L'attacco di panico se lo hai avuto lo ricordi. Non è una cosa che puoi confondere con altro. E’ una sensazione di morte imminente senza una motivazione reale, per cui hai paura. È come se tu stessi per essere aggredita da una belva da un momento all’altro e quindi il tuo corpo entra in modalità allarme: sudorazione, battito accelerato, la gola che si chiude, tutta una serie di sintomatologie che sono tipiche dell'attacco di panico. Io ne ho sofferto per trent’anni.
Nessuna vergogna
Quello che mi sento di dire a chi ne soffre è per prima cosa di parlarne. Chi ne soffre si vergogna, perché l’attacco di panico ti fa sentire debole. Chi ti sta accanto e non capisce la malattia psicologica ti dice “Vabbè ma non è niente, che ti manca?". Reagisci, ma non riesci perché c'è qualcosa di chimico che accade nel cervello. La prima strada per uscirne è raccontarlo, perché aiuta a sdrammatizzare, e poi curarsi nella maniera più assoluta con farmaci e con psicoterapia.
Farmaci e psicoterapia aiutano
I farmaci ti aiutano molto a prevenire gli attacchi di panico e quindi ti aiutano a vivere una vita il più possibile normale. Nel frattempo, lavorando su te stessa, capisci la causa. Capita la causa hai risolto il problema. Questo punto è fondamentale, se non individui la causa non se ne andranno mai. Perché gli attacchi di panico sono paradossalmente una cosa positiva. È un segnale che ti dice di non fare finta di niente, ti avverte che hai ancora qualcosa da risolvere, e finché tu non lo risolvi, questo segnale è lì presente. E’ come la febbre, quando viene ai bambini è una cosa sana, è una manifestazione di uno stato, un campanello d’allarme, un avviso. La stessa cosa sono gli attacchi di panico. Chi fa finta di non averli, chi cerca di sminuire dicendo “Vabbè, ma tanto adesso lo risolvo” fa male. Non è così, non è così e si può veramente uscirne. Per vivere bene bisogna intervenire con consapevolezza.