Marco Martini lascia la Stazione di Posta e apre il suo ristorante nel centro di Roma
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SI APRE
un nuovo match per Marco Martini, centravanti della giovane cucina italiana: è quello da chef patron, che avrà inizio nel mese di maggio in centro a Roma. Un passaggio tutt’altro che scontato in Italia, per chi come lui non dispone di capitali di partenza ma arriva da una famiglia di operai. Ad esserci riuscito in precedenza è stato forse il solo Lorenzo Cogo. Il locale, con la planimetria in regola per fare boom sulla scena capitolina, sta subendo gli ultimi ritocchi, con un leggero ampliamento delle cucine e la cesellatura dei minimi dettagli. “Un’emozione grandissima, proprio adesso che sono appena diventato papà. Non posso ancora svelare l’ubicazione esatta, ma si trova in centro. Ed è bellissimo, con il bar e la terrazza. Mi seguirà tutto il gruppo della Stazione di Posta: dodici ragazzi senza i quali non potrei fare nulla. Dal mio secondo Vincenzo Paolicelli al maître Andrea Farletti, a tutti i ragazzi della cucina: siamo una famiglia. Ma ci sarà anche la mia compagna Paola Apollaro, con un ruolo negli uffici.
La cucina non cambierà: abbiamo già un menu pronto con piatti nuovi, segnati da una maggiore presenza di vegetali ed erbe aromatiche, perché ho più tempo per ricercare e lavorare sui dettagli. Andrea sta costruendo da zero la carta dei vini, puntando sui piccoli produttori anziché sui blasoni. Perché sarà un ristorante gastronomico in senso classico, ma aperto ai giovani anche nei prezzi. I menu degustazione saranno due: da 5 portate a 70 euro e da 7 a 90. Porterò anche qualche classico, come il merluzzo, patanegra e arancia amara e i ravioli al vapore. I coperti saranno una cinquantina, con la possibilità di fare banchetti ed eventi e una proposta più veloce e informale a pranzo, coerente con la domanda della zona”.
È il coronamento tanto atteso per una gavetta infaticabile, durata quasi metà dei suoi 30 anni: dalle pizze consegnate al paesello alla prima stella conquistata a 24 anni con Antonello Colonna, in un ristorante che è stato palestra di grandi numeri ed eventi. “Dopo i primi signature dish, il negativo di carbonara e l’aglio e olio di mare, ho deciso di mettermi alla prova ulteriormente. E sono stato sous-chef alla Pergola, dove ho scoperto che era possibile fare 100 coperti gourmet senza sbavature. Poi, siccome volevo imparare l’inglese, sono arrivato nel ristorante di Tom Aikens, dove sono stato il primo italiano assunto. Un’esperienza dura, che ha temprato il mio carattere. La cucina era piccolissima, ma erano sufficienti quei pochi metri quadrati per viaggiare con la mente. È stato a quel punto che ho colto la sfida della Stazione di Posta, dove ho rotto gli schemi della Michelin. Collocandomi in un contesto particolare, da centro sociale, nelle convinzione che il posto lo fanno le persone; ricordo ancora che quando mia madre lo vide, abituata com’era alle grandi maison, mi chiese: Ma tu che ci farai qui dentro? E sviluppando la sinergia con il bar, al momento dell’aperitivo e dell’after dinner, ma anche durante il pasto con gli abbinamenti, come continueremo a fare nel nuovo locale. Perché è un linguaggio che unisce tutto il mondo. La vittoria di Emergente centro e della finale italiana nel 2014, poi l’ottenimento della stella Michelin sono state grandissime soddisfazioni, che mi hanno colto di sorpresa. Perché sento di dover crescere ancora tanto. Eppure con le mie forze, in un contesto atipico, senza il minimo sostegno nella comunicazione, sono riuscito a portare questo locale a una media di 1000 coperti al mese, acuendo la curiosità con la mia inventiva, girando i congressi di cucina internazionali e conquistando le pagine di tante riviste di tutto il mondo. Una sfida che sento di avere vinto.
La massima realizzazione per un cuoco, però, è avere un locale tutto proprio, quindi ho preferito rilanciare. Ho sempre pensato di dover saper fare la spesa prima ancora che cucinare. E qui saremo tutti chiamati a far tornare i conti; ma avremo anche nuovi stimoli per far bene. Stiamo facendo tutto su misura, dai divani, che sono bellissimi, alle camicie della sarta”.
Autrice: Alessandra Meldolesi