L'uomo di mezza età che si innamora di una prostituta. "Un amore" politicamente scorretto
La storia di un’anima in preda a un amore malato nella recensione di Gabriella Carmagnola su "Un amore" di Dino Buzzati
Andiamo oltre il politicamente corretto. Un uomo di mezza età va con una prostituta e se ne innamora perdutamente. Osserviamo la storia di un’anima in preda a un amore malato, di quelli che accadono e di cui non si parla spesso. Lo fa invece senza pudori Dino Buzzati in “Un amore” (Mondadori, 1963) un piccolo gioiello in cui mette a nudo un amore disperato, vigliacco ma onesto in una Milano in degrado, come lo è l’anima dei protagonisti e l’ambiente che li circonda. Un amore torbido, per una donna molto giovane, troppo diremmo, ma non importa. Osserviamo come via via le malizie di lei, ballerina sedicenne lucida e cinica e la disperata ossessione di lui, prendano piede e si trasformino in rovesciamento di ruoli in cui non si sa più chi dei due ha il potere.
Lui sa essere anche delicato e romantico: “Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti assieme dietro ai vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.” “La donna era sempre per lui la creatura di un altro mondo, vagamente superiore e indecifrabile.” E lui, nonostante questa distanza, o forse proprio per questa, la vuole più di ogni altra cosa ma non la sposerebbe di certo, perché le regole borghesi si sa come sono. La vuole ma non per una vita, non mette in gioco tutto, così come spesso accade, del resto. Amori senza impegni. Lui la mantiene, e si stupisce che a lei non basti. E lei lo inganna ancora e poi ancora. “Un po’ più in là della tua solitudine, c’è la persona che ami.”