Al cinema “L’abbaglio” di Andò con Servillo, Ficarra e Picone sullo sbarco dei Mille
ROMA (ITALPRESS) – E’ stato presentato a Roma il nuovo film di Roberto Andò, L’abbaglio, con Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone, che uscirà al cinema il 16 gennaio. Dopo La stranezza, tutti e quattro tornano in sala con un racconto su Garibaldi, il Colonnello Orsini e i Mille, lo sbarco a Marsala e il percorso per entrare a Palermo.
“Ci sono delle storie che ti vengono incontro”, ha dichiarato Andò. “Per scherzo mentre facevamo i giri per La stranezza dicevo ‘faremo una trilogia’ e poi è venuto incontro il ricordo di un retroscena della vicenda dei Mille che mi è sembrato si potesse incarnare solo attraverso questi attori. È una vicenda che ci ha permesso di raccontare”, ha detto il regista ricordando gli sceneggiatori Ugo Chiti e Massimo Gaudioso con cui ha lavorato, “questo spazio e questo tempo che sono di un momento di cambiamento che per caso è il Risorgimento, con i suoi ideali e le sue istanze. Quel momento in cui tutto potrebbe accadere, potrebbe anche volgere al meglio o al peggio e in cui si incrociano come in una danza le illusioni e le disillusioni, incarnate dai personaggi principali: il Colonnello Vincenzo Giordano Orsini”, interpretato da Servillo, “e i due personaggi che, invece, sono di pura immaginazione, Domenico Tricò e Rosario Spitale”, interpretati da Ficarra e Picone.
“Questo spazio è quello della Sicilia e il tempo è il 1860. Un anno che ci ricorda tante cose perché cinematograficamente è l’anno in cui si svolge il Gattopardo” a cui Andò è legato: “Un siciliano lo è particolarmente, vuoi polemicamente vuoi per adesione”. E guardando al suo film ha aggiunto: “Il personaggio di Orsini è un anti-Gattopardo perché è un aristocratico democratico mazziniano che nel film porta lo sguardo del dubbio e si trova a fare un ragionamento su quello che accadrà veramente”, chiedendosi se, “sarà una vera rivoluzione e se sarà la volta in cui veramente le popolazioni che incontra potranno ricevere un beneficio, come si attendono i giovani idealisti che si sono messi insieme a Garibaldi. Il film si muove dentro questo spazio, in maniera libera, non solo per raccontare un episodio, che forse i libri di scuola raccontano ai giovani in un modo soffocato sulla retorica, ma anche per renderlo vivo e per proiettarlo nel nostro presente. È una parabola che si conclude in un luogo che per me è l’imbuto che ci porta all’oggi. Questa rivoluzione si è compiuta perfettamente? Ha lasciato fuori qualcosa che non si è realizzato? Ha pagato il prezzo di troppi compromessi? Racconta con un passo alternato tra commedia e dramma questo momento in cui tutto può accadere e ha un punto di scossa che mi auguro colpisca il pubblico”.
“Siamo due uomini di teatro che non l’hanno mai considerato come anticamera del successo cinematografico, ma che lo praticano in maniera militante contemporaneamente al cinema”, ha affermato Servillo riferendosi ad Andò con cui è al quarto film e con cui lavora per il “fascino che rappresenta il suo cinema. La capacità attraverso la fantasia di intensificare la realtà, creando le condizioni perché un affresco storico possa incuriosire il pubblico ed entrare in questi argomenti da una porta laterale e non soffocato o dalla cronaca o dalla storia come viene insegnata”.
“Quando hai una sceneggiatura ben scritta dove i personaggi sono stati affrontati bene, il lavoro è più semplice”, ha rivelato Ficarra che ritornando a La stranezza ha dichiarato: “La prima volta è successo perché avevamo il desiderio di fare un film insieme. Credo che Roberto abbia voluto rifrequentare un posto in cui era stato bene. Non tanto perché La stranezza aveva avuto successo, perché credo sia la persona più lontana da questi concetti. Avere la consapevolezza di alimentare la sua fantasia e di vivere in essa è una sensazione meravigliosa”.
Ficarra, invece, parlando dei due personaggi, interpretati con Picone, ha continuato “Sono due persone piccole che non hanno la consapevolezza del momento storico. Perso il loro sogno, la storia li riporta dentro e si rendono conto delle persone che hanno accanto, dei commilitoni che sono scesi, loro sì, per ideali. Il sogno di unire l’Italia non ce l’hanno ma lo ritrovano con uno scatto d’orgoglio. Questi due disillusi hanno un risvolto umano importante”.
Dall’altra parte c’è il ruolo di Orsini, il cui fascino, che ha catturato Servillo, “Consiste nel conflitto tra un militare in azione nel pieno della battaglia e l’essere assediato dai dubbi sulla sensatezza di quello che sta facendo. Questo conflitto è alimentato molto dalla relazione con Garibaldi”.
Nel film, produzione Tramp Limited e Bibi Film con Rai Cinema e Medusa Film in collaborazione con Netflix, sono presenti alcune canzoni popolari, quasi a richiamare John Ford. Un richiamo che Andò ha confermato “Questo lo considero il mio western. La vicenda fin dall’inizio aveva i caratteri del western e credo che questo passi nel film. Sia perché ci sono degli omaggi ai grandi del cinema sia perché questa Sicilia in cui si trovano è una frontiera. Era interessante andare a disseppellire il patrimonio che si è sedimentato nel tempo”.
I giovani vedevano in Garibaldi un’occasione “che si è realizzata fino a un certo punto. Il film doveva raccontare la dialettica che si muove in un certo periodo e mi piaceva l’energia che viene da queste canzoni che allora nacquero in dialetto siciliano e in cui si racconta di Garibaldi come Gesù Cristo, come uno che viene a liberare la Sicilia, e delle speranze che si pongono in questo”.
“Poter lavorare con due comici è stata un’occasione straordinaria perché piano piano mi sono reso conto che mi appartiene la possibilità di raccontare la coesistenza tra dramma e commedia. È una grande gioia perché ho riconquistato la patria dell’infanzia”, ha spiegato il regista rispondendo alle domande dei giornalisti e facendo una riflessione sugli aspetti del passato che risuonano nel presente, un “gioco eterno che si presenta in certi momenti della storia, soprattutto quando ci sono in aria dei cambiamenti, la speranza e il cinismo. Qui non so se c’è speranza. I due personaggi”, di Ficarra e Picone, costituiscono “l’eterno indefettibile e anche la forza dell’Italia, che si tiene in piedi e riesce a vincere anche quando appare mediocre e in declino”.
Per il regista, rispetto alla sicilianità e alla cifra meridionale che rende impossibili certe cose, la “falla” sta nel “Non credere nelle idee che muovono il mondo e che possono portare il cambiamento. Nello stesso tempo in molti momenti della storia la Sicilia ha espresso qualcosa che è all’avanguardia. Penso che la lotta alla mafia sia cominciata lì. Nessuno ha fatto una lotta alla mafia come hanno fatto i siciliani. La Sicilia è un luogo di contraddizioni però non me la sento di prendermela con lei”.
– Foto: xl5/Italpress –
(ITALPRESS).