Uova e colombe di Pasqua: come orientarsi nell’acquisto

Attratti più dalle sorprese e da altro, i consumatori dimenticano che il segreto di uova e colombe pasquali è in realtà negli ingredienti

di Stefania Elena Carnemolla

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Pasqua, tempo di colombe, dolci tipici, uova, campane, gallinelle e coniglietti al cioccolato e anche di contraffazioni, come quelle che nel 2014 con l’operazione Pulizie di Pasqua ha visto i NAS dell’Arma dei Carabinieri sequestrare 5 tonnellate fra uova, colombe e dolci pasquali, come i 10 kg di colombe di produzione industriale sequestrate dai NAS di Livorno ad una pasticceria di Pisa dove venivano vendute come artigianali e con il titolare, quindi, denunciato per frode in commercio.

Non c’è pace per i consumatori, neanche a Pasqua, tanto che c’è chi preferisce preparare ancora i dolci tipici in casa. Secondo un’indagine Coldiretti/Ixé presentata il 13 aprile scorso a Roma al Mercato di Campagna Amica, fondazione di Coldiretti, quest’anno 6 famiglie su 10 prepareranno tra le mura domestiche i dolci pasquali “nel rispetto delle tradizionali locali”. Il 70% delle famiglie non rinuncerà, comunque, alla colomba e all’uovo di cioccolato spendendo, rispettivamente, 170 e 250 milioni di euro.

Che siano industriali o artigianali quella di colombe e uova di cioccolato è un’offerta sempre più variegata. Come sceglierle? Paghiamo il giusto per un prodotto di qualità e, viceversa, troppo per uno di scarsa qualità?

Il re del cacao

In Italia la prima normativa per la regolamentazione del settore cioccolatiero risale al re Vittorio Emanuele III che il 9 aprile 1931 promulgò la legge 916 con le Norme concernenti la fabbricazione e la vendita del cacao e del cioccolato.

Nel 1973 fu la volta della direttiva 73/241/CEE del 24 luglio pensata per uniformare le legislazioni degli Stati membri sui prodotti a base di cacao e cioccolato destinati all’alimentazione umana, specificando nell’allegato che per cioccolato doveva intendersi il prodotto ottenuto dalla granella di cacao - semi di cacao, torreffati o meno, puliti, decorticati e degerminati -, pasta di cacao, cacao in polvere o cacao magro in polvere e da saccarosio, con o senza aggiunta di burro di cacao, contenente almeno il 35% di sostanza secca totale di cacao - almeno il 14 % di cacao secco sgrassato e il 18 % di burro di cacao; quindi con cioccolato comune quello con almeno il 30% di sostanza secca totale di cacao, il 12% di cacao secco sgrassato e il 18% di burro di cacao; con cioccolato al latte quello con almeno il 25% di sostanza secca totale di cacao, almeno il 14% di materie solide provenienti dall’evaporazione del latte, cioè almeno il 3,5% di grasso butterico, 55% al massimo di saccarosio e almeno il 25% di sostanze grasse; il cioccolato comune al latte quello con almeno il 20% di sostanza secca totale di cacao, almeno il 20% di materie solide provenienti dall’evaporazione del latte, cioè almeno il 5% di grasso butterico, 55% al massimo di saccarosio e almeno il 25% di sostanze grasse.

La direttiva autorizzava, inoltre, ad arricchire la denominazione principale cioccolato o cioccolato al latte con menzioni che ne qualificassero la qualità, ad esempio, finissimo solo se il cioccolato conteneva almeno il 43% di sostanza secca totale di cacao e almeno il 26% di burro di cacao. In Italia la direttiva fu recepita dalla legge 351 del 30 aprile 1976, dove si parla anche di cioccolato extra ottenuto da granella di cacao, pasta di cacao, cacao in polvere o cacao magro in polvere, saccarosio, con o senza aggiunta di burro di cacao, contenente almeno il 45% di sostanza secca totale di cacao ed il 28% di burro di cacao.

Burro di karité e olio di palma

Nel 2000 fu, invece, la volta della direttiva comunitaria 2000/36/CE del 23 giugno, in Italia recepita dal decreto legislativo 178 del 12 giugno 2003, con cui fu anche previsto l’uso di grassi vegetali diversi dal burro di cacao indicati in allegato con il nome comune e quello scientifico delle piante da cui potevano essere ricavati: burro di illipé, sego del Borneo o Tengkawang (Shorea spp.), olio di palma (Elaeis guineensis o Elaeis olifera), grasso e stearina di Shorea robusta (Shorea robusta), burro di karité (Butyrospermum parkii), burro di cocum (Garcinia indica), nocciolo di mango (Mangifera indica).

L’Italia condannata

Il decreto legislativo 178/2003, inoltre, introduceva con l’art. 6 la possibilità di utilizzare la dizione cioccolato puro per alcuni prodotti - cioccolato, cioccolato al latte, cioccolato bianco, cioccolato ripieno, chocolate a la taza, chocolate familiar a la taza, cioccolatino o pralina - privi di grassi vegetali diversi dal burro di cacao, quindi cancellata dopo un ricorso della Commissione Europea alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Prodotti civetta

Un quadro per aiutare il consumatore a capire l’oggi, deve i rischi tuttora non mancano: “Nell’acquisto delle uova” spiega, ad esempio, l’ Unione Nazionale Consumatori “non sempre si fa caso alla qualità del cioccolato, al suo peso ed al costo unitario: la quantità di cacao è determinante per differenziare un cioccolato di pregio da uno di minore valore. Pur essendo tutti sicuri da un punto di vista nutrizionale, un cioccolato fondente in cui il cacao è di molto superiore al 50% dovrebbe costare di più di un cioccolato al latte. Questa differenza nelle uova non sempre è così netta per cui si corre il rischio di pagare il cioccolato al latte quasi come quello fondente. Spesso si tratta di prodotti ’civetta che vengono venduti a prezzi molto bassi per indurre il consumatore a comprare anche altro. Il consiglio è quello di approfittare delle occasioni, ma sempre leggendo con molta cura le indicazioni riportate in etichetta”, senza dimenticare di controllare la data di scadenza.

