Tritarifiuti domestici: una soluzione ecologica contro cattivi odori, insetti e batteri

Tritarifiuti domestici una soluzione ecologica contro cattivi odori insetti e batteri
di Stefania Elena Carnemolla

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Estate, con il caldo e l’afa i cattivi odori dei rifiuti umidi diventano ancora più nauseabondi. Pattumiere sudice dove prolificano colonie di batteri e che con i loro odori attirano gli insetti. Nel 1927, John Hammes, un architetto dl Wisconsin, pensò a come sminuzzare i rifiuti organici eliminandoli con l’acqua di scarico del lavandino: un’idea all’origine dei moderni dissipatori per rifiuti alimentari, più semplicemente, tritarifiuti. Diffusi, ormai, in molti paesi, in commercio si trovano modelli per tutte le tasche, dai più semplici ai più sofisticati, sempre più silenziosi, con la riduzione dei rumori considerata un traguardo progettuale. Niente lame, niente chimica, solo un pulsante e il rifiuto viene triturato. I modelli più avanzati non temono i rifiuti filamentosi, come i filamenti di sedano e carciofi, facili ad attorcigliarsi, né ossa di pollo o coniglio.

Il tritarifiuti è, ormai, considerato un vero e proprio elettrodomestico, in cucina collocato sotto il lavello collegato a un tubo di scarico con i rifiuti, trascinati dall’acqua, convogliati nel sistema fognario o nelle fosse biologiche. Una soluzione ecologica che consente, dove l’umido non viene differenziato, di alleggerire il carico della pattumiera; di eliminare direttamente in casa, se l’umido viene differenziato, il cestino per l’umido; di ridurre la massa di rifiuti destinati alle discariche evitando, così, la formazione di gas metano e la sua dispersione nell’atmosfera, nociva per l’ambiente.

Non smaltirli all’esterno consente anche di ridurre il quantitativo di CO2 dei mezzi di trasporto di raccolta rifiuti e quello dei costi di raccolta porta a porta. Un’azienda che produce tritarifiuti nel ricordare alcuni dati Ispra del 2011 – 50,1 euro per famiglia l’anno per la raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti solidi urbani – ha osservato che se i 22 milioni di famiglie italiane usassero un tritarifiuti domestico si avrebbe un “decremento di costi pari a ben oltre mezzo miliardo di euro all’anno”.

Un elettrodomestico anche semplice da pulire. Un’azienda produttrice consiglia, ad esempio, di inserire una vaschetta di cubetti di ghiaccio con limone tagliato a fette, pochi secondi per avere un tritarifiuti profumato e come nuovo. 

In alcuni paesi la biomassa prodotta con i tritarifiuti viene, invece, utilizzata per concimare il terreno o produrre energia, come a Nairobi, in Kenya, dove, grazie a un investimento di 400 dollari per l’acquisto di un tritarifiuti, più famiglie hanno potuto usufruire dell’elettricità. In Svezia, dove i tritarifiuti sono ormai una realtà, il biogas creato dal macinato è stato, invece, trasformato in carburante.

In Italia l’utilizzo di tritarifiuti per lo smaltimento di rifiuti organici domestici e loro compatibilità con gli scarichi fognari è disciplinato dal decreto legge 152/99, che dice: “Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell’alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell’esistenza di un sistema di depurazione da parte dell’ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L’installazione delle apparecchiature è comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio”.

I tritarifiuti sono compatibili con lo stato di tubature e fognature? Negli Stati Uniti, dove la penetrazione dei tritarifiuti è del 50%, “l’impatto sulla rete fognaria è del 4%, poiché le microparticelle sono formate da acqua per il 90%”, così un’azienda produttrice, che spiega: “Un impatto pressoché nullo, e che lo sarebbe quindi ancora meno in Italia, dove la popolazione è cinque volte inferiore. Per quanto riguarda invece le tubature, il dissipatore è compatibile con quanto esistente oggi in Italia. Plastica o geberit sono i materiali più indicati, mentre le vecchie tubature in piombo, precedenti agli anni ‘40, possono provocare qualche inconveniente a causa dei depositi di detersivo che, con gli anni, si sono accumulati sulle numerose curve a gomito previste dalla tipologia di impianti dell’epoca”.

 

 

28/07/2016
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