Equinozio alla Magnolia: la primavera di Cristoforo Trapani

di Geporter Gourmet

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HEINZ BECK,

Antonino Cannavacciuolo, Moreno Cedroni, Davide Scabin, Mauro Colagreco. Non è certo un autodidatta Cristoforo Trapani, chef ventottenne originario di Sorrento, che a dispetto del CV mostra un’umiltà encomiabile, veicolo per andare lontano. “Sono state esperienze fondamentali, che però cerco di superare per sviluppare una cucina personale”. Lo dice attorniato dagli intarsi liberty dell’hotel Byron, a Forte dei Marmi, dove è approdato un anno fa al termine dell’esperienza di Piazzetta Milù. La grande occasione offerta su un piatto marmoreo dal patron Salvatore Madonna, talent scout e coach di giovani talenti.


Candele alla genovese

Ed è proprio in Versilia, paradossalmente, che Trapani si è ricongiunto alle sue origini, strappate dalla forza della nostalgia alla pigrizia dell’abitudine e alla fatalità di una cucina già scritta. Sono tante le eccellenze campane, che elettrizzano questa tavola toscana con energia fotovoltaica: su tutte gli ortaggi di mamma Felicia e papà Luigi, commercianti di verdure. I carciofi di Schito come i limoni di Sorrento, che emozionano quali struggenti esche nostalgiche; ma da casa arrivano anche i clamorosi San Marzano e i pomodorini gialli coltivati da Ilario Montoro, nei cui orti Trapani ha scelto filari ben esposti, per ricavarne anche una conserva per le stagioni meno amiche. E ancora le paste secche, feticcio dello chef, griffate Gerardo di Nola e Pastificio dei Campi.


Agnello di Zeri arrostito

La chiave della cucina tuttavia è la fusion tosco-campana: dal circondario arrivano il pesce, i formaggi, le farine per il pane, il farro garfagnino, l’agnello di Zeri e soprattutto l’olio, in diverse tipologie. Prodotti che si traducono immediatamente in gusto: sul piatto non sono mai più di tre o quattro, senza lambiccature concettuali o accanimenti tecnologici. Quella di Trapani è infatti una cucina spontanea, mai ingenua però, impeccabile nella centratura tecnica della materia, grazie a un forte istinto. La novità sta nelle influenze orientali, contratte affiancando i maestri e rinfocolate dalla composizione multietnica della brigata, utili per disciplinare e scremare l’esuberanza di piatti generosi, spesso contraddistinti da una tendenza dolce temperata dall’acidità.


 

Alla sua seconda fioritura, un anello in più sul fusto, la Magnolia affianca alla carta (dove si vanno stabilizzando i “piatti della stella”, per esempio il Carciofo violetto di Schito arrostito, lardo di Colonnata, aglio e prezzemolo; lo Spaghettone di Gragnano al pomodoro giallo e burrata, gamberi rossi e cotenna soffiata; la rivisitazione Come il caciucco, crostacei di scoglio e molluschi cotti e crudi) tre degustazione: il Vegetariano (4 portate a 90 euro), gli Otto assaggi a mano libera (120 Euro) e La via della pasta, menu tutto carboidrati comprendente 3 assaggi e un dessert a 90 euro. “Cambia secondo il mercato e si articola in crescendo, con un’alternanza di formati. Può iniziare con maruzze e maruzzelle, lumachine e lumachine di mare, o con gli spaghetti freddi al nero di seppia, serviti in antipasto per temperature, moderazione gustativa o dimensioni della porzione. Per crescere di intensità con calamaretti, canocchie o ricci. Io e il mio braccio destro Gianluca Ceolin, che era con me già da Scabin, lo variamo quotidianamente”. Il predessert però è sempre lo spaghetto al pomodoro, perché ha la giusta acidità e tendenza dolce e perché rappresenta la massima gratificazione per l’ospite. E la chiusura stessa, a sorpresa, è per l’icona italiana, passepartout per qualsiasi serratura.


 

Si comincia con gli appetizer, che tracciano la rotta congiungendo due preparazioni plebee. Quindi la pizza fritta con il superbo San Marzano, che da solo vale il viaggio, e il crostino toscano di fegatini e gelatina di Aleatico. Più la tartare di cannolicchi con limone ed erbe di mare e la new entry della scarpetta di ragù napoletano, madeleine di Trapani. “Mi riporta a quando giovanissimo tornavo a casa la domenica alle 6 e mi alzavo alle 11; pippava sul fuoco e mi bruciavo il palato”.


