Tra i ghiacciai con bermuda e scarpette da tennis: gli errori da evitare in montagna

di Stefania Elena Carnemolla

Gli incidenti in montagna, un ambiente spesso affrontato con superficialità, sono un classico ad ogni stagione.

Un video tutorial della Fondazione Montagna Sicura spiega, ad esempio, quali sono gli errori da evitare. Andare in montagna su un ghiacciaio vestiti con bermuda, jeans e scarpette sportive non è mai una buona idea. Così come non è una buona idea farsi autoritratti in zone off limits, non seguire le istruzioni delle guide od ignorare quelle consegnate, ad esempio, alla biglietteria della funivia.

Il video mostra alcuni vacanzieri in una zona di montagna ancora innevata, nonostante l’alta stagione. Alcuni sono equipaggiati di tutto punto con abbigliamento adeguato, corda, imbrago ed altra attrezzatura da montagna. Vi si vede, quindi, una famiglia di tre persone, padre, madre e figlio in abiti estivi e scarpette sportive e, ancora, una giovane coppia, sempre in abiti leggeri. Alcuni vacanzieri, quindi soccorsi, che non avevano seguito le indicazioni della guida, scivoleranno in un crepaccio, mentre il padre e il figlio in abiti estivi, scampati per poco al pericolo, verranno a loro volta soccorsi in preda ad assideramento.

Arrampicarsi fra le vette vestiti all’ultima moda servirà a ben poco, con il rischio, come testimonia il video, di rendersi ridicoli: “La pratica della montagna” ricorda la Fondazione Montagna Sicura “richiede conoscenza, esperienza, preparazione, capacità di valutazione e prudenza: non dimenticate che un approccio umile e rispettoso è il presupposto per una buona riuscita”.

Sono, infatti, tanti gli errori che si compiono. La Fondazione Montagna Sicura ha, pertanto, stilato un vademecum che aiuti ad evitarli. Prima della partenza è importante informarsi sulle condizioni della montagna, scegliendo l’itinerario in base alle prime. L’itinerario, a sua volta, va pianificato considerando lunghezza e dislivello del percorso e adattandolo alle proprie condizioni fisiche e capacità tecniche.

Consultare sempre i bollettini meteo, senza dimenticare che in montagna “ci possono essere repentini cambiamenti climatici ed atmosferici” con la temperatura che “si abbassa di 6/7 gradi ogni 1000 metri” e “i venti forti in quota” che “determinano l’effetto windchill”, intensificando “notevolmente la percezione di freddo”. La dispersione termica colpirà, in particolare, testa, mani e piedi, che necessiteranno allora di “un’accurata protezione”. L’ipotermia, infatti, “sopravviene rapidamente” con “effetti su tutto l’organismo”,  provocando “congelamento con effetti rilevanti” e “accrescendo il degrado psico-fisico”.

Altra importante regola, l’allenamento fisico. La fatica da montagna, spiega la Fondazione Montagna Sicura, può essere “contrastata solo da un idoneo allenamento”: preparazione inadeguata, dispendio energetico, disidratazione, scarsa acclimatazione causeranno, infatti, “rapido decadimento fisico” con “conseguenze sulla capacità di valutazione e di decisione”. Ad alta quota, inoltre, il “minor utilizzo di ossigeno presente nell’aria può provocare il male acuto di montagna caratterizzato da mal di testa, insonnia, stanchezza, nausea e degrado psico-fisico fino a gravi complicazioni”. In tal caso, la miglior cura sarà una “rapida ma prudente discesa”.

Quanto all’equipaggiamento, questo dovrà essere sempre in “perfetto stato di utilizzo”, così come adeguato dovrà essere l’abbigliamento. Lo zaino andrà preparato in “modo funzionale”  a seconda, cioè, della “gita che si fa”, non dimenticando di portare con sé cellulare con batterie cariche ed eventualmente un GPS. Prima della partenza comunicare al rifugista, ad un familiare o ad un amico, itinerario e ora prevista del rientro.

E, regola d’oro, “saper rinunciare in caso di dubbio”.

 

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