LSDM 2016 – La prima giornata
MATTEO BARONETTO
Ad aprire la nona edizione della manifestazione più importante del sud Italia è stato Matteo Baronetto, presentato da Enzo Vizzari come “uno dei giovani cuochi sulla soglia della maturità più bravi, completi e preparati, all’opera nel ristorante più bello d’Europa”. La prima uscita per lo chef del Cambio di Torino, impegnato al 100% nella direzione del ristorante. “Da cuoco mi sono trovato per la seconda volta in difficoltà, come al Concorso sull’olio del 2007 a San Sebastian.
Foto Alessandra Farinelli
Foto Alessandra Farinelli
Anche in questo caso un prodotto dalle variabili sottili, inafferrabile. Sono partito dalla consistenza dell’animella, che può ricordare il latticino. Viene bollita, affumicata con olio sul carbone, per ricordare una variante tipica, affettata come un carpaccio e disposta sul piatto con fette più spesse di mozzarella. In sottrazione”. Un piatto in tipico stile Baronetto, binario e concepito per via di metafora. Servito in finitura con qualche goccia di olio di sesamo sull’animella, per esaltare l’affumicatura attraverso il tostato.
Foto Alessandra Farinelli
A seguire una ricetta libera, autentica “baronettata” incentrata su una tecnica innovativa di cottura della pasta secca, che produce una testura nuova, sviluppando un’intuizione di Scabin e scambiando pasta e condimento senza ricorrere ad additivi o tecnologie: minimalistici Spaghetti, burro e Parmigiano. Vengono reidratati per due ore in acqua fredda, fino a diventare stracotti ed elastici. Sono poi immersi in un vaso di vetro contenente burro chiarificato leggermente salato. Nel forno a vapore a 100 °C subiscono una seconda cottura, che li rende traslucidi e quasi trasparenti, impregnati di burro come spugne, più qualche pizzico di Parmigiano.
RICCARDO MONCO E ALESSANDRO DELLA TOMMASINA
“Una cucina largamente sottovalutata”: è quella dell’Enoteca Pinchiorri secondo il moderatore Luigi Cremona. Sul palco il veterano Riccardo Monco con il neochef Alessandro Della Tommasina.
Foto Alessandra Farinelli
Foto Alessandra Farinelli
Sono partiti da una mozzarella lasciata riposare a 50 °C, sotto il punto di filatura, in un bagno termale di acqua di pomodoro, con l’aggiunto di basilico e spinaci, in modo da aromatizzarla. A seguire, come in un frigidarium, lo choc termico del congelamento.
Foto Alessandra Farinelli
Poi i pici, anch’essi proposti al naturale con un impasto di lievito madre che produce acidità e carica aromatica, incorporando il classico condimento di briciole, e vongole aperte sottovuoto senza vino, perché la freschezza c’è già; i gusci farciti di ricotta e acqua di molluschi. Uno spaghetto con le vongole passato per la trafila delle tradizioni toscane: italianità in purezza, senza contaminazioni o voglia di stupire.
ENRICO CRIPPA
Silenzio, cucina Enrico Crippa. Lo chef di Piazza Duomo, ormai leggenda della cucina internazionale, non solo è prossimo alla perfezionale ma anche “spiazzante”, grazie soprattutto all’orto, ubi consistam dei suoi piatti, a detta del moderatore Enzo Vizzari. Il tema della contaminazione è stato svolto in tre modi: un raviolo aperto fra il taco e il kebab, poi la parmigiana di melanzane, in omaggio al territorio, e un dessert.
Foto Alessandra Farinelli
“Per me la mozzarella significa estate e temperatura fredda, non di frigorifero ovviamente”. Ecco allora la prima ricetta, dove la salsa di pomodoro e patata con abbondante aglio e cipolla è frullata, poi stesa su Silpat e lasciata asciugare in forno a 45 °C dalle 6 alle 8 ore. Ne risulta una carta trasparente, simile alle copertine dei libri di scuola, ripassata in forno per l’effetto croccante. In questo modo forma un taco farcito con fassona cruda, origano, olio di finocchietto selvatico e di peperone di Senise, mozzarella frullata, olive taggiasche essiccate e basilico nano. Con un ricordo di pizzaiola.
Foto Alessandra Farinelli
Foto Alessandra Farinelli
Poi il grande classico campano, servito freddo al ristorante. Si compone di salsa di pomodoro stesa a specchio, congelata e rotta; purea di melanzane viola cotte in forno e fonduta di Parmigiano e provolone, lavorate tutte nello stesso modo, così da ottenere frammenti da ricomporre. Più qualche fettina di melanzana in agrodolce, pesto di olio di cipolle bruciate, per evocare l’estate, mozzarella, cialde di Parmigiano ed erbe.