 


 

Fra gli antipasti i Gamberi rossi di Mazara del Vallo, serviti crudi con una riduzione di arance, crema di sedano rapa, infuso di mela verde versato al tavolo e chips al nero di seppia, piatto completo nel suo contrasto agrodolce, termico e di consistenze. La prima avvisaglia di una tendenza dolce destinata a ricorrere e della predilezione per i crostacei, in cui è leggibile il magistero di Antonino Cannavacciuolo. Oppure l’Anguilla glassata alla birra Moretti con rapa rossa in forma di sorbetto e polvere alla base, piatto nato su input di Salvatore Madonna. “Voleva un’anguilla al mare, e anche a me piace molto. La prendo sempre al ristorante quando la trovo. Siamo partiti dal foie gras, ma la grassezza era eccessiva. Così abbiamo optato per la rapa rossa, che riprende la nota terragna del pesce. A ripulire ci sono la schiuma leggermente amara di birra e l’aria acidula di rabarbaro. La cottura è prima sottovuoto, poi per arrostitura, ma la laccatura con la riduzione di arancia al finocchio e miso guarda alla preparazione giapponese”.


 

Ancora oriente nella ventresca di un tonno migratore, pescato fra Napoli e il Giappone. Lo spunto è casalingo: il tonno con ceci e cipolle; lo svolgimento spiazzante, con la cipolla marinata in aceto di vino rosso e limone, la salsa di ceci fritti al curry e il pesce crudo, in shabu shabu di dashi e scottato.


 

Una pista che porta ai deliziosi ravioli di moscardini alla luciana con infuso di alghe e limone, piatto che potrebbe preannunciare il Trapani a venire, più netto, minimalista e contrastato, emancipato dalla tendenza dolce in favore di un’elegante sapidità. La pasta è all’uovo, il ripieno di moscardini cucinati classicamente e passati al Bimby, con un tentacolo per la masticazione e il grasso rilasciato in cottura montato a maionese con l’olio. L’infuso versato al tavolo ricorda quasi un tè: la mente corre a oriente, ma sono le stesse alghe utilizzate a Napoli nelle zeppole, qui chiamate a rafforzare la sensazione iodata; più il limone di Sorrento per una pulizia ulteriore.


 

Guarda invece al Piemonte, patria di Ceolin esplorata da Trapani durante l’esperienza al Combal, il risotto con burro, acciughe e bagnetto verde, conversione di un antipasto (le acciughe al verde tanto care a Scabin) in primo piatto. Dove il carnaroli è cotto con brodo di pesce e mantecato con succo di prezzemolo; sopra ci sono la salsa di bagna cauda, il bagnetto verde, le acciughe crude e il consueto limone.


 

Per secondo il piccione, servito con un bonbon impanato delle rigaglie, spugnole glassate, mais per evocare la pastura, salsa di mela annurca per l’acidità (direttamente dai banchi di famiglia) e lampascioni per l’amaro. Dove il petto è cotto classicamente, in padella e in forno, con gli aromi di sempre.


 

Solo apparentemente semplice lo spaghetto servito prima del dessert, dove il San Marzano è utilizzato in tre modi: crudo per la caramellizzazione iniziale, che regala dolcezza e lunghezza; in conserva per l’acidità e sotto forma di acqua per la freschezza finale. Un piatto in cui Trapani ha scelto di esaltare la complessità del pomodoro disarticolando la stessa varietà piuttosto che miscelando diverse tipologie, come altri cuochi: didascalico.


 

Il dessert del menu tutto pasta è il rigatone stracotto e soffiato servito come un piccolo cannolo, farcito di cremoso di mozzarella di bufala con composta di pomodori al timo e una spolverata di mozzarella di bufala disidratata a simulare il Parmigiano. Divertissement che in bocca regala la sensazione di un piccolo cannolo siciliano, travestito da primo piatto.


 


Pastiera

Con l’alternativa di Cioccolato, sigari e rum, epitome dell’after dinner, dove il sigaro toscano in infusione aromatizza la crema del gelato, piacevolmente pizzicante per ripulire a fine pasto, più la gelatina di rum e la corteccia di cioccolato fondente. A palato nettato dal sorbetto di mela verde, in funzione di frutta dopo il dessert, arriva la piccola pasticceria firmata Martina Ceolin: sfogliatella classica, gelatina di frutta, cremino, pralina al pistacchio e cioccolato bianco.

Autrice: Alessandra Meldolesi

Tutte le fotografie sono di Lido Vannucchi

 

Ristorante La Magnolia c/o Hotel Byron

V.le A. Morin, 46 - 55042 Forte dei Marmi (Lucca)

Tel. +39 0584 787052

Mail: info@hotelbyron.net

Il sito web del Ristorante La Magnolia

23/04/2016
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