Punture di api, vespe e calabroni: riconoscere e combattere le allergie nella stagione fredda
Con il calo delle temperature, quando imenotteri come api, vespe, calabroni e altri ancora, diventano più rari, chi in primavera e in estate ha sofferto per le loro punture, ne può approfittare per andare dall’allergologo.
“Se almeno una volta durante la bella stagione, dopo essere stati punti da un’ape, vespa o calabrone, si è avuta una reazione locale estesa, ovvero una reazione di oltre 10 centimetri di diametro intorno alla sede della puntura, allora è consigliabile recarsi presso uno dei centri specializzati nell’allergia al veleno di imenotteri” spiega, ad esempio, il dottor Valerio Pravettoni, specialista in Allergologia del Policlinico di Milano. “Se invece, in seguito ad una puntura di imenottero, si è avuta una reazione generalizzata, caratterizzata da orticaria e accompagnata da altri sintomi quali gonfiore ad occhi e labbra, abbassamento di pressione, vertigini, disturbi respiratori, è consigliabile fare una visita in un centro allergologico specializzato per valutare la reattività allergica del paziente ed eventualmente attuare una immunoterapia specifica per il veleno di imenotteri”.
Punto nel Vivo è, ad esempio, una campagna di informazione promossa da FederAsma e Allergie – che ha diffuso anche una mappa dei centri aderenti alla campagna – per riconoscere le reazioni allergiche da punture di imenotteri, un problema, secondo le ultime stime, che in Italia, ogni anno, coinvolge in media 5 milioni di persone.
Prima di passare eventualmente all’immunoterapia specifica, nella prima fase o di amnesi, viene ricostruito l’episodio – sintomi dopo la puntura, tipo di insetto, sede della puntura –, si passa, quindi, alla storia del paziente, al suo stato allergico “in generale”, agli eventuali precedenti, per capire, cioè, se abbia presentato in passato reazioni allergiche. In questa fase viene anche accertata l’eventuale presenza di altre patologie, come diabete, ipertensione, cardiopatie, questo perché, spiegano i promotori della campagna, è importante “analizzare l’eventuale presenza di fattori di rischio allergologico per la gravità di una futura reazione”.
Secondo passo, i test cutanei con diversi tipi di veleno. Terzo passo, il prelievo di sangue per verificare la presenza e determinare i livelli di IgE specifiche, “i cosiddetti anticorpi dell’allergia che innescano la reazione allergica, per i veleni interi e per le singole molecole dei veleni degli imenotteri”. Ottenuti i risultati, viene valutato se procedere o meno con l’immunoterapia specifica, che consiste in un “trattamento periodico” con il veleno dell’insetto responsabile della reazione e che consente di “correggere il difetto del sistema immunitario che ha portato alla produzione degli anticorpi IgE e quindi alla reazione allergica”.
Il trattamento è in due fasi: nella prima o di induzione, che ha frequenza settimanale, l’obiettivo è raggiungere la dose di veleno considerata protettiva, mentre la seconda o di mantenimento prevede la somministrazione dalla dose ottimale con una frequenza media ogni cinque settimane e per un periodo dai tre ai cinque anni.
Anche i bambini, che abbiano presentato episodi di reazione allergica, possono essere visitati ed essere eventualmente sottoposti a immunoterapia specifica: “Quando un bambino che ha avuto una reazione allergica a seguito di una puntura di imenottero si reca presso il nostro centro, effettuiamo una diagnosi e definiamo se sussistono le condizioni per iniziare un percorso di immunoterapia specifica” spiega, ad esempio, il professore Elio Novembre, associato di Pediatria del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Firenze e responsabile della struttura di Allergologia dell’ospedale Meyer di Firenze. “Nel bambino, come nell’adulto, l’immunoterapia specifica ha un tasso di efficacia del 90%. Benchè nei bambini l’incidenza di reazioni gravi sia minore rispetto alla popolazione adulta, il dato complessivo sull’incidenza dell’allergia al veleno di imenotteri è sottostimato”.
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