Scoperto come ripristinare la funzione cerebrale persa a causa di un ictus
Il risultato ottenuto, a distanza di svariati giorni dall’evento, da un team internazionale che ha visto lavorare gomito a gomito scienziati svedesi e i colleghi dell’Università di Roma La Sapeinza e dell’Università di Washington a St. Louis
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L’ictus cerebrale rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e la prima causa assoluta di disabilità. Nel mondo si registrano oltre 12 milioni di casi, la maggior parte dei quali evitabili correggendo i principali fattori di rischio. Si tratta della terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e la prima causa assoluta di disabilità. In Italia si registra inoltre un triste primato, con circa 185 mila casi ogni anno, e molti di questi riguardano soggetti di sesso femminile. Il legame tra le donne e l’insorgenza dell’ictus sembra infatti drammaticamente stretto. Il 43% degli ictus colpisce le donne, ma ben il 61% delle morti per ictus è appannaggio del genere femminile. Nelle donne, questa patologia uccide il doppio del tumore mammario e si calcola che 1 donna su 5 avrà un ictus nell'arco della sua vita (per gli uomini 1 su 6): considerando che le donne vivono più a lungo degli uomini aumenta quindi la probabilità di avere un ictus. Uno studio internazionale, condotto da un team di ricercatori svedesi che ha potuto contare sulla collaborazione con l’Università di Roma La Sapeinza e l’Università di Washington a St. Louis, riaccende però le speranze per tutti i soggetti che hanno subito o rischiano di subire un attacco. Gli scienziati sono infatti riusciti a ripristinare completamente la funzione cerebrale perduta nei soggetti colpiti da ictus diversi giorni dopo l’evento.
La sperimentazione è nelle sue fasi iniziali, si legge sulle pagine della rivista scientifica Brain, ma i risultati ottenuti potranno quasi certamente essere replicati anche sugli esseri umani. Per il momento i ricercatori sono riusciti a ripristinare la funzione cerebrale perduta, a seguito di ictus, in modelli murini. A breve sarà tuttavia possibile sviluppare una terapia efficace anche per l’uomo. “La comunicazione tra le cellule nervose in ampie parti del cervello cambia dopo un ictus – spiega Tadeusz Wieloch, professore senior di neurobiologia presso l’Università di Lund (Svezia) - e abbiamo dimostrato che può essere ripristinata con il trattamento”. I roditori usati come cavie hanno riacquistato le funzioni somatosensoriali perdute. Il risultato più notevole è che il trattamento è iniziato diversi giorni dopo l’ictus”.
Attualmente non esistono farmaci approvati dai diversi enti governativi che vigilano sulla sicurezza dei medicinali in grado di migliorare - o ripristinare - le funzioni dopo un ictus. L’unico approccio adottato dai medici è quello di sottoporre il soggetto ad un trattamento che consenta di sciogliere i coaguli nella fase acuta (poche ore dopo l’ictus). Alcuni soggetti godono di miglioramenti spontanei minimi, ma molti altri soffrono di una perdita cronica delle funzionalità. Circa il 60 per cento dei soggetti sperimenta la perdita di funzioni somatosensoriali come il tatto, ma anche la perdita dell’equilibrio o la paralisi, delle difficoltà visive e di linguaggio, e anche dolore e depressione.
I topi e i ratti usati nella sperimentazione sono stati trattati con una classe di sostanze che inibiscono il recettore metabotropico del glutammato (mGluR5), un recettore che regola la comunicazione nella rete di cellule nervose del cervello. “I roditori trattati con l’inibitore GluR5 – ha detto Wieloch - hanno riacquistato le loro funzioni somatosensoriali”. E lo hanno fatto ben due giorni dopo l’ictus, quando il danno si era sviluppato e la compromissione funzionale era più evidente. “Un effetto temporaneo del trattamento - aggiunge il responsabile dello studio - è stato osservato appena 30 minuti dopo la somministrazione dei farmaci, ma è necessario un trattamento per diverse settimane per ottenere un effetto di recupero permanente. Alcuni miglioramenti funzionali sono stati osservati anche quando il trattamento è iniziato 10 giorni dopo un ictus”. È importante sottolineare che le funzioni sensomotorie sono migliorate, anche se l’entità del danno cerebrale non è diminuita. “Ciò - spiega Wieloch - è dovuto all’intricata rete di cellule nervose nel cervello, nota come connettoma, cioè al modo in cui le diverse aree del cervello sono collegate e comunicano tra loro per costituire la base per varie funzioni cerebrali. Il recettore mGluR5 è apparentemente un fattore importante nella ridotta attività del connettoma, che viene impedita dall’inibitore che ripristina quindi la funzione cerebrale perduta”.
I risultati ottenuti, già così straordinari, possono essere ulteriormente migliorati se il trattamento con l’inibitore viene accompagnato da un allenamento somatosensoriale: nei roditori sono stati evidenti miglioramenti alloggiando le cavie in gabbie arricchite con giocattoli, catene, griglie e tubi di plastica. I ricercatori sono consapevoli servirà ancora del tempo prima che una terapia farmacologica possa essere resa disponibile sul mercato, ma si dicono fiduciosi. “Sono necessari ulteriori studi, e la sperimentazione dovrà essere estesa sugli esseri umani”, conclude Wieloch. Poiché gli effetti di diversi inibitori mGluR5 sono stati già studiati negli esseri umani, per il trattamento di malattie neurologiche diverse dall’ictus, dimostrando di essere ben tollerati, la ricerca potrebbe essere decisamente più rapida.