Cormac McCarthy è morto ma ci lascia un'eredità intensa e terrificante come "La Strada"
Nella recensione di Gabriella Carmagnola, ciò che ha significato l'opera di McCarthy per un esercito di lettori che sentirà la mancanza della sua vivida prosa
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Un grande scrittore ci ha appena lasciati. Cormac McCarthy, a 89 anni, statunitense. E come solo i grandi riescono a fare, ci ha lasciato in eredità una visione del mondo. Scarna, senza illusioni, però sempre con uno spiraglio di luce, che potrebbe salvare il mondo che resta.
La strada
Per il suo romanzo La Strada (2006, Einaudi) Cormac McCarthy ha vinto il Premio Pulitzer per la letteratura. La storia è ambientata dieci anni dopo l’apocalisse, forse un olocausto nucleare. Ce lo siamo immaginati spesso, in questi mesi. Lui racconta di un mondo devastato, in cui un uomo e un bambino, senza nome, sono in cammino verso l’oceano, dove forse sparuti raggi di sole daranno più calore. Non c’è trama particolare se non andare avanti, con il carrello del supermercato e un telo di plastica per la pioggia e poi proteggersi da bande di disperati che si nutrono di carne umana. Polvere. Una strada infinita, che bisogna percorrere. Le donne, principio generatrice, non ci sono in questa storia ambientata dopo la fine del mondo.
La mamma è morta e il bambino ricorda che ogni tanto “gli parlava di Dio. Lui ci provava a parlare con Dio, ma la cosa migliore era parlare con il padre, e infatti ci parlava e non lo dimenticava mai. La donna diceva che andava bene così. Diceva che il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa da un uomo all’altro in eterno.”
Un libro forte, come sono tutti i suoi libri. E’ l’autore di “Non è un paese per vecchi”, da cui hanno tratto il film pluripremiato. Con uno stile crudo, scarno eppure poetico McCarthy mette in scena la ricerca dell’essenziale, che vale per tutti, sempre e ovunque e così apre le porte all’universale e risponde alle domande più profonde e autentiche.
“Dopo mangiato portò il bambino fino al letto di ghiaia sotto il ponte, rimosse con un bastone il sottile strato di ghiaccio dalla sponda e si inginocchiò a lavargli il viso e i capelli. L’acqua era così fredda che il bambino piangeva. (…) Questo è mio figlio, disse. Gli lavo via dai capelli le cervella di un uomo. È questo il mio compito. (…) Tutto questo come in un rituale antico. Così sia. Evoca le forme. Quando non ti resta nient’altro imbastisci cerimoniali sul nulla e soffiaci sopra.” Perché quando l’uomo vacilla, si domanda di Dio, e sono sempre la compassione e la speranza, la strada per cercare l’amore.