La tecnologia buona che fa bene ai genitori
La storia di Filo, startup di giovani che aiuta le famiglie
Le mamme e i papà di oggi si trovano ad avere a che fare con un contesto profondamente diverso: da una parte l’ascesa del digitale, dall’altra la pandemia (e soprattutto le misure messe in atto per contenerla) hanno creato nuovi bisogni. E in tutta questa rivoluzione la tecnologia che ruolo può avere? Ne abbiamo parlato con Andrea Gattini, founder di Filo, startup romana nata nel 2014, attiva nella produzione di prodotti di tracciamento con tecnologia bluetooth. Il primo dispositivo che la startup mette in commercio è Filo Tag, apparecchio tecnologico nato per non perdere oggetti di uso comune come chiavi e cellulari. Ma è con Tata Pad, cuscino anti-abbandono, che l’azienda sembra trovare il suo indirizzo come startup attenta ai bisogni dei neo-genitori.
Insomma, siete partiti dall’essere una start up di IoT per sviluppare in seguito il vostro dispositivo salva-bebè contro l’abbandono dei bimbi in auto. A Maker Faire poi vi siete fatti promotori di un concorso, Design 4 Parents, dedicato proprio alla neo-genitorialità. Come mai questa scelta? È un cambio di inversione rispetto alla fase iniziale?
Sì, stiamo seguendo questo percorso, pensando prodotti dedicati ai genitori di oggi. La nostra attività nasce ormai 7 anni fa proprio con Filo Tag, un prodotto ancora in commercio che fino al 2018 ha rappresentato il totale investimento delle nostre risorse. Negli anni, abbiamo lavorato sempre di più nell’ambito del tracciamento, immaginando dispositivi wearable per l’ausilio di anziani o persone sole. Uno dei segmenti nati da questa ricerca è andato verso il campo dedicato ai bambini. Diciamo che Filo Tag può essere considerato “una palestra” perché dal 2018 in poi abbiamo sviluppato quasi esclusivamente prototipi e tecnologie dedicate ai bambini. Quando si è iniziato a parlare della legge che prevedeva l’utilizzo di dispositivi per la sicurezza dei bambini in auto eravamo già su questo segmento e abbiamo continuato a muoverci in questo settore.
Sicurezza ma non solo. Dando un’occhiata al vostro blog, abbiamo visto che vi dedicate all’approfondimento di molti temi vicini al mondo della genitorialità: come mai questa scelta?
Con lo sviluppo di Tata Pad abbiamo voluto verticalizzarci sul filone dei prodotti per neo genitori. Pensiamo ai nostri prodotti come un ausilio per chi li utilizza. In quest’ottica abbiamo creato un blog, uno spazio dove trovare contributi di specialisti - pedagogisti, pediatri, psicologi… - per offrire risposte concrete alle domande dei genitori. Soprattutto durante il lockdown abbiamo percepito la necessità di andare incontro ai bisogni di chi restava a casa con i figli e proprio sulla base di questo abbiamo offerto le competenze degli specialisti.
La tecnologia quindi può essere d’aiuto per i bambini e i loro genitori?
È una domanda che ci poniamo spesso. Ci rendiamo conto che talvolta lo sviluppo tecnologico può essere vissuto come “un pericolo”, qualcosa di negativo pronto a sostituirsi all’umano. Il nostro lavoro parte da un ragionamento filosofico ed etico: quello che progettiamo è un prodotto tecnologico che può essere di supporto al genitore, ma che non lo sostituisce. Ciò che vogliamo offrire è un dispositivo utile per aiutare l’accudimento dei più piccoli e quindi che possa responsabilizzare il genitore. Vogliamo accompagnare i prodotti con un percorso educativo, questa è la direzione in cui abbiamo scelto di andare anche con il blog. Nella nostra attività creiamo, tra sviluppatori ed esperti di materie scientifiche, un confronto costante.
Quali sono i prossimi progetti in questo campo?
Stiamo lavorando su Tata Pad, ci saranno nuove versioni di questo prodotto pensate sempre per la sicurezza in auto e il trasporto. Ma stiamo lavorando molto anche sulla sicurezza domestica e sul monitoraggio del bambino, sempre nella direzione che dicevo prima, collaborazione e non sostituzione: non vogliamo creare un prodotto che possa condizionare il genitore, ma che invece lo aiuti nelle sue attività quotidiane.
La pandemia ha creato nuovi bisogni nel vostro target? Quali e come cercate di intercettarli?
Sicuramente la pandemia ha influenzato tanto. Sono nate molte esigenze nuove, una su tutte la necessità di conciliare smart working e didattica a distanza.
Cosa significa fare ricerca in un settore come quello dedicato alle famiglie e ai bambini?
Essere attenti al tema della persona. Ci siamo domandati: “Come possiamo creare una tecnologia e prodotti utili senza che le persone ne diventino utilizzatori passivi?” Lavorare in questo settore significa avere consapevolezza che ciò che facciamo ha effetti sugli altri. Fare innovazione relativamente al mondo dei bambini significa prima di tutto fare una grande e accurata indagine attenta alla ricerca e al confronto con esperti scientifici come psicologi, educatori e medici.