Da meretrici a professioniste: se le attrici non sono più “poco di buono” è anche merito di Adelaide Ristori
La straordinaria vicenda dell'attrice che cambiò il teatro e la storia dell’emancipazione femminile. Ci sono due epoche: avanti A.R. e dopo A.R.
Dove A.R. è Adelaide Ristori, l’attrice che cambiò non solo il teatro, ma anche l’imprenditoria, la storia dell’emancipazione femminile, il rapporto fra i sessi sul palco e non solo. Insomma, una rivoluzionaria. Del palco e non solo, anche in questo caso.
A raccontare tutto questo sono Davide Livermore, il numero uno dei registi al mondo nell’opera lirica e nelle tragedie e in molto altro, praticamente un’Adelaide Ristori 4.0, il suo braccio destro Andra Porcheddu che ha scritto la drammaturgia di “Lady Macbeth – Suite per Adelaide Ristori”, e Elisabetta Betta Pozzi, che oggi è la numero uno delle attrici italiane, reduce da una straordinaria “Maria Stuarda”, sempre con Livermore, dove è stata contemporaneamente Maria e una grandissima ed epica Elisabetta.
Insomma, come sempre Livermore racconta il presente e il futuro anche quando guarda al passato: lo fece quando mise in scena “Elena” di Euripide, in pieno Conte uno, il governo gialloverde, quello dei porti chiusi, quando il personaggio di una serva – reale, la battuta è originale della tragedia – dice: “Qui da noi in Egitto i porti sono chiusi”. E poco dopo Euripide regala lo splendido “I naufraghi sono cari agli Dei”. Poi “Edipo – Io Contagio” durante la pandemia. E poi “Grounded” mentre scoppiava la guerra Russia-Ucraina. E poi donne e potere nel momento della prima donna a Palazzo Chigi, come abbiamo raccontato qui su Tiscalinews.
Lady Macbeth
Ecco, in “Lady Macbeth”, una storia profondamente ottocentesca, con Giuseppe Verdi, il conte di Cavour e Eleonora Duse, che racconta la sua ammirazione, ma con un fondo di invidia da attrice, emerge proprio questo.
Ed ecco quindi Adelaide Ristori raccontata da Betta Pozzi e Davide Livermore: “La prima volta che andò in scena aveva tre mesi e ovviamente doveva interpretare una neonata. Il pubblico fu colpito da quei vagiti…”. Sì, Adelaide era figlia di una famiglia di attori e teatranti e la recitazione l’aveva nel Dna.
Ma qui arriva il punto, perché “in quell’epoca le attrici venivano considerate al pari delle meretrici, delle poco di buono”.
E invece. Dopo A.R.
“Adelaide Ristori – racconta Livermore – ha messo in scena momenti di teatro altissimi, ma anche spensieratezza, fragilità, risate…Nel nostro spettacolo abbiamo voluto evocate l’esplosività vitale, unica e irripetibile, di una donna che ha mostrato al pubblico di cinque continenti come il teatro possa alimentare una qualità della vita differente, superiore”.
E, ovunque la si guardi, come racconta Betta Pozzi in scena, ne esce una personalità gigante: “Adelaide Ristori, nel momento in cui Cavour parlava solo piemontese e francese e la prima volta che fece un discorso in italiano fu istruito da un’amica per tutta la notte precedente al suo intervento, metteva in scena Macbeth in un impeccabile inglese a Londra e a New York e in un perfetto francese a Parigi”.
Perché qui sta il punto, questa straordinaria donna e non solo attrice, che conquistò ovunque gli intellettuali del Paese dove andava – a Parigi Alexandre Dumas scrisse parole dolcissime su di lei – fu la prima cosmopolita dello spettacolo: “Restò in tournèe per più di un anno consecutivo, percorrendo trentacinquemila miglia marine in Transatlantico verso l’America, e poi ottomila chilometri in treno e poi….”. Insomma, un neverneding tour che fa capire perfettamente la grandezza di Adelaide Ristori, il cui nome era ovviamente quello di punta su ogni locandina del mondo.
