Il boomerang della psicologia low-cost, ecco perché non farsi ammaliare dalle prestazioni al ribasso
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Dall’inizio della crisi proliferano prodotti e prestazioni low-cost in tutti i settori produttivi e ormai la filosofia a prezzi stracciati dilaga anche nel panorama della salute mentale e del benessere psicologico, con offerte quotidiane di cure e terapie di ogni sorta a onorari da elemosina.
Tre sedute al prezzo di una, sconti “coronavirus” e prime consulenze gratuite sono le formule più comuni e deleterie con cui dall’inizio della pandemia la psicoterapia viene più che mai deprezzata e svenduta a tariffe insostenibili.
L'operazione per accaparrarsi i pazienti
Questo fenomeno provoca reazioni contrastanti e la sua evoluzione è tale che è difficile prevederne il seguito. Ma urge una riflessione su quanto sia realmente possibile e sostenibile in un ambito cruciale e ad altissima specializzazione come quello della sanità un’offerta che sfiora onorari zero e che si configura, nemmeno troppo velatamente, come un’operazione per “accaparrarsi” pazienti. Una forma di randagismo professionale preoccupante e dannoso per chi aderisce incautamente a queste “offerte” e per la comunità scientifica e professionale.
Il modello proposto da certi siti aggregatori di psicologi low-cost sembra scavalcare un principio di accesso dell’utenza basato sulla competenza, sulla sensibilità professionale, sulla qualità dell’attenzione e del servizio al paziente e non sul prezzo della prestazione. Infatti, difficilmente chi si dedica con serietà, rigore e amore al proprio lavoro è disposto a screditarlo e screditarsi, svenderlo e svendersi proponendo prestazioni gratuite o pseudo-promozioni in stile hard discount.
Tuttavia, la “pressione” della crisi, forse, fa dimenticare a chi gestisce uno studio professionale il valore della propria formazione e del proprio mandato e, soprattutto, distrae da un fatto molto triste e probabilmente inevitabile: finite le prestazioni “gratuite” o al ribasso nessuno sarà disposto a riconoscere al professionista il costo reale della sua prestazione e chiuderà là il rapporto, con grave danno per se stesso, per il professionista a cui si è rivolto e, indirettamente, per la categoria cui quest’ultimo appartiene.
Il mercato al ribasso
Ma è web-souk sanitario. Primi colloqui gratuiti, sconti, promozioni e “saldi” sino al 70% costellano il web di offerte di prestazioni sanitarie psicologiche e non. Un mercato al ribasso urlato, un coro a cui ogni giorno si aggiunge una voce, un’inserzione, un richiamo accattivante per quanti, non conoscendo le peculiarità della professione, potrebbero pensare che un professionista in saldo convenga.
Ma una psicoterapia o un’altra prestazione sanitaria non è un maglione made in China, né un capo che, a parità di qualità, può essere comprato a pochi euro usando la semplice accortezza di scegliere un negozio economico. Per questo motivo occorre considerare con molta prudenza le “offerte” e porsi qualche domanda sul perché in un mercato in cui si compete tradizionalmente sul piano della preparazione professionale, della qualità e dei risultati, c’è chi sceglie di misurarsi al ribasso sull’onorario.
Il “boomerang” del colloquio gratuito
È evidente che siamo in un regime di libera concorrenza e, quindi, non metto in discussione lo stile psicologo-cheap, né intendo in alcun modo screditare chi si promuove in questo modo, ma ho la sensazione che l’ondata di “sconti” e di “incontri gratuiti” rischi di intaccare la rappresentazione dei paziente delle professioni sanitarie, una visione già confusa e distorta riguardo l’affidabilità, la serietà, la qualità, l’efficienza ed efficacia di chi lavora in questi settori.
Il “boomerang” del colloquio gratuito. Per esempio, in ambito psicologico è diffusa la proposta del “primo colloquio gratuito”, pratica che personalmente trovo incomprensibile perché, di base, incoraggia l’idea che il primo colloquio non valga la parcella, che gli psicoterapeuti – dopo una formazione decennale – non siano in grado di fare da subito il proprio mestiere e che debbano, quindi elargire prestazioni “conoscitive” e gratuite prima di cominciare a fare davvero il proprio lavoro.
Si tratta, a mio avviso, di una prassi che scatena un “effetto boomerang”: anziché motivare e aiutare realmente le persone, le accorpa in una massa indifferenziata di potenziali “clienti” di una potenziale “terapia” che avrà luogo a condizione che il paziente, dopo il contatto iniziale, si decida a pagare.
Il valore del primo colloquio
Sostengo invece che il primo colloquio con un professionista, specie nel settore della salute, abbia valore fondativo, che sia importantissimo e che costituisca le basi di un approccio clinico e di una eventuale presa in carico orientata su obiettivi, su aree di lavoro serie, chiare e circostanziate e su una comunicazione trasparente, che vale come consulenza professionale e scientifica d’aiuto immediato al cliente e, come tale, debba essere remunerata.
Esiste, soprattuto nel campo della psicoterapia, una messe di studi che documenta l’efficacia del singolo colloquio e, ho la certezza che una prima seduta condotta in modo tattico e focale rappresenti, di per sé, un intervento psicologico a tutto tondo. Il frutto di capacità professionale, di intuizione, di studi impegnativi, l’innesco psico-terapeutico di un cambiamento che, considerato il suo potenziale e il suo valore umano e scientifico non può in alcun modo essere svenduto o diventare uno yo-yo di offerte tendenti allo zero con l’obiettivo (decisamente illusorio, direi) di “prendersi pazienti” nuovi.
A questo discorso fanno eccezione le campagne di sensibilizzazione organizzate annualmente e coordinate a livello locale o nazionale con lo scopo di promuovere la categoria professionale e non il singolo professionista.
C’è chi pensa che lo stile psicologo low-cost nelle professioni sanitarie sia destinato al declino, proprio per gli scarsi risultati in termine di accessi e per la sua oggettiva insostenibilità economica.
Vedremo. Intanto, credo e sottolineo che una concorrenza reale in ambito psicologico e clinico debba svilupparsi, nell’interesse dei pazienti, non sul prezzo, ma sulla disponibilità di informazioni chiare e dettagliare dell’offerta, sulla visibilità dei profili e delle competenze professionali e sullo sforzo congiunto di fornire al più ampio numero di persone possibile un servizio accessibile, equo e di qualità.