Storia del clima, in Antartide alla ricerca del ghiaccio più antico del Pianeta
Roma, 14 nov. (AdnKronos) - Glaciologi e climatologi di dieci Paesi europei cercano in Antartide il ghiaccio più antico presente sulla Terra. L’obiettivo del progetto 'Beyond Epica - Oldest Ice', finanziato dal programma dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020, è trovare il punto della calotta antartica dal quale estrarre la carota di ghiaccio che permetta di andare più indietro nella storia del Pianeta. Tale archivio - informa una nota - temporale permetterà di decifrare i processi del sistema climatico del passato, per migliorare le proiezioni su quelli futuri. Il progetto, da ottobre 2016 a settembre 2019, metterà assieme esperti di 14 istituzioni da dieci Paesi europei, coordinati dall’istituto tedesco Alfred Wegener, Helmholtz Centre for Polar and Marine Research (Awi). Obiettivo, dunque, trovare ghiaccio di un milione e mezzo di anni fa. Ad oggi, il campione di ghiaccio più antico disponibile risale a 800mila anni fa. Tali carote di ghiaccio contengono particelle di aria che risalgono al momento della loro formazione. Analizzate in laboratorio, rivelano la composizione dell’atmosfera del passato. 'Quello che ancora non siamo riusciti a comprendere è perché cambiò il ciclo dei periodi glaciali e interglaciali tra 900mila e 1,2 milioni di anni fa', spiega Carlo Barbante, professore all’Università Ca' Foscari Venezia e direttore dell’Idpa-Cnr. Prima della cosiddetta transizione di metà Pleistocene, i periodi glaciali e interglaciali si alternavano all’incirca ogni 40mila anni. Da allora invece ogni periodo è durato circa 100mila anni. Questa conoscenza deriva per esempio dall’analisi di campioni di sedimenti, i quali però sono privi di informazioni sui gas presenti nell’atmosfera. 'Non possiamo indagare il ruolo dei gas a effetto serra, perché non abbiamo campioni adeguati per farlo, in quanto gli unici archivi geologici che contengono la composizione chimica dell’atmosfera sono le carote di ghiaccio', afferma Barbara Stenni, professoressa all’Università Ca' Foscari Venezia. Il progetto Be-Oi nasce proprio per colmare questa lacuna, con analisi geofisiche, tecnologie di perforazione rapida e datazione del ghiaccio sul campo. Non solo, le tecnologie di perforazione saranno ulteriormente sviluppate e testate. Il primo lavoro sul campo partirà a breve: in Antartide il glaciologo Massimo Frezzotti (Enea) e i geofisici Stefano Urbini (Ingv) e Luca Vittuari (Università di Bologna), assieme ai colleghi degli altri istituti coinvolti nel progetto, analizzeranno lo spessore dei ghiacci, le loro caratteristiche fisiche e la topografia del basamento roccioso in due differenti siti sia da aereo sia a terra. Lo spessore della calotta glaciale è solo un primo indicatore della presenza di ghiaccio del passato, perché a determinare quanto sono antichi gli strati di ghiaccio sono l’accumulo di neve e i flussi dei ghiacci dal cuore dell’Antartide verso la costa. Durante il programma di ricerca sul campo gli scienziati contemporaneamente misureranno l’accumulo di neve, la dinamica del ghiaccio e useranno nuove tecnologie per perforare il ghiaccio e misurare le temperature. 'Durante studi precedenti abbiamo individuato aree chiave in cui ci aspettiamo di trovare i più antichi archivi di ghiaccio della Terra - spiega Olaf Eisen (Alfred Wegener Institute), coordinatore del progetto - Ora dobbiamo verificarlo ed è importante per noi apprendere più possibile riguardo i processi di deposizione e della dinamica del ghiaccio'. Oltre a questi interrogativi scientifici, 'Beyond Epica - Oldest Ice' ha l’obiettivo di mettere insieme l’esperienza tecnologica e scientifica necessaria per affrontare questo piano di perforazione profonda, per definire la pianificazione scientifica, la gestione del budget e i finanziamenti. La Commissione Europea finanzia il progetto 'Beyond Epica - Oldest Ice' (Be-Oi) con 2,2 milioni di euro. L’Italia partecipa nell’ambito del Programma nazionale di ricerca in Antartide (Pnra) finanziato dal ministero dell’istruzione (Miur) ed è presente nel consorzio con l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) e l’Università di Bologna. Sono coinvolti scienziati di università italiane (Ca' Foscari Venezia, Firenze e Milano-Bicocca), dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).