“Quando sono stata giudicata e ho condotto una battaglia che ho vinto in tribunale perché sono stati diffamati i miei bambini e la mia famiglia (si riferisce ai post diffamatori di una persona che aveva messo in dubbio la paternità del terzo figlio della giornalista, figlio dell’ex marito avuto prima di cominciare la relazione con l’attuale compagno Claudio Santamaria) pensavo che fosse relativo al fatto che una donna non potesse rifarsi una vita (La lettera scarlatta) e ho sempre detto alle altre donne di denunciare, di non arrendersi mai alle chiacchiere del popolo, a chi prova a censurarvi, ingannarvi.
Poi però mi sono accorta che questo fenomeno in realtà si è allargato sempre di più e allora mi sono chiesta il perché di questo. Io sono l’esempio tangibile che questi attacchi avvengono non solo da anonimi ma anche da personaggi con nomi e cognomi. Quando ho perso il mio bambino c’è pure chi ha detto che non fosse vero e non è stato neanche chiesto scusa. Lì ho capito che queste diffamazioni colpiscono anche gente che soffre o addirittura morta.
Allora invece di piangerci addosso e intasare i tribunali dovremmo fare rete tra brave persone, dare il buon esempio, ignorare i brutti comportamenti e cominciare a sottolineare il bello che ci accade nella vita. Così facendo per esempio il mio profilo social l’ho fatto diventare una piattaforma pulita. Il mio sito “A occhio e quanto basta” è diventato una spazio meraviglioso, belle ricette e belle storie legate al cibo. Quindi, dare il buon esempio induce gli altri a mantenere il bello e il pulito nello spazio in cui si entra”.
Testo raccolto da Laura Rio