Stop all'aranciata senza arance: la piccola rivoluzione dei soft drink all'italiana

di Stefania Elena Carnemolla

L’ideale è sempre una spremuta d’arancia fatta in casa: niente anidride carbonica, niente conservanti, niente aromi, niente coloranti artificiali. Tuttavia, per praticità, i consumatori prediligono sempre più prodotti industriali, dove spesso dell’arancia c’è solo il nome sull’etichetta.

Un consumo che talvolta diventa abuso: è il caso della classica aranciata in bottiglia o lattina, una bomba di coloranti, zuccheri, gas, aromi e conservanti. “Ogni volta che bevo un bicchiere di aranciata del supermercato mi si gonfia la pancia”: quante volte è capitato di sentire frasi come questa? Una bevanda di cui abusano, in particolare, bambini e adolescenti, che la usano, ormai, in sostituzione dell’acqua, così come fanno con le varie cole, in particolare, quelle in versione classica con alto tasso, cioè, di caffeina.

Tempo fa Altroconsumo ha, ad esempio, testato alcune aranciate industriali, con questi risultati: “Aranciate più salutari delle cugine cole in virtù del buon agrume? Nessuno si beve più questo luogo comune. Chi le ama, sa bene che sono piene di zucchero. Oltre all’evidenza, il nostro test svela un inquietante lato oscuro: l’eccessiva presenza di conservanti cattivi. Ne abbiamo assaggiate 13 dolci in bottiglia, 2 dolci in lattina e 2 amare. Sono dolci, per niente dissetanti e molto caloriche. Tra l’altro le calorie delle aranciate non apportano alcun principio nutritivo (proteine, vitamine…). Dei 25 g di zucchero presenti in un bicchiere di aranciata solo 2 derivano direttamente dal succo di arancia. I restanti 23 g sono stati aggiunti e le quantità di succo di arancia sono irrisorie. L’aspetto peggiore di queste bibite è l’uso indiscriminato e massiccio di un conservante cattivo, l’acido benzoico”.

Ma quanto agrume c’è nelle aranciate? Fino ad oggi per legge non doveva essere inferiore al 12%, una percentuale spesso disattesa e al ribasso, salvo pubblicizzare il prodotto con spot ingannevoli. C’è, ora, una piccola svolta: dal 6 marzo del prossimo anno il contenuto di succo di arancia, infatti, non dovrà essere inferiore al 20% per ogni 100 cc di prodotto, almeno per le bevande italiane commercializzate in Italia, con le bevande già prodotte che potranno essere vendute fino ad esaurimento scorte. È accaduto, cioè, che dopo la pubblicazione, il 24 maggio scorso, sulla Gazzetta Ufficiale della comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul perfezionamento positivo della procedura di notifica alla Commissione Europea dell’articolo 17 della legge 161 del 2014, articolo con disposizioni in materia di bevande di succo di frutta, questo potrà ora entrare in vigore secondo i tempi stabiliti.

“In Gazzetta lo stop all’aranciata senza arance”, così, Coldiretti, ha salutato la notizia, pensando, ad esempio, all’impatto economico sulle imprese agricole, con l’aumento della percentuale di frutta nelle bibite che potrebbe “salvare oltre diecimila ettari di agrumeti italiani”, in particolare in Calabria e Sicilia. Il 20% del contenuto minimo di frutta, spiega Coldiretti, corrisponde, infatti, a 200 milioni di chili in più di arance all’anno, ciò che potrebbe rivitalizzare il comparto, dove negli ultimi quindici anni è scomparso un arancio su tre, pari al 31% della popolazione degli aranceti.

Il provvedimento è anche un primo passo verso la tutela della salute dei consumatori, con l’adeguamento “ad un contesto programmatico europeo che tende a promuovere una alimentazione più sana e a diffondere corretti stili alimentari”. La nuova norma è, infatti, orientata alla riduzione di aromi artificiali e zuccheri, la cui “elevata concentrazione” fino ad oggi è stata utilizzata per “sopperire” alla scarsa qualità dei prodotti. Per il futuro Coldiretti pensa, comunque, a una maggiore trasparenza, con l’indicazione di origine obbligatoria in etichetta della frutta utilizzata per “impedire di spacciare succhi concentrati importati da Paesi lontani come Made in Italy”.

Senza dimenticare le frodi di casa nostra, con le truffe ai danni dei consumatori sempre dietro l’angolo.

 

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