Fare anche attenzione alle uova, con cioccolato fondente o al latte, che riportano l’indicazione cioccolato finissimo o superiore e fatti pagare come tali: verificare, in tal caso, se il cioccolato contiene almeno il 43% di sostanza secca totale di cacao e almeno il 26% di burro di cacao. Viceversa si tratterà di una frode.

Specchietto per le allodole

A incidere sul prezzo è, in particolare, la sorpresa: “Si tratta talvolta di oggetti made in China di scarso valore commerciale che non dovrebbero incidere pesantemente sul costo” spiega l’Unione Nazionale Consumatori “e che invece talvolta fanno la differenza. È però anche vero che non sempre i commercianti rispettano i prezzi indicati, ma fanno degli sconti che divengono notevoli con l’approssimarsi della domenica di Pasqua per poi crollare subito dopo: in pratica si finisce con il pagare non tanto l’alimento quanto l’oggetto. Un discorso analogo si può fare con le colombe i cui costi possono variare in funzione non tanto della qualità e della sicurezza, quanto delle strategie di vendita. È infatti possibile trovare una colomba della stessa marca con prezzi molto diversi tra i vari punti di vendita: in alcuni casi si tratta di vendite ‘civetta’ per indurre i consumatori a fare altri acquisti nello stesso esercizio commerciale. Bisogna soltanto evitare di ‘abboccare’ e di limitarsi ad acquistare soltanto i prodotti i cui costi sono effettivamente convenienti”.

Nel business delle uova di cioccolato a giocare un ruolo sempre più “determinante” spiega QualeScegliere.it, che collabora con l’Unione Nazionale Consumatori, sono, infatti, la sorpresa e il tipo di sorpresa. È il caso, ad esempio, delle uova per bambini il cui prezzo aumenta in base alla licenza di utilizzo di marchi e personaggi famosi: “Le uova di Pasqua dedicate ai più piccoli, per esempio, puntano ogni anno sulle ultime tendenze nel mondo giovanile, proponendo giocattoli e gadget in linea con i personaggi dei cartoni, dei film o dello sport più amati del momento. Questo significa che le aziende produttrici dovranno affrontare un ulteriore costo oltre al semplice costo di produzione della sorpresa: quello della licenza, necessaria nel momento in cui si utilizza un marchio famoso o si cita un personaggio noto. Ad aumentare il costo legato alla sorpresa, poi, contribuisce anche la proposta di uova di cioccolato differenziate in base al genere del destinatario. Molti produttori, infatti, utilizzano colori e sorprese specifiche a seconda che l’uovo di Pasqua sia destinato a un bimbo o a una bimba. Indipendentemente dalla qualità del cioccolato, quindi, le uova di Pasqua che propongono sorprese ‘anonime’ avranno sicuramente un costo inferiore”.

L’etichetta delle uova con sorpresa deve, inoltre, riportare il marchio CE, l’indicazione della fascia d’età e la provenienza dei prodotti.

Colomba pasquale 

A regolamentare la produzione e la commercializzazione della colomba è, invece, il decreto interministeriale del 22 luglio 2005, poi aggiornato il 19 giugno 2017, recante la le norme sulla produzione e la vendita di alcuni prodotti dolciari da forno. In base al decreto colomba è solo il prodotto dolciario da forno a pasta morbida ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma irregolare ovale simile alla colomba, con struttura soffice ad alveolatura allungata e glassatura superiore e una decorazione composta da granella di zucchero e almeno il 2% di mandorle, riferito al prodotto finito e rilevato al momento della decorazione.

Gli ingredienti, che si devono trovare obbligatoriamente in etichetta, sono: farina di frumento; zucchero; uova di gallina di categoria A o tuorlo d’uovo derivato da uova di gallina di categoria A o entrambi in quantità tali da garantire non meno del 4% per cento in tuorlo; burro da creme di latte vaccino con un apporto in materia grassa butirrica in quantità non inferiore al 16%; scorze di agrumi canditi in quantità non inferiore al 15%; lievito naturale costituito da pasta acida; sale, compreso quello iodato. Al produttore è, comunque, permesso di aggiungere latte e derivati; miele; burro di cacao; malto; zuccheri; lievito, aromi naturali e naturali identici; emulsionanti; conservanti tipo acido sorbico e sorbato di potassio. La glassatura superiore è ottenuta con albume d’uovo e zucchero, mentre al produttore è consentito aggiungere mandorle, armelline, nocciole e anacardi finemente macinati; farina di riso, di mais e di frumento; cacao, zuccheri; amidi; oli e grassi vegetali; aromi naturali e naturali identici; emulsionanti; acido sorbico e sorbato di potassio.

Anche per l’acquisto della colomba aiuterà, pertanto l’etichetta, mentre gli ingredienti dei prodotti da laboratorio, in base alla normativa sulla sicurezza alimentare, andranno segnati su un cartello o su un registro degli ingredienti sul banco di vendita.  

 

Abbiamo parlato di:

NAS – Nuclei Antisostificazioni e Sanità Scheda

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15/04/2019
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