Flanders Kitchen Rebels e l’orto tristellato di Gert De Mangeleer
CHI ERA STATO
da queste parti qualche anno fa, ora si stupirà non poco nel visitare la nuova sede di Hertog Jan. Più lontana dal centro di Bruges (ma anche il precedente ristorante era periferico) e immersa nella quiete della campagna, tra orti, piccole casette in mattoni e coltivazioni di erbe e verdure.
Prima il vecchio Hertog Jan si trovava in una minuscola villetta che, col passare del tempo, era diventata scomoda e poco adeguata al crescente successo della cucina e, oltretutto, non permetteva di avere i prodotti freschi a portata di mano. Ora questo ristorante si chiama L.E.S.S. (Love Eat Share Smile) ed è, di fatto, il secondo indirizzo di Hertog Jan, solo che propone piatti più semplici in versione tapas, tra jamon iberico, pimiento del piquillo, dim sum, tacos e ceviche. In sostanza si tratta di un piacevole angolo di cucina mediterranea pronto uso, per spiluccare e condividere al tavolo, con la giusta attenzione verso le esigenze dei vegetariani, e degli intolleranti al lattosio e al glutine.
La sala ristorante con tavoli grandi e ampi spazi, è essenziale e contemporanea, con una lunga vetrata che offre uno scorcio dell’orto, mentre la cucina è ospitata, in versione open space, all’interno di una vecchia costruzione in mattoni nella quale i cuochi e l’intero team di cucina si muovono come in una lunga catena di montaggio sin dalla mattina. Ognuno qui ha il suo compito, finalizzato a rendere perfetto l’elemento che costituisce, insieme a molti altri, l’essenza di ogni preparazione destinata a giungere al tavolo.
All’apparenza è quasi un laboratorio, visto che chi si muove in questo spazio indossa una tuta da lavoro non troppo diversa da quelle che si vedono nelle officine meccaniche. All’esterno invece spiccano le lunghe file di piante, dove si passa dall’origano alla melissa, dalla salvia officinale all’artemisia, dal rosmarino al timo, fino alla menta. Qui le tute sono quelle del giardinaggio e del lavoro in campagna.
Amici da sempre, in un lungo percorso che li ha portati a creare anche il nuovo ristorante, aperto ormai da un paio di anni, Gert e Joachim si dividono equamente la gestione di Hertog Jan. Il primo in cucina a sperimentare e a creare nuovi piatti, il secondo invece è sempre tra la sala e la cantina, dove distribuisce il suo ben noto savoir faire e i preziosi consigli per una buona bottiglia. Con sorprese non da poco, che in qualche modo si erano già viste nel vecchio ristorante. Tra queste gli abbinamenti con le birre locali e qualche etichetta di vino non proprio scontata, come nel caso degli alvarinho del Portogallo o le più ricercate bottiglie provenienti dall’isola greca di Santorini.
Joachim, classe 1980 e nativo di Ostenda, nel suo background mette in fila esperienze di tutto rilievo in ristoranti come De Karmeliet e ‘T Molentje, prima di arrivare, nel 2002, a Hertog Jan dopo un breve passaggio da Hof Van Cleve. Qui conosce Gert De Mangeleer (classe 1977, da Dendermonde), che in qualche modo aveva tracciato il suo percorso professionale in maniera molto simile, tra ristoranti a metà strada tra Belgio e Olanda, poi l’approdo nel 2002 a Hertog Jan. Dopo la routine di tre anni tra i due si consolida un’amicizia nata tra sala e cucina che li porta alla decisione di rilevare il locale e così inizia un’avventura entusiasmante che li porta in brevissimo tempo a bruciare le tappe e a diventare dei punti di riferimento della cucina fiamminga contemporanea. Con la prima stella nel 2007, la seconda nel 2010 e la terza nel 2012 è una escalation progressiva e molto veloce, giustificata dalla bontà della cucina.
Different tomato varieties with goat cheese, cardamom and tagetes (flowers)
Forma e sostanza, in ogni piatto. Quella di Gert De Mangeleer è una cucina moderna che affonda le sue radici nei prodotti dell’orto (erbe, verdure, fiori edibili, che vengono seguiti dal seme alla raccolta) e si nutre allo stesso tempo di intuizioni e “flavours” che arrivano ogni parte del mondo. Dando un’occhiata alla carta, o al curioso foglio che viene consegnato al tavolo (e che poi si può portare a casa), contenente una lunga lista di piatti, la sequenza proposta lascia capire come l’influenza francese qui sia evidente e ancora molto marcata.
Young celeriac with black truffle
Filled bell peppers with fresh cheese, green olives and anchovies, green herb vinegar
Non si esce dalla scelta di caviale, langoustine, black truffle e animelle, tra gli altri, che, però, vengono reinterpretati con notevole gusto in chiave cosmopolita e, a volte, un po’ nordica, seguendo diligentemente le tendenze degli ultimi anni. L’apertura è appannaggio di un classico della casa come il delizioso avocado ricoperto di polvere di pomodoro concentrato e bagnato dall’olio d’oliva Arbequina, vera chiave di lettura di una cucina senza confini, come poi dimostrano ampiamente i successivi piattini di patate con vaniglia e Mimolette, il peperone con acciuga e formaggio di capra o il fegato d’oca con la cola e il frutto della passione.
Dim Sum of kohlrabi filled with smoked eel and goose liver
Il binomio freschezza/carattere qui raggiunge vette notevoli e rivela appieno l’ottima mano del cuoco, che si diverte poi a mescolare mare e campagna negli starters. Dove il mare, strada facendo, prende il sopravvento. Si parte con il Caviale (Royal Belgian) che incontra un carpaccio di rape, una quenelle di formaggio fresco e una generosa quantità di uova di merluzzo, si prosegue con Iodine, una scodella riempita di ostriche, fasolari e ricci di mare ricoperti da un’aria di champagne (e un po’ di olio di aneto).
Mackerel with salmon eggs, radish and lemoncream
E infine ecco le spigolosità degli scampi, marinati con lampone e vaniglia, con la barbabietola rossa sottaceto e una bouillabaisse realizzata con le carcasse dei pesci. Terra e mare si incrociano spesso anche nei piatti principali, come dice l’ottima capasanta con midollo, scalogno, caviale di aringa e ravanelli neri marinati, stemperati dalla cremosità del topinambur. Più legato ai sapori della terra è invece il piatto che unisce il tartufo nero francese di Carpentras (in versione carpaccio) con la fondue di coda di bue e la crema di patate Polder (altro classico della casa).
Sweet walk through the garden with chocolate, flowers and violet
Per chiudere il cerchio si passa attraverso i dolci: esteticamente perfetti, geometrici, e che giocano come in quasi tutto il percorso a tavola, con diverse tonalità di colore. E’ il caso di Stones, una impegnativa combinazione di mascarpone, cioccolato, caffè e bergamotto in diverse consistenze.
Autore: Gualtiero Spotti
Hertog Jan Restaurant
Loppemsestraat 52 - B-8210 Zedelgem
Tel. +32 (0)50673446
Mail: info@hertog-jan.com
Il sito web del ristorante Hertog Jan