“Come un ratto che si insinua nel mio corpo”: la Sclerosi multipla raccontata da chi non vuole essere invisibile

Il progetto "Non siamo invisibili" è nato per combattere gli stereotipi legati alle patologie invisibili facendo informazione senza puntare sul sentimento della pietà

di Redazione

Si può parlare di disabilità e di una malattia come la Sclerosi multipla senza evocare pietismi o metafore guerresche legate all’idea di eroiche lotte contro un nemico spietato? Sì, si può, ma il progetto “Non siamo invisibili”, nato per dare voce a chi spesso non ne ha e per combattere gli stereotipi legati alle patologie invisibili, aggiunge al racconto divulgativo grazia e ironia. Un lavoro che ha coinvolto 30 individui di età e città diverse con Sclerosi multipla, con indice di disabilità (EDSS) differente, alcuni dei quali lavoratori, e altri no, tutti con hobby diversi e stili di vita vari.

Una scomoda compagna

I testi originali sono stati scritti da Stefania Unida, insegnante e divulgatrice scientifica dal 2014 che combatte per una società più inclusiva e per far capire che le patologie non definiscono le persone, né dovrebbero discriminarle. “Spesso si fa credere alla gente che vivere con una disabilità faccia diventare persone eccezionali o speciali”, precisa la dottoressa Unida. Questo, infatti, preclude una separazione dalla persona “normodotata”. “Io non credo che la disabilità renda le persone speciali o migliori, forse ci costringe ad essere più resilienti, ma a me piace fare ironia sulla mia scomoda compagna. Avere una disabilità è difficile! Bisogna rimboccarsi le maniche e imparare ad ascoltarsi. Ecco, di sicuro la malattia rende più sensibili nei confronti di sé stessi, o almeno dovrebbe farlo!”

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"Non siamo invisibili", i protagonisti

La volontà di divulgare

Da qui la voglia di divulgare e far conoscere al più grande numero di persone questa patologia invisibile, la Sclerosi Multipla. “Ho raggiunto tanti obiettivi mentre convivevo con la malattia, la Sclerosi Multipla, dal 2008, facendo forse più di ciò che avrei fatto se non avessi mai avuto questa diagnosi”, racconta ancora Unida che ha sentito il bisogno di creare una community sempre più larga “perché credo moltissimo nel potere della condivisione. Da qui il blog “Flip Out 4 MS” e poi i social (Instagram) con lo pseudonimo di Prof Dr Geek e con video informativi sulla ricerca scientifica, sui farmaci, i sintomi: “Faccio interviste a persone che convivono con una disabilità invisibile, non necessariamente la Sclerosi Multipla”.

Lo spot e il documentario

Il progetto “Non siamo invisibili” comprende un piccolo spot di 90 secondi e un documentario di circa ai 15 minuti che coinvolge 30 persone di varie età, lavori e hobby diversi, afflitte dalla patologia. Il progetto è nato per dare voce alla comunità della Sclerosi Multipla e, fra questi, a quanti che non erano contenti delle pubblicità progresso che passavano nelle maggiori reti nazionali, comunicati “che ci mostrano senza futuro su una sedia a rotelle, spot creati al solo scopo di raccogliere fondi, che puntano sul sentimento della pietà facendo molte volte disinformazione”.

Invisibili come la loro malattia

“Non siamo invisibili” vuole far vedere la patologia in tutte le sue sfaccettature, mostrando il volto delle persone che spesso si sentono invisibili come la loro malattia, “perché a mio avviso nessuno è mai stato in grado di dar loro voce come avrebbero meritato”, afferma Unida aggiungendo che “i social sono uno strumento importante per diffondere conoscenza ed entrare nel cuore delle persone”. 

Persone come le altre

Ciò che forse fa più male è l’etichetta di malato. “Le persone che hanno la Sclerosi Multipla sono come le altre, vivono la loro vita anche più pienamente perché forse comprendono più di altri quanto la vita sia preziosa. Spero che il nostro messaggio, quello della comunità, varchi i confini dei social e in modo ambizioso mi auguro che venga diffuso su tutti i canali (radio, televisioni, festival cinematografici). Le persone devono conoscere, perché soltanto grazie alla conoscenza si possono cambiare le cose”.

La poesia

Avevamo parlato di un progetto che porta grazia insieme all’ironia e quindi è bello chiudere con una poesia scritta da Stefania Unida e tratta dal suo libro intitolato "Fragile (non vivo senza sogni e racconti dall'altra parte)" e pubblicato da Giulia Gatti. 
 
Tu sei malato, ma la gente dà per scontato che non lo sia.
In fondo non hai niente di rotto, non hai cicatrici, né piaghe, o qualsiasi altro segno che mostra dove ti sei ferito, come stai soffrendo, perché stai soffrendo.
Non hai lividi, eppure sei malato.
Tu sei malato, ma nessuno può vedere che il tuo cuore freddo è all’interno di una prigione; i tuoi sentimenti sono intrappolati in ipotesi semplici, in domande inutili.
Sei malato. Perché? Hai provato a sorridere di più? Hai provato a fare esercizi? Hai provato a mangiare qualcosa di diverso? 
Hai cambiato medico?
Hai provato a non essere triste, a non essere depresso, a non essere malato? Hai provato a essere in buona salute?
Hai provato a essere più simile a me?
Le persone non possono vedere i sintomi, ma non è neanche possibile vedere il loro cuore battere dentro di loro. Questo significa che dovreste chiamarli “senza cuore”?
Ovviamente no! Seriamente, hai mai provato a stare zitto?
Sì, ho cercato di fare tutto quello che mi hai chiesto in precedenza. E guarda che sto ancora cercando. 
Eppure, sono ancora malato.

Le collaborazioni

Il video ha richiesto la collaborazione con Nicola Orrù per la gestione del montaggio dei videoclip. Le musiche originali sono state cantate da Anna Paola Stogia, persona con SM, sarda che vive in Svezia, e il suo gruppo, gli Over05. Il progetto ha inoltre coinvolto la docente e Interprete LIS  Luciana  Ledda.