In chiusura il dessert di ricotta di bufala, il cui punto di partenza è il ripieno della sfogliatella: una nostalgia dell’anno trascorso in Costiera. Ma la contaminazione aggredisce i canditi, estrapolati nelle foglie di cavolo allo sciroppo. La cialda, un impasto liquido di acqua, maizena, farina di mandorle e ceci tostati, è cotto sulla plancha e modellato in forma di conchiglia; la farcia è quella classica di ricotta, canditi e semolino.
LUCA ABBRUZZINO
Generazione Emergente: presentato da Luigi Cremona come giovane portabandiera di una gastronomia in fermento, quella calabrese, dopo un letargo prolungato, Luca Abbruzzino ha presentato tre ricette fortemente etniche, ispirate al recupero di preparazioni e ingredienti della memoria ancestrale.
Foto Francesca Massa
Foto Francesca Massa
Per cominciare un ricordo di ‘mpanata preparata con pane alla nduja, servita su una crema di frutti di mare ottenuta frullando cozze, cicale, teste di gamberi, ricci ed emulsionata alla pasta di mandorle con pepe rosa; più uno spicchio di mozzarella al naturale, erbe amare e piccanti.
Foto Francesca Massa
Foto Francesca Massa
Poi la pasta secca, icona da riportare sul piatto dei congressi. In questo caso spaghetti al nero di sesamo, in trompe-l’oeil sulla seppia, serviti con cipolla di Tropea stufata e ridotta in crema al sesamo tostato e uvetta alla colatura di acciughe, con una sensazione di provola affumicata.
Foto Francesca Massa
Per finire il dessert che riassume la Calabria, riunendo i suoi profumi: bergamotto, cedro marinato, crema di mozzarella e yogurt di bufala alla liquirizia e agli agrumi, soprattutto “stroncatura”, una pasta tipica bollita nel latte, ridotta in polvere e tostata fino ad acquisire sentori evoluti di caffè, sotto forma di gelato e di crumble. Anche qui una coazione a rigustare: non piccante su piccante, ma amaro su amaro su amaro; ruvida anche nelle testure.
LUIGI TAGLIENTI
C’è grande curiosità sul ristorante in apertura di Luigi Taglienti. Un piccolo squarcio è stato aperto a LSDM con l’aiuto del moderatore Alberto Cauzzi. “Il taglio del mio intervento è nato constatando le lacune dei giovani cuochi sul classico. Quindi largo a contaminazioni e sperimentazioni, ma continuando a interrogarsi sul classico, che ho studiato in Francia nelle grandi brigate”.
Foto Francesca Massa
Foto Francesca Massa
Foto Francesca Massa
L’antichissimo cavolo greco, o torzella, è stato al centro della ricetta spin-off della minestra maritata cruda: quindi l’estrazione dell’ortaggio, nitidamente tannica, utilizzata per portare a cottura il mezzano scottato, in osmosi e a freddo, sottovuoto. Più una panna di bufala semimontata alle acciughe, grassa ma eterea, e qualche foglia sempre di cavolo cruda, sapida e grassa: mezzanello e torzella
Foto Francesca Massa
Poi il “neokitsch”, quindi la sfida di recuperare attraverso la tecnica un piatto come le pennette al salmone con panna e vodka. Sul palco le calle per una testura importante, il salmone marinato in acqua di governo delle mozzarelle, ridotta per l’acidità e la sapidità, l’acqua di mozzarella ottenuta per pressione usata per montare una salsa olandese al burro di bufala, una demiglace di succo di arancia rossa, per lo stesso cromatismo del pesce, e una foglia di radicchio per l’amaro. Imprevedibile pastiche di alto e basso, sacro e profano.
VITO MOLLICA
Contaminazioni, ma dalla prospettiva di un figlio di emigranti che in divisa da cuoco serve il pubblico internazionale di un grande albergo. Vito Mollica ha declinato il tema del congresso rielaborando un classico dimenticato: il timballo di ziti.
Foto Francesca Massa
Foto Francesca Massa
Per farcia la ricotta di bufala lavorata con olio e polline di finocchietto; ma di bufalo è anche il ragù a crudo con odori e porcini secchi; più la salsa di pomodoro con fondo di carne, le costine in pasta e la clorofilla di prezzemolo. Meridione e settentrione riuniti nel piatto, secondo l’immaginaria sintesi di un cliente globetrotter.
Autrice: Alessandra Meldolesi