Perché Adelaide fu anche l’inventrice del merchandising applicato allo spettacolo:
“I libretti di sala dei suoi spettacoli venivano tradotti nelle varie lingue e il suo nome campeggiava su ogni citazione dello spettacolo a caratteri cubitali, con il resto dei nomi della compagnia, ovviamente più piccoli”.
E già da questo particolare sull’internazionalizzazione della fama di Lady Macbeth appare quanto fosse caleidoscopica e multitasking, prima ovviamente che questa parola esistesse, Adelaide Ristori, una circostanza che emerge moltissimo dallo spettacolo del tandem Pozzi-Livermore, con la struttura di un varietà anni Sessanta, con grafica conseguente, giochi video D-Wok e scene di Livermore e Lorenzo Russo Rainaldi, insomma il classico gruppo di lavoro di Davide, questa colta corroborato con l’ironia e l’autoironia di Alberto Mattioli che, in video, racconta Adelaide con gli occhi della critica e degli intellettuali.
La prima imprenditrice di se stessa
Ma c’è un altro particolare, perché parliamo anche della prima imprenditrice di se stessa nel campo dello spettacolo: “Nelle prime scritture – racconta Elisabetta Pozzi sul palco – ci furono occasioni in cui la Ristori credeva talmente in se stessa da firmare contratti che prevedevano la rinuncia al compenso se il botteghino fosse andato male e, di conseguenza, una compartecipazione agli utili dello spettacolo”. E da questo nasce conseguentemente e ovviamente anche il merchandising, con una sorta di coyright ante litteram.
Nel suo essere “attrice famosa in cinque continenti, imprenditrice di sé stessa, icona glamour, esempio di emancipazione femminile”, Adelaide Ristori fu anche moglie, per la precisione del Marchese del Grillo. Anzi, ancora per maggior precisione del “Marchese Capranica del Grillo”. E, anche se la storia dice che non era esattamente lo stesso che ha ispirato il film di Mario Monicelli con Alberto Sordi, campione d’incassi quell’anno, ma un suo discendente, qui è Adelaide ad essere lei e il marchese a non essere….
La multidisciplinarietà di Adelaide
Mica finita, perché in questi giorni a Genova, sono in corso una serie di iniziative per ricordare la multidisciplinarietà di Adelaide, un progetto che dura un anno sul suo bicentenario, curato dal Museo Biblioteca dell’Attore di Eugenio Pallestrini, ma soprattutto a Palazzo Nicolosio Lomellino, uno dei palazzi dei Rolli, patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, è in corso fino al 22 gennaio 2023 una mostra su “Teatro ed alta moda”, perché fra le mille cose, la Ristori si creava i costumi di scena e la prossima settimana saranno organizzate anche visite guidate alla mostra dei vestiti di Adelaide, prenotabili sul sito del teatro diretto da Livermore teatronazionalegenova.it.
E se tutto questo fosse esagerazione? Se stessimo raccontando una specie di Wonder Woman del teatro, ma quasi per autocertificazione, per leggenda metropolitana? Nulla di tutto questo. “Per raccontare questa storia ci siamo confrontati con i documenti del Fondo Ristori e con le memorie scritte dalla Ristori stessa. Il testo è dissacrante, ma scientificamente impeccabile” spiega Andrea Porcheddu che di questo lavoro è l’autore e del Teatro Nazionale di Genova il Dramaturg,
Lo scopo finale è quello esplicitato da Livermore nella sua ennesima sfida a Betta Pozzi: “Trasformare la parola recitazione nel verbo giocare, così come succede in inglese e in francese, lingue che la Marchesa Capranica del Grillo Adelaide Ristori era in grado di utilizzare con una sapienza unica”.
Ecco, oggi abbiamo raccontato non solo la più grande attrice della storia, ma una delle donne che più di tutte ha messo in scena l’emancipazione femminile.
Letteralmente, messo in scena.