglia compattissima e solida, undici figli, il padre piccolo costruttore, la madre insegnante. Tutti uniti quando si tratterà di difendere Annamaria, cercare i legali migliori, fare scudo per proteggere la donna schiacciata dalle indagini, dalla curiosità morbosa, dalle accuse. Accuse pesanti come una montagna, come le montagne che circondano Cogne.
Foto Ansa
Chi è stato ad uccidere Samuele? Che cosa è successo in una manciata di minuti, il tempo impiegato dalla madre per accompagnare Davide alla fermata dello Scuolabus e tornare a casa? Chi può essere entrato nella villa di legno e ardesia? C'era un mostro nascosto tra la neve, qualcuno mosso da invidia, da una ferocia senza nome?
Comincerà un iter processuale e investigativo lunghissimo tra perizie, testimoni, controperizie, alibi, avvocati di grido che si avvicendano, comparsate in tv che trasformano lo spettacolo mediatico in un circo macabro. Il pigiama della donna macchiato di sangue come il piumone e il cuscino, gli zoccoli indossati, gli orari. E poi le consulenze medico psichiatriche: è sana di mente Annamaria detta Bimba? Il professor Ugo Fornari tratteggia un disturbo di personalità, altri esperti la ritengono sana, perfettamente capace di intendere e di volere.
Sul Corriere della Sera Marco Imarisio, il giornalista che più di ogni altro ha seguito questa vicenda, scrive:
"Il volto nascosto di quell’idillio bucolico è la solitudine, il senso di straniamento. Essere padrona di casa non significa sempre sentirsi a casa. Da quando è arrivato il suo secondo figlio, sente in sé un disagio che è una goccia cinese, non dà tregua"
Franzoni con gli occhi larghi, sgomenti, imperscrutabile, sbattuta in prima pagina, Franzoni la Medea che continua a ripetere: “Sono innocente".
Il 14 marzo del 2002 viene accusata di omicidio.
Il 26 gennaio del 2003 nasce Giole, il terzo figlio dei Lorenzi, il bambino invocato in quella mattina gelida e tragica di un anno prima.
Il 19 luglio 2004 si tiene il processo di primo grado, con rito abbreviato: il giudice per l’udienza preliminare la riconosce colpevole del reato di omicidio volontario e la condanna a 30 anni di reclusione.
Il 27 aprile 2007, davanti alla Corte di Assise di Appello di Torino, la pena viene quasi dimezzata e scende a 16 anni di carcere
Il 21 maggio 2008, la parola definitiva viene pronunciata dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione, che conferma la condanna.
La donna accusata di avere ucciso il suo bambino, uscirà prima dal carcere, perché il 26 giugno 2014 passa agli arresti domiciliari. Nel settembre 2018 Bimba viene definitivamente scarcerata.
Ora vive e lavora nell'agriturismo di famiglia in Emilia. Per rispetto della privacy non diremo né il luogo, né il nome della struttura. Perché Annamaria Franzoni ha scontato la sua condanna e ora è una donna libera. La sua avvocata Paola Savio si appella al diritto all’oblio: "Scordate questa storia", dice, chiede. L'ultima volta che la villetta di pietra e legno è stata aperta era febbraio, lo scorso febbraio. Lo chalet trasformato in un plastico in miniatura è diventato la casa delle vacanze di una famiglia unitissima, solida come le montagne della Val d'Aosta. Una famiglia che vorrebbe dimenticare e farsi dimenticare.